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giovedì 6 luglio 2023

Complottismo, rancore e disegno possibile.

"Restanza: significa sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente" (Vito Teti).
Post di Rosario Grillo.
Immagini dei disegni di Angel Boligán (qui il sito instagram).

Angel Boligán, Le sedie del potere e la democrazia
È la corsa del criceto, a far girare la ruota sempre sullo stesso percorso, con l’illusione di raggiungere una méta, ma in realtà stando sempre sullo stesso punto è forse la scena che più descrive la nostra condizione. Il fondamento del rancore è nel misurare contemporaneamente la spossatezza della corsa e l’assoluto immobilismo. (Davide Bidussa in Gli Stati Generali)
 
Già Baudelaire e, al suo seguito, W. Benjamin, nel passaggio tra ‘800 e ‘900, quando il filo della storia si faceva più aggrumato, raffiguravano il flaneur, incarnazione di un costume di vita meno compatto, addirittura frammentario. (1)
In quel tempo trovarono posto diffuse teorie complottiste, tra le quali basta citare I protocolli dei savi di Sion per avere contezza del loro peso storico. Nella loro presenza, un indice dello scompaginamento del “sistema storico”. Una conferma la dà la crisi delle “filosofie della storia” riverberanti ultimi bagliori con Hegel, Marx, positivismo. Il loro posto veniva preso dal principio dell’entropia, dal Decadentismo, dal nichilismo (Nietzsche).
Oggi il complottismo è sciorinato. Leggendo nei numerosi saggi che cercano di esplicarne il senso e la motivazione (2), si conferma la valutazione circa l’instabilità del tempo presente con l’evanescenza di quelle Weltanshauung che hanno sorretto l’impegno della società umana: potremmo dire, delle società umane, senza smentire, con la varietà, la concordia del “disegno di un futuro”.
 
Angel Boligán, Alleanza politica
Si deve mettere in cima ai fenomeni implicati la crisi della politica, per giunta con l’energia propria a rappresentare nello stesso tempo: fattore predisponente ed effetto conseguente. Si è andati oltre la previsione che faceva Max Weber, all’esordio del Novecento.
La professione del politico ha clamorosamente fallito l’etica della responsabilità e si è paurosamente inclinata sul lato del leader carismatico  Le macchine partito hanno bruciato in fretta il carburante della burocratizzazione e si manifestano in tutta la loro precarietà. Bismarck, un maestro della politica tedesca, nel nucleo della sua realpolitik, definiva la politica come “arte del possibile”, ma non aveva nessuna voglia di alimentare il possibile con la fiamma dell’immaginazione. Piuttosto gettava crudamente nel piatto il peso della forza…militare.
Il possibile sarebbe (potrebbe, e, credo, dovrebbe) essere la risorsa “imprevedibile”, per dare scacco alla crisi.
Imprevedibilità è una cifra che legge comunemente: caos con indecisione, fumosità al limite della indecifrabilità. Se, però, la si colora della possibilità, potrà apparire con il volto dell’e-veniente, del “nuovo in bozzolo”.
L’utopia e il mito, molto spesso denigrati, potrebbero essere la propedeutica. Nelle occasioni storiche, che li ha visti protagonisti, introdotti e maneggiati da autori classici di ben nota fama, essi hanno saputo rompere convinzioni cristallizzate, opinioni ingannevoli (Platone), hanno disegnato un diverso mondo. 
 
Angel Boligán, Contrasti e diseguaglianze urbane nella modernità
Il ventaglio della crisi si è enormemente allargato, anche perché sono finiti al pettine i nodi della prepotenza dell’uomo (antropocentrismo precipitato in Antropocene).
Grave e decisamente problematica, la pandemia ha rimesso in circolazione il timore dell’Apocalisse. (3)
Come spesso avviene, è nella profondità dell’abisso che si apre lo spiraglio di luce (4) e nei giorni della clausura, gli uomini si misero a definire rimedi, a progettare il rovesciamento, a sognare una più giusta distribuzione delle risorse.
Uno smart working dava lo spaccato di un lavoro meno ingabbiato, uno spostamento pionieristico verso luoghi abbandonati offriva aria più pura; tempo meno frenetico e diverse esperienze artigianali facevano apparire una combinazione sociale non più irrigidita. (Si può dire “ società frattale”?)
Se molte erano le promesse, altrettante, con un di più determinante, sono state le contromosse. Ci ritroviamo perciò nel grigiore di populismi sovrani, di una guerra ucraina diventata leit motiv della rimonta yankee, di un establishment finanziario che risucchia le risorse, accentuando le disparità. Prendo la sollecitazione da Davide Bidussa, storico formatosi nel laboratorio del compianto Furio Jesi. È lui a commentare un recente libro di Jaime D’Alessandro, Immaginare l’inimmaginabile chiosando: “l’insoddisfazione profonda provata nei confronti del mondo così com’è diventato”, che si esprime in un rancore sordo e diffuso. Ecco, ancora il bacino di raccolta del complottismo.
 
Angel Boligán, Influencer e i suoi seguaci
Nel bel mezzo della pandemia, l’antropologo Vito Teti aveva focalizzato il crogiolo della crisi (5) nelle sue molteplici sfaccettature: culturali emozionali endogene esogene, facendo convergere le tracce distribuite in suoi libri di poco precedenti. (6) Egli squaderna la scena-incubo dell’apocalisse, soffermandosi sul pipistrello: la creatura segnata dalla ricerca esploratrice di una risposta idonea. Svela, con l’ausilio di Jesi e di G. Ceronetti, la natura salvifica che l’animale potrebbe rappresentare.
 
La mia elaborazione dell’imput si muove attraverso uno sguardo preoccupato ad una landa desolata, dove compaiono organismi ormai consunti, quali le istituzioni arrugginite sovranazionali, ONU in testa. (Vi si trova anche la categoria onnicomprensiva di Occidente?)
Si incaglia nel labirintico paesaggio di una informazione asservita e di una politica senz’anima, sull’orlo dell’abbandono della sovranità popolare.
L’alito di vento, che viene dal possibile, che sarebbe il segno della rigenerazione, è tenuto fuori da finestre chiuse ermeticamente.

Note.

(1) Il complotto al potere di Donatella Di Cesare, Einaudi.
(2) Pietre-Andre Taguieff, Complottismo, il Mulino.
(3) Ne parla, in buona sintesi, Vito Teti nel saggio breve Prevedere l’imprevedibile, Donzelli.
(4) “C’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce”(Leonardo Cohen).
(5) In Prev. l’imprevedibile. supra, Teti chiama a raccolta tutti i momenti: Papa Francesco nella destra piazza San Pietro come Amitav Gosh, intellettuali che prevedono la crisi e che la analizzano nel decorso, paure intenti e speranze.
(6) Ricca la produzione di Vito Teti (Quel che resta, Maledetto sud, Nostalgia, Il senso dei luoghi, La restanza…per citarne alcuni).
 
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2 commenti:

  1. Immediato il mio ringraziamento a Rossana per il commento iconografico azzeccatissimo 🌹🎈🤗

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  2. Ciao Rosario. La preoccupazione che esprimi è condivisibile. Soprattutto l'assenza di una visione politica davvero lungimirante, in grado di realizzare il "possibile".
    Denunciarlo è, comunque, un modo per resistere.
    Un abbraccio, Rossana.

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