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giovedì 23 luglio 2015

Favola estiva. La verità è l’intero.


Dicono che ogni favola abbia una sua “morale”,
esplicita od implicita.
Quella esplicita? Non la conosco.
Quella implicita? Se c’è, chi legge la ricavi

Ecco l'efficace immagine 
comparsa qualche giorno fa 
sulla pagina facebook di alcuni amici.
Quid est veritas?  Io non possiedo la verità, anche se riconosco che essa è la condizione della mia esistenza, del suo senso e del suo valore, della mia libertà. Ognuno di noi si sforza di ricercarla dal suo parziale e limitato punto di vista e non dovrebbe pretendere di possederla totalmente. E’ proprio questa ricerca inconclusiva ed inesaustiva ad illuminare l’esistenza, ad aiutarci a superare l’illusione e l’errore, a rivelare la necessità del dialogo, del confronto e del rapporto interpersonale.

Le parti...
In questo tempo di privazione mi capita invece troppo spesso di ascoltare sentenze, proclami, certezze, radicali proposte risolutive (la Grecia, i migranti, il terrorismo, la scuola, …) da parte di tanti politici e guru locali e nazionali: qualcuno sicuramente in buona fede (per quel che vale questa espressione), ma quasi tutti privi della “conditio sine qua non” per parlare con cognizione di causa, solo assicurata dalla faticosa diuturna ricerca di una visione d'insieme, connotativa e denotativa, scevra da pregiudizi e da umori faziosi.

... e la fatica di raggiungere 
una visione d'insieme...
Ci tocca ascoltare troppi parolai, che non possiedono il limite della pacatezza, che rifiutano ogni inquietudine, ogni dubbio e sospetto.

.. poiché tanti tasselli 
ci sfuggono ...
E così mi  è venuta l’idea di riproporre in sintesi una favola: quella dell’elefante, descritta da par suo da Gabriele Mandel (1924 – 2010). Italiano, di discendenza turco-afghana e di madre ebrea, proprio grazie alle sue origini miste dedicò tutta la sua vita a promuovere il dialogo tra le diverse religioni e culture. La favola è contenuta in Saggezza islamica, le novelle dei Sufi, 1992, ed. Paoline.

... come nella favola 
dell'elefante ...
In un paese di questo mondo  nessuno aveva mai visto un elefante e nemmeno sapeva che cosa fosse. Il re di questo paese un giorno ricevette nottetempo da parte dell’imperatore dell’India un dono: un elefante, che subito venne rinchiuso in un padiglione inaccessibile. 

... si narra di un imperatore indiano 
che donò un elefante...
La curiosità della gente era alle stelle, tanto che quattro sudditi decisero di introdursi di soppiatto nel padiglione: per non farsi scoprire, nella più nera oscurità  di una notte senza luna, si misero a palpare ben bene l’animale, fuggendo poi precipitosamente a gambe levate.

... tutti volevano sapere 
come è fatto un elefante...
Agli amici impazienti, il primo, che aveva toccato una zampa, riferì: “è come una colonna, una grande colonna tutta tonda”.

Il primo.
Il  secondo, che aveva tastato la proboscide, replicò: “Niente affatto: è come una grossa corda, molto grossa e molto lunga.”

Il secondo.
Il terzo, che aveva palpato un orecchio dell’elefante, dichiarò invece  che l’animale aveva l’aspetto di un grande  ventaglio.

Il terzo.
Il quarto invece, che aveva ispezionato la coda, assicurò che  assomigliava  alla coda di un maiale, ma molto più alta e ruvida.

Il quarto.
Che cosa mai avevano compreso dell’elefante i quattro saputelli, con le loro misere certezze, prive di una visione sofferta della complessità del mondo e dei drammi che noi tutti viviamo su questa nostra terra?

... nessuno aveva colto 
la verità dell'elefante.
Forse sì, forse no. 
Chi lo sa! Ad ognuno di noi trovarla…

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2 commenti:

  1. "La verità". L'aneddoto riportato da Gian Maria, indica a mio avviso, quanto più vi sia di incerto nel certo. I sudditi del Re, pur nel buio più completo, danno la propria descrizione dell'animale: ciascuna diversa dall'altra. Concordo che siamo attorniati da Soloni depositari della verità. Ma quale verità? " Verità ricerca della fede, rivelata?" Direi che quelle di natura teologica possono ritenersi tali - Per le altre, nutro più che seri dubbi. Non passa giorno che non ci vengano propinate "verità", che si rivelano poi - bufale. Ognuno, aggiusta la verità a proprio uso e consumo. Chi ne paga lo scotto, i poveri e traditi destinatari. Tra queste comode verità e le menzogne, non trovo alcuna differenza.

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  2. Il credente cristiano indubitabilmente sa per fede chi è e dove risiede la Verità che gli è stata rivelata. Sa dov’è, ma non pretende di possederla, sa di dovere impegnarsi come tutti nella sua ricerca che non ammette sconti. Purtroppo, come tu dici, sembra che, in altri ambiti, si affermi solo la maschera, la deformazione, il far credere che ognuno abbia o propugni la sua presunta verità. Presunta, perché per prima cosa ci si dovrebbe accordare sul significato univoco di verità, sulla sua possibilità e limiti, sui suoi condizionamenti storici e se sia, nella conoscenza, semplicemente una riproduzione corretta della realtà oppure, invece o anche, il mio cosciente rapporto di reciproca ospitalità con il mondo e con gli altri. Operazione tanto disperata quanto impossibile … Io penso che esista una verità per tutte le realtà: verità della persona, verità di una narrazione, verità delle relazioni, verità persino della società (le vere dinamiche sociali) e della politica (le vere soluzioni politiche) ecc… In altre parole nessuno di noi se la trova davanti già confezionata, ma deve imparare a cercarla e ricercarla nel mondo, con gli altri e negli altri. Caro Franco, scusa la digressione, ma il tuo commento non poteva lasciarmi silenzioso. Grazie.

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