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giovedì 13 dicembre 2018

Il tempo dell'attesa.

L'attesa spezza il vortice del tempo senza durata in cui tutto è bruciato nell'istante. Lo sguardo dell'arte (fotografia, poesia, musica) e della spiritualità ne rievoca il bisogno profondo.
Post di Gian Maria Zavattaro
Fotografie d'autore di Tommaso Giulla, per gentile autorizzazione (qui la pagina facebook). I titoli sono fedeli all'ispirazione, ma liberamente adattati.

Tommaso Giulla, 
L'attesa
“Gli ultimi sono quelli che hanno creduto nell’attesa, nell’avvento, nella speranza, virtù dell’attesa. Hanno creduto che il tempo è tempo di speranza e che la vita è l’avvento del tempo definitivo, ultimo, del compimento finale.  Gli ultimi sono i poveri di Dio, gli spogliati per Dio, gli impotenti a salvarsi, che attendono Dio come Ultimo della loro attesa, che chiedono a Lui la salvezza, che aspettano Lui come salvezza” (Lino Prenna: in Lo spazio dell’anima domenica 2 dicembre, Agenda Famiglia Cristiana 2018). (1)

Tommaso Giulla, 
Dublino
Attendere (attesa: participio passato sostantivato) è verbo ambivalente: dal lat. attendere-tendere ad che significa nella forma transitiva aspettare e nella intransitiva tendere verso, rivolgere l’animo, prendersi cura, dedicarsi. 
Attesa può essere un segmento temporale breve o prolungato, che si trascorre ad aspettare con opposti sentimenti (2). Oppure è  intenzionale esplicito vissuto temporale, “il tempo dell’attesa”, che anima il  cuore e la  mente e la cui virtù è la speranza. Emblematico tempo di attesa è per il cristiano l’Avvento.
Il guaio è che, in questo nostro tempo senza profumo e senza durata, non sappiamo più attendere, tutto è istantaneo, simultaneo, in “tempo reale”. Corriamo da un presente all’altro, in accelerazione continua, insensata gara di corsa in cui si aborre l’attesa, perché risparmiare tempo e non  fermarsi garantiscono il successo nella competitiva corsa a produrre e consumare.(3) Eppure quotidiane attese, impreviste e non volute,  disturbano, intralciano, rallentano il cammino della nostra vita: tempi morti, sprecati, dove  aspettare, cioè perdere tempo, è insopportabile. Lascio ai professionisti della psiche spiegare gli intrighi della rimozione dell'attesa, entrare nel groviglio conscio delle motivazioni e nel labirinto inconscio delle pulsioni di ognuno di noi. (4) 

⭐⭐⭐⭐⭐
Giorgio Gaber, L’attesa, “Anni Affollati” (1981)
⭐⭐⭐⭐⭐
Il “tempo dell’attesa” ci riporta invece al “profumo del tempo”, alla dimensione dell’attendere come attenzione, indugiare, contemplare, ascoltare, rivolgere l’animo verso qualcosa, interessarsi, applicarsi, dedicarsi, accudire, pazientare, fremere (anche nell’annoiarsi), curare, prevedere, pregare, desiderare, amare, mantenere le promesse, perdonare, sperare…Il tempo dell’attesa è tempo soggettivo, nel senso che appartiene ad ognuno di noi in modo esclusivo. Tende oltre: oltre  il presente, oltre me stesso e il mio narcisistico entourage, ha la cifra del  coraggio della speranza ed il sigillo della mia personale tensione fermento passione azione.
  
Tommaso Giulla, 
Milano
L’Avvento è il preminente tempo dell’attesa cristiana, della speranza e della gioia, nella duplice tensione verso il Natale (la nascita di Gesù che ha cambiato la storia del mondo e ravviva la speranza che Dio non ci lascia soli) e la parousia (in un al di là di ogni scorrere dei tempi). Attesa non passiva, che reclama metanoia e conversione e chiama in causa il nostro impegno temporale per ciò che impedisce la Sua venuta.
E’ il tempo per ritrovare la freschezza, l’autenticità, la forza delle parole come  “fraternità” (nei “volti” degli altri), “elemosina” ( bella parola greca - eleèo - tenerezza compassionevole, agapico  dono del proprio tempo e di sé che impegna nel profondo, non riducibile  al regalino materiale per sentirsi buoni).
E’ il tempo di  amare il mondo nella sua plenitudine e di stabilire il vero senso della  “sicurezza": non il letterale sine cura scevro di preoccupazioni, ma il prestare attenzione,  prendersi cura dell’altro come di se stessi.
È il tempo della  preghiera di lode e di ringraziamento.
E’ il tempo dei segni: silenzio, luce, strada, città,  realtà nella quale viviamo,  cose semplici, amici,  persone che incontriamo, tutti  segni evocativi dell’avvento, dell’incontro natalizio. 

Tommaso Giulla, 
Cielo
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In attesa che l’amico torni
Tu non sai cosa sia la notte/sulla montagna/essere soli come la luna;/né come sia dolce il colloquio/e l’attesa di qualcuno/mentre il vento appena vibra/alla porta socchiusa della cella./Tu non sai cosa sia il silenzio/né la gioia dell’usignolo/che canta, da solo nella notte;/quanto beata è la gratuità,/il non appartenersi/ed essere solo/ed essere di tutti/e nessuno lo sa o ti crede./Tu non sai/come spunta una gemma/a primavera, e come un fiore/parla a un altro fiore/e come un sospiro/è udito dalle stelle./E poi ancora il silenzio/e la vertigine dei pensieri,/e poi nessun pensiero/nella lunga notte,/ma solo gioia/pienezza di gioia/d’abbracciare la terra intera;/e di pregare e cantare/ma dentro, in silenzio./Tu non sai questa voglia/di danzare/solo nella notte/dentro la chiesa,/tua nave sul mare./E la quiete dell’anima/e la discesa nelle profondità,/e sentirti morire/di gioia/nella notte.
(David Maria Turoldo) (5).
⭐⭐⭐⭐⭐ 

Tommaso Giulla, 
Pescatori
Il tempo dell’attesa è per tutti e per nessuno: per nessuno che si considera ricco e potente e nulla ha da attendere; per tutti “i poveri di Dio”, “gli impotenti a salvarsi”, “gli spogliati per Dio”, “gli ultimi” e i prossimi agli ultimi, i migranti, gli esclusi privati del diritto all’attesa, quelli che non aspettano nessuno, ma resistono e sanno che “verrà, forse già viene”:
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“Dall’immagine tesa/vigilo l’istante/con imminenza di attesa/e non aspetto nessuno:/nell’ombra accesa/spio il campanello/che impercettibile spande/un polline di suono/e non aspetto nessuno:/fra quattro mura/stupefatte di spazio/più che un deserto/non aspetto nessuno:/ma deve venire;/verrà, se resisto,/a sbocciare non visto,/verrà d’improvviso,/quando meno l’avverto:/verrà quasi perdono/di quanto fa morire,/verrà a farmi certo/del suo e mio tesoro,/verrà come ristoro/delle mie e sue pene,/verrà, forse già viene/il suo bisbiglio.”
Clemente Rebora, Dall’immagine tesa, in Canti anonimi, 1920  (6).


⭐⭐⭐⭐⭐ 
Infine è il tempo dell’invocazione: Maranathà Vieni signore  Gesù.
 
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💠Note.
1. Lino Prenna è docente della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” di Roma. Ha pubblicato diversi volumi sul rapporto tra democrazia e cristianesimo, oltre a saggi sul pensiero di Antonio Rosmini. Il 23 novembre scorso  a Roma presso la Libreria S. Paolo (v. della Conciliazione) è stato presentato  il suo libro Salire al cielo  solcando la terra. Meditazioni per il tempo ultimo, ed s. Paolo 2018, con interventi di A. Bongiovanni,  G. Cuperlo,  Cr. Simonelli, don  St. Stimamiglio.
2. Qualche esempio: l’attesa nelle stazioni aeroporti  fermate del bus e metrò;  il ritardo dei treni e dei velivoli; le code agli sportelli reali e virtuali, alle casse dei supermercati, in autostrada, al  pronto soccorso, i tempi biblici per le visite specialistiche…; la nervosa  impazienza allo scatto del semaforo verde se davanti abbiamo  un imbranato o un distratto; la sosta per la precedenza dei pedoni sulle strisce pedonali; l’attesa delle ferie, delle feste, l’appuntamento, il compleanno,  i regali di Natale, i botti di Capodanno. Sono le pause - volute o subite, programmate o impreviste - del nostro vivere quotidiano, i nostri molteplici quotidiani segmenti temporali tra loro eterogenei e divergenti: ora fastidiosi e inutili ora frivoli ed illusori ora soffocanti  e sterili ora festosi e festanti, forieri di speranza e di gioia...
3. In ciò la tecnologia, vecchia e nuova, è prodiga di aiuto: ad es. dai nostri messaggi   (mail, sms, meglio WhatsApp) esigiamo risposte immediate, botta e risposta.
4. Di certo non sappiamo guardare al futuro e  forse la rimozione dell’attesa ha a che fare con l’unica cosa che ci spaventa davvero, la nostra morte, o forse ancora  riempiamo forsennatamente il tempo perché temiamo l’horror vacui, che ci obbligherebbe a radicali ripensamenti e cambiamenti. 
5. Scopriamo nella poesia di Turoldo l’essenza umana, carnale, dei segni dell’attesa, che ascolta indugia contempla rivolge l’animo a: la notte sulla montagna, la luna, il vento che vibra il silenzio, la gratuità del canto dell’usignolo, l’essere di tutti, la gemma che spunta in primavera, il sospiro del fiore udito dalle stelle, il silenzio nella vertigine dei pensieri, la pienezza di gioia d’abbracciare la terra intera e danzare pregare cantare ma dentro, in silenzio, e  la quiete dell’anima che nella notte sprofonda nella gioia.
6. Così commenta Gigi Cavalli: “E l’ultima  poesia dei Canti anonimi, scritta nel 1920,  considerata il capolavoro di Clemente Rebora e uno  dei momenti più alti della poesia religiosa del XX secolo. L’appello fiducioso a Dio, la certezza della Sua venuta, evocata con trepida e acuta tensione nel silenzio della stanza deserta, culmina nel compenso (il ristoro) della Sua parola sussurrata. Nella prima parte è detto tre volte non aspetto nessuno; nella seconda, contrapposta e simmetrica, che inizia con Ma deve venire, per sei volte è perentoriamente affermato verrà. I due versi finali compongono, uniti, un endecasillabo che scioglie l’attesa in un sospiro armonioso e felice”.

Tommaso Giulla, 
Istanti.

13 commenti:

  1. Grazie del “fraterno” risveglio! È stupendo! Commenterò in giornata

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  2. Stretta relazione tra attesa attenzione meditazione contemplazione silenzio preghiera,, all’inverso dei nessi che legano frenesia agitazione velocità ansia profitto.consumismo.
    Ci si trova a frequentare la via della calma, del desiderio incistato nella gioia di vita, della partitapazione alla comunità.
    Altra analogia con il “cammino”, nel senso del pellegrino,indossata la veste dell’umilta.
    La Chiesa con Bergoglio sottolinea l’aspetto del “ cammino”: la considero una immagine appropriata, perché avvicina al senso comunitario e conferma la destinaIone.
    Grazie Gian Maria di averci sintonizzato alla vigilia del Natale ��

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    1. Caro Rosario, opportuno il tuo insistere sul “cammino”, sul senso comunitario. Non si cammina da soli, non si attende la salvezza da soli, non si segue la stella da soli, ma – come tu quotidianamente ci ricordi nella tua pagina facebook – con gli ultimi, i migranti, gli esclusi, gli schiacciati.

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  3. Infinitamente grazie infonde un senso di pace e leggerezza.

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    1. Mi pare che Lei abbia finemente tratteggiato l’autentico clima prenatalizio: tempo di costruzione intorno a noi della pace (“beati coloro che fanno regnare la pace, perché saranno chiamati figli di Dio”), tempo di porre con leggerezza le questioni fondamentali.

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  4. La lettura e rilettura di questo post così "teso" mi porta a un calmo silenzio. Un silenzio nostalgico del vivere non farisaico nei binari dell'anno liturgico.
    Ma dalla liturgia non si scappa: in questo periodo serpeggia in me un'agitazione, non certo originale, per la luce che scema giorno dopo giorno. Certo sappiamo tutto sull'orbita terrestre, sull'inclinazione dell'asse, però spio il momento in cui il sole si nasconde dietro la montagna e mentalmente annoto l'ora.
    Saprò subito se la curva è andata bene.

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    1. Caro Gianni, anch’io, quasi per compensazione rispetto a te, in questi giorni spio all’alba il momento del sorgere del sole che emerge dall’orizzonte marino e poi si curva a nascondersi dietro la collina che sovrasta casa mia. Non ho il sapere astronomico che tu possiedi e che ti invidio, ma come te vivo questi giorni di attesa anche tramite i segni stupendi dell’aurora e del tramonto. Buona visione stellata per questa notte.

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  5. Grazie di cuore. Interessante e ricco di spunti questo post sull'attesa, ma anche sulla nostra incapacità di attendere. Liberatorio il clima dei testi riportati che, per certi aspetti, mi hanno ricordato un libro di Byung Chul Han: "Il profumo del tempo".
    Stupenda la poesia di Turoldo.
    Grazie ancora e buona serata!

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    1. Il modo di vivere l’attesa ed in essa la miriade di attese è forse rivelativo del nostro cammino vitale e segno del nostro modo di vivere la nostra condizione temporale. Giustamente ha colto il riferimento a Byung Chul Han. Buona domenica.

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  6. Maria Antonietta la Barbera15 dicembre 2018 alle ore 20:15

    - il dépend de nous... ci viene affidata la possibilità di scegliere come vivere il tempo, di farne uno spazio di vita o di lasciarci centrifugare nel nonsenso. Grazie!

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    1. “Scegliere come vivere il tempo”: poche semplici parole per connotare l’impegno di tutta la vita, la sola che abbiamo a disposizione… Grazie. Buona domenica.

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