Post di Rossana Rolando.
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Félix Vallotton, Gabrielle inginocchiata, 1905
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Esiste una seduzione buona? La domanda può, forse, lasciare stupiti, ma – a ben vedere – non troppo. Conosciamo tutti le maglie in cui spesso irretisce il potere seduttivo, nella vasta gamma delle sue espressioni, dalla più frivola alla più maligna.
Cosa nasconde, infatti, la volontà di se-ducere, condurre con sé, attrarre?
Già a partire dal “cosa nasconde”, si comprende come la seduzione, di cui sto parlando, non sia semplicemente il frutto di una dote naturale – sia essa l’avvenenza fisica o il fascino che sprigiona da una qualche personale qualità - ma sia invece il risultato di un’astuta regia, di un calcolo ben ponderato.
Prendo in considerazione qualche esempio.
Spesso – pensiamo ai social – la seduzione cela interessi più o meno mascherati. Chi promuove la propria immagine - nei tempi, nei modi e nei contenuti dell’esposizione - lo può fare per suscitare nei seguaci (followers) ben precisi sentimenti di fiducia e ammirazione, tali da indurre a comprare i prodotti efficacemente pubblicizzati. La seduzione, in questo senso, non è mai innocente, suppone sempre un uso dell’altrui ingenuità a servizio dei propri scopi. L’attrazione artificiosamente costruita è funzionale ad un vantaggio, non è disinteressata, benché – per essere credibile – debba e voglia apparire tale.
Nella stessa logica strumentale, nel corso del Novecento, dal momento in cui sono entrati in scena i mezzi di comunicazione di massa, la politica ha largamente utilizzato mezzi seduttivi, nell’uso del linguaggio, dei simboli, delle immagini, al fine di ricavare consenso politico ed elettorale.