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sabato 3 aprile 2021

Difficile Resurrezione.

A partire da Andrea Mantegna, Resurrezione di Cristo. Venire a capo della morte e non soltanto del morire: questo è Pasqua.

Post di Rossana Rolando.

Andrea Mantegna, Resurrezione di Cristo, 1492 ca, Accademia Carrara, Bergamo
La recente scoperta (2018) di una sicura attribuzione ad Andrea Mantegna (1431-1506) della piccola tavola (48,5×37,5 cm), dipinta a tempera, raffigurante la Resurrezione di Cristo, mi pare già un buon motivo per dedicare un post a quest’opera, in prossimità della Pasqua.¹ Il dipinto, rimasto per cento anni nel deposito dell’Accademia Carrara di Bergamo come semplice copia del celebre pittore della Camera degli sposi, è stato “ritrovato” grazie agli indizi di incompletezza che lo hanno ricondotto alla pittura dello stesso Andrea Mantegna, Discesa di Cristo al Limbo, di cui va a costituire, in un perfetto incastro, la parte superiore.

Ma vi è un altro motivo, più intimo, che mi spinge a partire da un dipinto e dall’intensità spirituale – direbbe Hegel – che l’opera d’arte, pur percepita attraverso i sensi, è in grado di veicolare, ed è questo: la difficoltà di parlare oggi della Resurrezione.

Andrea Mantegna, Discesa al Limbo, 1492, Collezione privata
Non solo per l’ostilità derisoria che il tema ha sempre suscitato, fin da quando gli uditori ateniesi di san Paolo, seppure nutriti di filosofia e metafisica, sentendolo riferire della resurrezione della carne, si allontanarono dicendo sarcasticamente: “su questo ti ascolteremo un’altra volta” (Atti 17,32); ma soprattutto perché oggi è venuta meno l’interrogazione che nasce dentro un orizzonte di fede e, ancor prima, dentro un’inquietudine esistenziale. 
Infatti, il dubbio, l’incredulità, la titubanza, la meraviglia di fronte alla “possibilità impossibile” della resurrezione sono interne allo spazio del Mistero. 
Ma è proprio questa dimensione - spesso ridotta al miracolistico e al prodigioso - ad essere oggi in crisi, nella convinzione post secolare di un mondo disincantato, in cui razionalità e fede appaiono irrimediabilmente contrapposti e in cui l'annuncio della resurrezione assume i contorni illusori di una favola consolatoria. 
E tuttavia, anche in questo contesto storico, l'arte, la letteratura, la poesia... sono spesso e ancora antidoti ad ogni forma di riduzionismo: evocano l'enigma dell'esistenza, risvegliano il sentimento del non risolto e del nascosto, custodiscono la nostalgia dell'ignoto e l'aspirazione all'infinito.
 
Così il tema della resurrezione, nel linguaggio pittorico dell'immagine, mantiene una sua potenza veritativa, riscuote la sfera del sentire, induce a pensare facendo accadere” l'evento nell'esperienza interiore di chi osserva.

Andrea Mantegna, Resurrezione di Cristo, particolare, Accademia Carrara Bergamo

✴️ Commento del dipinto di Andrea Mantegna, Resurrezione di Cristo.

La figura di Cristo è rappresentata mentre sta uscendo dal sepolcro, in un movimento repentino che è attestato dalla posizione del busto e della gamba destra, già fuori del sarcofago, ma anche dai lembi ondeggianti del lenzuolo: sollevati in parte dalla mano di Gesù - in cui è ancora visibile il segno del chiodo -, in parte dalla spinta del corpo che avanza e sposta circoli d’aria.
Nella destra è il vessillo della vittoria sulla morte, unica traccia di gloria. Nessuna luce soprannaturale, lo sfondo è quello di un’alba tutta terrena, il cui chiarore si fa strada tra gli strati delle nuvole.
La presenza di Cristo campeggia, statuaria, ma il viso è inclinato, lo sguardo rivolto in basso. L’aria dimessa, niente affatto trionfalistica, ricorda la Resurrezione di Piero della Francesca (1416-1492), ritto tra uomini dormienti che non lo attendono.²

Piero della Francesca, Resurrezione, 1450-1463, Museo Civico Sansepolcro

Nel dipinto di Mantegna però prevale lo sbigottimento degli astanti.

E’ risorto, come aveva detto. Ha vinto la morte.

Prima di lui molti grandi saggi – Socrate, anzitutto – hanno insegnato a morire, Gesù solo ha voluto venire a capo della morte e non soltanto del morire, potremmo dire con Bonhoeffer.³
Imparare a morire significa, infatti, vincere la paura che accompagna l’idea della morte, senza nulla togliere alla sua ineluttabilità. E’ molto, ma non è quello che contraddistingue la figura del risorto. Il gesto cristologico è tutto raccolto in quel movimento di uscita dalla tomba, inatteso, impossibile, inspiegabile. 
Che sia così lo dimostrano i soldati fisicamente atterriti, schiacciati a terra, in un misto di timore e stupore. Uno di loro è del tutto disteso, con il palmo che copre lo sguardo, quasi a ripararsi da un eccesso soverchiante della visione. L’unico personaggio della scena rimasto in piedi protende le mani attonito, in segno di sbalordimento.

Andrea Mantegna, Resurrezione di Cristo (parte superiore) e Discesa al Limbo (parte inferiore).

✴️ Ecco, concludo queste brevi considerazioni, nella convinzione che la Resurrezione di Cristo di Andrea Mantegna, sia una “porta regale” verso il Mistero - inteso nel senso profondo dell’autentico pensare - luogo di confine tra il visibile e l’invisibile, secondo la stupenda definizione che Pavel Florensckij riservava alle icone.

✴️ Note.

1. Cfr. qui.
3. Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa, Ed. Paoline, Milano 1988, p. 314. Nella lettera all'amico Eberhard Bethge, datata 27 marzo 1944, si legge:  "Pasqua? Il nostro sguardo cade più sul morire che sulla morte. Per noi è più importante come veniamo a capo del morire che non come vinciamo la morte. Socrate ha vinto il morire, Cristo ha vinto la morte... Venire a capo del morire non significa venire a capo della morte. La vittoria sul morire rientra nell'ambito delle possibilità umane, la vittoria sulla morte si chiama resurrezione. Non è dall'ars moriendi, ma è dalla resurrezione di Cristo che può spirare nel mondo presente un nuovo vento purificatore. [...] Vivere partendo dalla resurrezione: questo significa Pasqua."
4. Pavel Florenskij, Le porte regali. Saggio sull'icona, Adelphi, Milano 1977. 
 
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13 commenti:

  1. Quanto è vero quello che scrivi, Rossana, e cioè che oggi, in un mondo disincantato, "è venuta meno l'interrogazione che nasce dentro un orizzonte di fede".
    La tua attenta analisi del dipinto ci aiuta poi a inoltrarci nella riflessione e nel Mistero!!!
    Buona Pasqua a voi con profonda gratitudine!
    (Spero che blogger mi consenta di commentare...)

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    1. Grazie a te, Annamaria. Buona Pasqua! Sono sicura che saprai suggerire, nel tuo blog, brani musicali capaci di evocare il Mistero. Ho letto il bellissimo Riccardo Muti, Massimo Cacciari, "Le ultime parole di Cristo": non so se lo conosci. Ti inserisco il link della descrizione su youtube: [video]https://www.youtube.com/watch?v=kBoHK4VLOU4[/video]. Un abbraccio.

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    2. Sì, lo conosco ed è interessantissimo!!! Grazie mille cara Rossana e un abbraccio grande!!!

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  2. Il valore del tuo post che invita a riflettere sul MORIRE, cara Rossana, è immenso. S’incastra perfettamente in questo periodo così cupo della pandemia. Se da una parte, infatti, ci vogliono indurre a confusione e caos ( vedi vaccinazione ), dall’altra si aggira per la società nazionale e mondiale l’ombra della paura e finanche della disperazione. Ecco : il morire! Perché dobbiamo aprire il senso passato presente ed a- venire dell’infinito del verbo. L’energia contenuta nella rappresentazione del Cristo , per me, ha questo significato.
    Un’immensa valenza del post, perciò! Auguri autentici di vera Pasqua...🐣🐣🐣🎆Un forte abbraccio

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  3. Grazie,caro Rosario, del tuo commento generoso.
    Sì, anche in questo contesto cupo, legato alla pandemia, la Pasqua getta una luce, che certo non elimina magicamente "l'ombra della paura e finanche della disperazione", ma introduce la possibilità di una prospettiva "ultima" (non in senso semplicemente temporale) entro la quale collocare gli eventi "penultimi" (penso ancora a Bonhoeffer e al suo linguaggio, nelle "Lettere dal carcere").
    Buona Pasqua a te e a Liliana. Un grande abbraccio.

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  4. Di ottimo livello ed interesse. Grazie.

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  5. Vivere significa una serie continua di morti e rinascita. Chi non accetta di morire è già morto e non se ne rende conto.

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    1. Concordo con la notazione che porta a riflettere su morte e rinascita, al di qua della fine della vita. Noi sperimentiamo, nel nostro vivere, varie forme di resurrezione. Sicuramente, sul piano psicologico e psicanalitico, molti sono i riferimenti. Penso, per esempio, agli interventi di Recalcati di questi giorni.
      Sul piano letterario, mi viene in mente l'inizio di una poesia di Emily Dickinson, che ho letto ultimamente e che mi pare molto bello:
      "Venne un giorno, al culmine dell'estate
      interamente per me –
      pensavo che questi fossero solo per i santi,
      là dove avvengono - resurrezioni –
      ("Poesie", Mondadori, 322).
      Grazie e buona giornata.

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  6. "Vivere partendo dalla Risurrezione", questa citazione di Bonhoeffer e la rappresentazione del Mantegna per me sono davvero illuminanti. E' un pensiero non facile eppure per ciascuno di noi rappresenta il "venir fuori" dai nostri sepolcri, vivere in pienezza il tempo che ci è dato con fiducia piena nella speranza della risurrezione. Mantegna rappresenta Cristo che esce con fatica, con il volto abbassato, e dice, comunque, a ciascuno di noi che ciò è possibile. Non c'è trionfo, ma sorpresa, meraviglia, stupore...
    Abbiamo immenso bisogno di "rivolgere il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra" (Col 3, 1-4); questo non per negare la nostra umanità, ma per viverla appieno avendo come prospettiva Cristo risorto e rendere testimonianza della speranza che è in noi.
    Abbiamo bisogno di sentire e sentirci uomini e donne vivi.
    Grazie per questo bellissimo post.

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  7. Grazie Patrizia per la tua vicinanza (con Giuseppe) che ci scalda il cuore. Come sottolinei bene il tema della resurrezione non è da vedere nei termini di una negazione della terra e dell'essere pienamente uomini.
    Sempre Bonhoeffer, nel suo "Resistenza e resa" - che è stato ed è per me un riferimento fondamentale - ritorna spesso sul concetto di resurrezione, non ai limiti, ma "al centro" della vita, "al di qua del limite della morte", non come fuga in un aldilà migliore, rispetto alle responsabilità, alle preoccupazioni, alle pene del vivere, ma come esperienza cristologica e umana della crocefissione-resurrezione interna alla vita.
    Un grande abbraccio.

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  8. Cara Rossana, grazie. Bonhoeffer è un gigante per me, con la sua fede nonostante agisse "etsi Deus non daretur". E' assai difficile: ma è importante credere nella vita e operare per la giustizia, nonostante lo scacco... Un abbraccio grande.

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  9. Ciao Maria,è vero: "un gigante". Come sai, oggi, 9 aprile, ricorre la memoria del suo addio alla terra: infatti, il giorno (9 aprile 1945) è stato assassinato nel campo di Flossenbürg, ad opera della furia nazista.
    Un abbraccio grande.

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