“E quando
miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
infinito seren? Che vuol dir questa
solitudine immensa? Ed io che sono?”
(G. Leopardi, Canto di un pastore errante dell’Asia, vv. 84-89)
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
infinito seren? Che vuol dir questa
solitudine immensa? Ed io che sono?”
(G. Leopardi, Canto di un pastore errante dell’Asia, vv. 84-89)
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Adam Elsheimer, Fuga in Egitto (particolare) |
Il cielo
stellato! Che cosa significa e rappresenta? Quale implorazione nasconde? Metafora? Semplice visione o privazione sensoriale?
Penso all’esprit de
geometrie, all’esprit del finesse: ai loro diversi modi di interpretare e sentire le
stelle e, tramite loro, i
propri tormenti e stati d'animo, le proprie speranze, certezze, inquietudini ed implorazioni...
Mi sovviene
la mia infanzia: lo studio a memoria del “pianto di
stelle” del Pascoli. E immancabilmente il canto di un pastore errante di
Leopardi...
Penso a
Maiakovskij: “Ascoltate!/ Se accendono/le stelle -/ vuol dire
che qualcuno ne ha bisogno?/ Vuol dire che è indispensabile/ che
ogni sera/ al di sopra dei tetti/ risplenda
almeno una stella?!...” (1).