Di Rosario Grillo.
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Museo del giocattolo
di Napoli |
Vi
parrà strano che un settantenne si metta a scrivere del gioco; posso
assicurarvi però che non lo faccio per uno stato di alienazione.
È,
invece, sempre un risvolto della vita che voglio esplorare, per rilevarne la
natura e l’importanza. Intendo il risvolto “luminoso e gioioso” della vita,
che, pure nel suo insieme, è un intreccio inscindibile di gioia e di dolore.
Intreccio
compreso in un orizzonte, che, per un credente, è di salvezza, di trionfo della
Vita sulla Morte. Una polarizzazione, che introduce – ho in mente l’etimo greco:
protepticon, che in sé implica capacità “esortatrice”, di solito trascurata
nella versione tecnica: introduzione – alla relazione tra il gioco e la vita.
Senza
alcun dubbio, il gioco è indice di momento di evasione, non dalla realtà, bensì
dallo stress, dal “peso della vita”; gioco = svago, che produce felicità.
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Museo del giocattolo
di Napoli |
Puntuale
conferma di ciò si può avere nell’età tipica del gioco: quella infantile.
Stando ben attenti, però, a non dare per scontata una limitazione del gioco
alla sola età infantile, perché al contrario, il gioco è una componente permanente
dello sviluppo biologico dell’essere umano.
Qui
il pensiero va a tutti i modi, le forme, i luoghi che rappresentano il momento
ludico. Da ciò discende la messa a punto del rapporto strettissimo tra sport e
momento ludico. Ragione che invita a respingere ogni “adulterazione” dello
sport in chiave di esercizio professionale e, peggio ancora, di strumento di
affare economico.
Quanto
siamo lontani dallo spirito olimpico! Dovrebbe ammonire l’entusiasmo popolare
che ha circondato le ultime paraolimpiadi!