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giovedì 19 giugno 2025

Dialogo tra generazioni sulla pace...

Post di Gian Maria Zavattaro

Albert Anker, Nonno e nipote, 1893
“La pace non è assenza di guerra, è una virtù, uno stato d’animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia. (B. Spinoza - 1632-1677 cfr. Trattato politico).

Ho letto a mio nipote undicenne il testo sopra citato. Abbiamo discusso a lungo. Riporto la sintesi della nostra discussione.

Siamo d’accordo: la pace non è assenza di guerra. Poi però per entrambi l’inizio del dialogo diventa impegnativo e laborioso: dobbiamo entrare in sintonia, spiegare l’uno all’altro con i nostri diversi linguaggi che cosa per ognuno di noi voglia dire la parola pace, “virtù, stato d’animo, disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia” e poi insieme attribuire un concorde significato univoco … Beh, abbiamo faticato un po’, ma non ci siamo arresi ed infine ci siamo accordati su un linguaggio per entrambi accettabile, sintetizzato nelle riflessioni di seguito riportate.

Quando Spinoza afferma  che “la pace non è assenza di guerra”, vuole  farci capire  che non basta dire ciò che la pace non è, ma ciò che è e deve essere. Certo, la pace è assenza di guerra: soprattutto oggi l’assenza di  guerra sarebbe necessaria perché le modalità di  distruzione  sono talmente imponderabili che non c’è nessuno in grado di controllarle e di impedire che l’umanità si dissolva, precipiti nel silenzio degli olocausti. e dei cimiteri….

Spinoza sapeva bene che la parola pace - in ebraico Shalom - vuol dire “ integrità, santità, buon ordine”: non un concetto negativo (semplice assenza di guerra) ma positivo: esplicita scelta quotidiana “virtuosa” che ognuno di noi liberamente costruisce e testimonia: “Virtù” che riguarda non solo i popoli ed i loro governanti, ma soprattutto ognuno di noi, come ci avverte la “Pacem in terris” (Papa Giovanni XXIII): “A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà: i rapporti della convivenza tra i singoli esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra le stesse comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunità politiche da una parte e dall’altra la comunità mondiale”.

lunedì 16 giugno 2025

Il sentimento del bello e l'amore per la terra

Post e fotografie di Rossana Rolando

Dialogo, lungo il sentiero delle montagne liguri, tra due persone che non si conoscono, in una domenica di metà giugno:
 
-  [Mi sgorga dal cuore questa esclamazione] Che spettacolo!
- [Risponde, con saggezza, la signora che incontro] Gli uomini non hanno visto tanta bellezza, altrimenti non distruggerebbero la terra... 
 


 





mercoledì 4 giugno 2025

Tutto inizia per caso?

Post di Rossana Rolando
 
John Melhuish Strudwick, Un filo d'oro, 1885
Il caso
In un aneddoto della scuola scettica si racconta di un pittore greco, Apelle, che si ostina nel voler disegnare la schiuma alla bocca di un cavallo senza riuscirci. Alla fine, stanco e irato, per il suo fallimento, lancia la spugna intrisa di acqua e colori contro la tela e, così, casualmente, proprio quando ha rinunciato alla sua impresa, ottiene quello che cercava. Il caso ha fatto ciò che egli non ha saputo fare, sostituendosi alla sua inutile caparbietà.
L’espressione “per caso” (forte, in latino; τυχαίως, in greco) ha molteplici significati: nel racconto, appena citato, essa indica un accadimento fortuito, che capita senza essere previsto o programmato.
 
Caso o destino?
La filosofa Agnes Heller, vissuta lungo il corso del Novecento e oltre (1929-2019), ha dedicato al tema un suo libro autobiografico dal titolo Il valore del caso, vedendo nella coincidenza degli eventi ovvero nel caso, tutta la serie delle circostanze che non dipendono dalla libera scelta, siano esse favorevoli all’incremento della vita, o siano esse, al contrario, portatici di rovina.
Quello che noi siamo, il nostro carattere – come dice Eraclito – è il frutto di tante componenti innate, ma anche di elementi imprevedibili che, dall’esterno, contribuiscono a plasmare in un modo anziché in un altro le nostre inclinazioni. L’elenco delle condizioni non volute direttamente, ma trovate e vissute, è lunghissimo.

martedì 27 maggio 2025

Marrani

Post di Rosario Grillo
 
Rembrandt, Ebrei nella Sinagoga, 1648
“Marrano diventa la matrice dell’ebreo moderno nelle sue molteplici figure. La questione non è piú «che cosa devo fare?», l’interrogativo che nei secoli ha accompagnato l’ebreo, richiamato quotidianamente all’eteronomia dei precetti. Piuttosto, osservandosi nello sguardo scrutatore dell’altro, il marrano si chiede «chi sono io?» La coscienza lacerata dell’ebreo moderno, quel suo angoscioso oscillare tra inserimento e marginalità, deriva dalla scissione marrana.” (v. Marrani: L'altro dell'altro (Vele), di Donatella Di Cesare. Link)

Marrani. Il gruppo di ebrei, così classificato, viene comunemente ricondotto ai traditori dell’identità ebraica. Eppure c’è un modo (una ragione, una via) per cui questo senso comune non regge. Ce lo indica Donatella Di Cesare in un agile saggio con appropriato titolo: Marrani.
Punto di incidenza: la compresenza di un dentro e di un fuori.
Dentro: la segretezza dell’appartenenza alla radice ebraica; fuori: la manifestazione della libertà (di pensiero, di fede)… In definitiva la via della laicità.
Cominciando dall’origine, i Marrani rientrano in quella categoria di ebrei che, per reazione all’espulsione dai paesi occidentali (Spagna, Portogallo, Gran Bretagna…) accettano la conversione forzata (conversos) oppure usano la dissimulazione. Nella seconda modalità assumono quella veste sociale nella quale maggiormente sono codificati (in gran parte ingiustamente).
“Vilmarrano!” uscì di bocca a Francesco Ferrucci (assedio di Firenze) a redarguire il capitano di ventura che lo stava trafiggendo: era un segno della nomea pubblica di disprezzo dei marrani.

sabato 17 maggio 2025

75 anni dalla morte di Emmanuel Mounier

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini tratte dal sito Les amis d'Emmanuel Mounier
 
Emmanuel Mounier
"Chiamiamo democrazia, con tutti i termini qualificativi e superlativi necessari per non confonderla con le sue minuscole contraffazioni, quel regime che poggia sulla responsabilità e sull'organizzazione funzionale di tutte le persone costituenti la comunità sociale. Solo in questo caso ci troviamo senza ambiguità dal lato della democrazia. Aggiungiamo che, portata fuori strada fin dall'origine dai suoi primi ideologi e poi soffocata nella culla dal mondo del denaro, questa democrazia non è mai stata attuata nei fatti e lo è ben poco negli spiriti. Ci teniamo soprattutto ad aggiungere che noi non propendiamo verso la democrazia per motivi puramente e unicamente politici o storici, ma per motivi d'ordine spirituale e umano." (E. Mounier, Rivoluzione personalista e comunitaria).
 
Quest’anno ricorre il 120° anniversario della nascita di E. Mounier e il 75° della sua morte (non ancora 45enne) per infarto. Mi sollecita la riflessione su di lui anche l’attuale contesto mondiale ben poco democratico (guerre, distruzioni ambientali, stragi di innocenti, odio, indifferenza, servilismo, ipocrisia, idolatria neo-tecnologica, subdole manipolazioni…): una collettiva fuga dalla libertà nel "pensiero unico”, ovvero nel non pensare. Tutto ciò dovrebbe suscitare in noi un corale irrefrenabile grido di invocazione: “riconciliamoci profondamente con la nostra umanità!.
Abbiamo scoperto che anche noi siamo vulnerabili, fragili: è finita da tempo l’illusione d’essere immuni dalla paura, dall’insicurezza, dalla guerra. Eppure continuiamo imperterriti a negare agli altri - i popoli più poveri e svantaggiati - il diritto di sedere alla tavola imbandita del nostro sempre più effimero benessere (1). 
Sapete che cosa scriveva Mounier a J. Guitton nel 1928?  “Io voglio accogliere e donare: è tutto”. E due giorni prima di morire ancora scriveva a l'abbé Depierre: "Io vorrei con mia moglie dare almeno un po', prepararmi al giorno in cui gli avvenimenti forse ci spingeranno a donare tutto". A questa istanza  è rimasto fedele per tutta la vita.
Dodici anni fa iniziava l’azzardo del nostro blog Persona e Comunità, richiamo al “personalismo comunitario” di Mounier (2) da me  scoperto quasi casualmente nei miei anni universitari: un'avventura iniziata con la mia tesi di laurea su Mounier, subito divenuto stimolo-guida a ricercare la mia strada di uomo e di credente. La testimonianza - scriveva - è “forma pura dell’azione”, legata alla condizione storica della nostra relazione con noi stessi e gli altri; è proiezione verso una società comunitaria sottratta ad ogni tirannia, società di creazione, non di consumo, perché la testimonianza è tale solo se è impegno responsabile, gratuito incontro agapico: (engagement, affrontement,  parole intraducibili in italiano). Nel mare magnum di internet il nostro piccolo blog (Rossana-Rosario-Gian Maria) è umile dimesso pervicace modo di questa presenza.

venerdì 9 maggio 2025

La madre simbolica

Post di Rossana Rolando
 
Odilon Redon, Due giovani donne tra i fiori, 1912
C’è un racconto biblico che, meglio di tanti discorsi, sembra raccogliere il carattere duplice della maternità, l’ambivalenza che si racchiude in ogni dimensione esistenziale originaria. Nella Bibbia, così come nella grande letteratura, si presentano personaggi, situazioni, “luoghi”, “tipi” che comunicano significati universali - al di là della distinzione tra credenti e non credenti - perché toccano l’umano e insegnano a riconoscerne la complessità. Il brano in questione è tratto dal primo libro dei Re. Lo riporto qui, per poi cercare di coglierne il messaggio sotteso (1 Re 3, 16-28).
 
Un giorno andarono dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui. Una delle due disse: «Ascoltami, signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa casa; io ho partorito mentre essa sola era in casa. Tre giorni dopo il mio parto, anche questa donna ha partorito; noi stiamo insieme e non c'è nessun estraneo in casa fuori di noi due. Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché essa gli si era coricata sopra. Essa si è alzata nel cuore della notte, ha preso il mio figlio dal mio fianco - la tua schiava dormiva - e se lo è messo in seno e sul mio seno ha messo il figlio morto. Al mattino mi sono alzata per allattare mio figlio, ma ecco, era morto. L'ho osservato bene; ecco, non era il figlio che avevo partorito io». L'altra donna disse: «Non è vero! Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto». E quella, al contrario, diceva: «Non è vero! Quello morto è tuo figlio, il mio è quello vivo». Discutevano così alla presenza del re. Egli disse: «Costei dice: Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto e quella dice: Non è vero! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo». Allora il re ordinò: «Prendetemi una spada!». Portarono una spada alla presenza del re. Quindi il re aggiunse: «Tagliate in due il figlio vivo e datene una metà all'una e una metà all'altra». La madre del bimbo vivo si rivolse al re, poiché le sue viscere si erano commosse per il suo figlio, e disse: «Signore, date a lei il bambino vivo; non uccidetelo affatto!». L'altra disse: «Non sia né mio né tuo; dividetelo in due!». Presa la parola, il re disse: «Date alla prima il bambino vivo; non uccidetelo. Quella è sua madre». Tutti gli Israeliti seppero della sentenza pronunziata dal re e concepirono rispetto per il re, perché avevano constatato che la saggezza di Dio era in lui per render giustizia.

venerdì 2 maggio 2025

La speranza che cura

Post di Rosario Grillo
 
Johann Heinrich Füssli, La solitudine all'alba, 1796
La malinconia: patologia o sentimento? In un caso si fa riferimento alla dottrina degli umori e si spiega la malinconia come effetto del predominio della nera bile. Nell’altro si dà maggiore risalto alla via sentimentale: nel malinconico viene rappresentata una persona che filtra l’esistenza con tale sentimento. La fusione dei due avviene spesso e spiega la casistica di tanti suicidi e del fenomeno degli hikikomori.
Neuroscienze, psicanalisi e sociologia si sono impegnate a circoscrivere il fenomeno, per dare spiegazione dei moventi, cosicché ci troviamo spinti: o a trovar la radice nella repressione libidica (Freud e il perturbante) o a prendere coscienza della virtù del sentimento della malinconia, del suo ricco potenziale (Romanticismo ed un recente saggio di Susan Cain) (1).
Risulta ben chiaro che la sua diffusione è tipica di epoche di transizione: in questa luce è una spia significativa. (2)
Alla pari con la malinconia può stare l’angoscia. Il concetto di angoscia ha riempito i libri di filosofia a cominciare da S. Kierkegaard e di sicuro si trova la ragione nel declino dell’ottimismo illuminista legato al concetto di progresso. (“le magnifiche sorti e progressive”) (3).

giovedì 24 aprile 2025

Liberare, liberarsi

Post di Gian Maria Zavattaro
 
Papa Francesco presso la tomba di Don Milani, 20 giugno 2017
Pubblichiamo questo post nei giorni di lutto per la morte dell'amatissimo papa Francesco, convinti che il tema della liberazione - in tutte le sue forme - sia in piena sintonia con il suo messaggio.
 
A 80 anni dalla liberazione continuiamo insieme la vera “Resistenza dell’uomo disarmato”
“Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è l’obbedirla. Posso solo dire loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”. (Lettera ai giudici di Don Milani).
“La Resistenza è un fatto di gratuità. La vera: la Resistenza al potere, non per instaurare un altro potere ma per la libertà dell’uomo[…] Per questo Resistenza è Gratuità, e Partigiano l’uomo gratuito. Il Dio gratuito non è forse il Dio Partigiano, che prende le parti di chi, in un modo o nell’altro, è perseguitato dal potere?” (Don Luisito Bianchi, Monologo partigiano  sulla gratuità 1).

domenica 20 aprile 2025

I Giardini e la Villa Bardini a Firenze

 Post e fotografie di Rossana Rolando

Dal Giardino Bardini, Firenze

Il giardino di Villa Bardini, a Firenze, nei giorni pasquali di aprile, benché piovosi - il cielo chiaro a sprazzi, in una rara giornata di sole -, ci regala, su per le gradinate, le rose che iniziano ad occhieggiare, e più avanti, grandioso, il viale dei glicini in piena fioritura, con le macchie di azalee fino alla sommità, dove si apre l'angolo elegante delle camelie.