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venerdì 20 marzo 2020

70 anni del genetliaco di Emmanuel Mounier (22 marzo 1950).

La memoria dell'avventura spirituale e culturale di Emmanuel Mounier può illuminare i tempi oscuri.
Post di Gian Maria Zavattaro
Le immagini sono riprese dalla pagina facebook dedicata a Mounier (qui).

Emmanuel Mounie

“Bisogna salvarsi insieme; bisogna arrivare insieme dal buon Dio, bisogna presentarsi insieme; non bisogna arrivare a trovare  il buon Dio  gli uni senza gli altri. Dovremo tornare tutti insieme nella casa del padre. Bisogna anche pensare un poco agli altri; bisogna lavorare un poco gli uni per gli altri. Che si direbbe se arrivassimo, se tornassimo gli uni senza gli altri?” (Ch . Péguy, Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, AVE, Roma, 1966, pag. 35).

Nel pieno della virulenza del coronavirus in Italia e nel mondo ricorre  il 70° della morte - notturna improvvisa  per infarto - di E. Mounier non ancora 45enne. Indubbia casualità che tuttavia mi consente qualche riflessione correlata con il nostro smarrimento in questo inquietante ed incerto interregno temporale che ci sollecita a “riconciliarci profondamente con la nostra umanità”: “non pensavamo di essere anche noi vulnerabili e così tremendamente fragili”, convinti del “privilegio di una sostanziale e durevole immunità dalla paura e dal senso così umano di insicurezza […] tanto da sentirci in dovere di negare agli altri - i popoli più poveri e svantaggiati - il diritto a sedere al banchetto della nostra felicità” (1). Ebbene scriveva Mounier a J. Guitton nel 1928 “Io voglio accogliere e donare: è tutto”; due giorni prima di morire ancora scriveva a l'abbé Depierre:"Io vorrei con mia moglie dare almeno un po', e prepararmi al giorno in cui gli avvenimenti forse ci spingeranno a donare tutto". A questa istanza  è rimasto fedele per tutta la vita.
Emmanuel Mounier, 
firma
Sette anni fa iniziava l’azzardo digitale del nostro blog che mia moglie ed io abbiamo voluto denominare “persona e comunità”, richiamo al “personalismo comunitario” di Mounier (2). Ho incontrato negli anni universitari quasi per caso il suo pensiero e  l’incontro si è trasformato in avventura iniziata con la mia tesi di laurea su Mounier subito divenuto stimolo e guida a ricercare la mia strada di uomo e di credente. La testimonianza – scriveva - è forma pura dell’azione, legata alla condizione storica della nostra relazione con noi stessi e gli altri; è proiezione di speranza verso una società comunitaria sottratta ad ogni tirannia,  società  di creazione, non di consumo. Ma la testimonianza è tale solo se è presenza al mondo, impegno (engagement, affrontement!). Nel mare magnum della rete il piccolo nostro blog (Rossana, Rosario, Gian Maria) è umile dimesso modo di presenza e testimonianza.    
Rimando ai post che questo blog ha dedicato alla sua persona, al suo pensiero e azione. Qui vorrei limitarmi a narrare l’avventura spirituale e culturale di Mounier, cattolico integrale (mai integralista!), che ha influito fortemente sulle generazioni e la cultura del secondo Novecento (3), snobbato da certi ambienti accademici e politici, incompreso da certa gerarchia ecclesiastica (4).
Il pensiero di Charles Péguy 
(Mounier tra i curatori)
Vorrei narrare la sua passione sociale e politica vissuta nell’impegno concreto per i più deboli, la sua presenza alle vicende del tempo scevra da preclusioni e settarismi, l’impegno nel riconciliare “la vera intelligenza e l’amore”. Vorrei infine narrare il calvario suo e della moglie Paulette Leclerc trafitti dall’incurabile malattia della primogenita.
Mounier ha amato tutti a cominciare dai nemici, ha scelto la povertà, ha congiunto in modo esemplare vita pubblica e privata, interiorità ed esteriorità, ha compreso il dolore degli altri, ha attestato il coraggio della resistenza politica (la prigione  sotto Vichy!) e della protesta del digiuno quando non era moda spettacolare, non si è mai piegato a scoraggiamenti, compromessi, tradimenti. La sua presenza cristiana  si è tradotta nel comporre - scriveva A. Rigobello - “audacia e pazienza, mistica e politica, generosità e raccoglimento, carità e fortezza, stupore e fedeltà sia sul piano dei concetti sia nel concreto del vivere”.
Di fronte allo sfacelo generale degli anni 30 il giovane Mounier nel primo numero (ottobre 1932) della rivista da lui fondata “Esprit” lanciava la sua sfida “Refaire la Renaissance”. Che cosa ha comportato?  
* Si è collocato nel cuore della miseria. Per lui, come per Péguy, la “povertà” è virtù dell'uomo che non si lascia corrompere e sedurre dal possesso (l’”avere”), ma sceglie di partecipare  alla comunione gioiosa con il creato e tutte le creature viventi. 
Mounier e Ricoeur, 
il dibattito sempre aperto
E’ la condizione della renaissance e della “conversione” interiore, il principio di un'economia comunitaria e di una società libera di persone riconsegnate ai loro bisogni autentici. ‟Contro la ricchezza e contro la miseria ad un tempo, noi conduciamo la rivolta della Povertà, una povertà dalle forme indubbiamente imprevedibili che, senza volger le spalle al mondo nuovo, si servirà dell'abbondanza per rendersi sempre più feconda nel distacco dai beni materiali”(5).
* Il suo personalismo comunitario,“lotta per l’uomo”, ha rivendicato il primato della persona e dello spirituale in antitesi con l’individualismo, “metafisica della solitudine integrale”, mondo di chiusura agli altri, di avarizia spirituale, indifferenza che non ama nessuno all’infuori di sé. Ogni persona (6) è relazione e incontro con l’altro. La comunicazione è al suo centro. Non è forse l’esperienza della seconda persona la nostra prima esperienza? Io-Tu… tutti: persone “immerse nella natura che trascendono la natura”, chiamati ad una  duplice fedeltà: al cielo e alla terra, ad incarnarsi nel mondo ed aprirsi  alla trascendenza. (7)
* La rottura con il “disordine stabilito” che  dietro l'apparenza di ordine e legalità democratica è in realtà ingiusto ed  ineguale, perché il potere del denaro si esercita nella costrizione del consumismo, nello sfruttamento del lavoro, nella manipolazione dei media  e dei partiti,  rendendo illusoria ogni libertà.  “Le più solenni Dichiarazioni dei diritti sono presto capovolte, se non vengono sostenute da una società sufficientemente ricca di caratteri indomabili, e, nello stesso tempo, da solide garanzie nelle strutture. Una società in cui i governi, la stampa, le classi colte non diffondano che lo scetticismo, l’inganno e la sottomissione è una società in rovina e che fa della morale soltanto per nascondere il marcio che ha in sé” (8).
Emmanuel Mounier, 
il filosofo di Grenoble
* La denuncia del borghese” attraverso una permanente rivoluzione prima di tutto morale volta a chiarire , ieri e oggi, che la fede del cristiano è agli antipodi di ogni “caricatura borghese”. Borghese per Mounier non è chi appartiene ad un ceto sociale dominante, ma chi vive una dimensione esistenziale segnata dall’avarizia e dalla mediocrità. E’ l’uomo dell’avere “che ha perso il senso dell’Essere e che si muove solo fra le cose, e cose utilizzabili, private del loro mistero”.
*Affrontement: l'avventura di ogni cristiano, “nel mondo ma non del mondo”, si svolge tra mistica e politica (9). Scriveva il 5.6.1934: “Lasciato a me stesso, io passerò la mia vita a fare di Esprit una pura testimonianza, io darò la mia vita affinché questa testimonianza non cessi”. Sarà sempre fedele alla tensione “polo politico”-“polo profetico”. Polo politico: si rende compartecipe e presente al mondo sociale e  naturale, vive e si carica di tutto ciò che di tragico impuro contradditorio vi è in esso, alla ricerca di realistiche risposte alle urgenze del momento. Polo profetico: testimonia il primato della fede e dell’etica, trascende il contingente,  annuncia e persegue i valori che configurano la comunità delle persone anche se al momento irraggiungibili; denuncia i meschini compromessi e cedimenti delle tattiche politiche, smaschera senza esitazioni intrighi, ipocrisie, falsità. Mounier ha preso posizioni nette (contro il capitalismo, il fascismo, lo stalinismo…), ben consapevole che spezzare la tensione mistica-politica condanna la politica ad ogni cedimento cinico e converte la denuncia profetica  in  sterile invettiva. (10)
Emmanuel Mounier, 
l'impegno. Il pensiero e l'azione
Sul finire del 38 i coniugi Mounier sono toccati nel vivo della loro carne quando la piccola Françoise, la figlia primogenita di 7 mesi, si ammala di encefalite progressiva. Due anni di incertezza e tormento, poi la resa: Françoise vivrà una misteriosa notte dello spirito, “in un grande silenzio, con il suo bello sguardo aperto dal mattino alla sera su Dio sa qual mistero, senza un gesto, senza un sintomo di coscienza”. Mistero doloroso che li rende presenti alle sofferenze del mondo: “questo piccolo bambino immolato giorno dopo giorno era forse veramente la nostra presenza all’orrore del tempo”. Dal mattino alla sera non pensiamo a questo male come a qualche cosa che ci sia tolto, ma come a qualche cosa che doniamo”. L’amore della loro bambina “si trasforma dolcemente in offerta, in una tenerezza che la oltrepassa, che parte da lei, ritorna a lei, ci trasforma con lei”. “L’amore umano insegna molte cose riguardo alle vie dell’amore di Dio”. Mistero doloroso che si radica in un più grande mistero che lo illumina: la passione di Cristo, mistero d’amore che continua attraverso il tempo e dona la capacità di comprendere e di lenire il dolore altrui. “Come è vero che la sofferenza ci apre le vie di Dio. Malgrado l’irreparabile, questi giorni vanno annoverati tra i più ricchi: prima li respingevamo, dopo non vorremmo non averli vissuti.[…] Quanto è sontuosa, amici miei, l’esperienza del dolore, pur sotto i cenci ributtanti di  una povera creatura. Si arriva allo strazio, allo smarrimento, all’urlo interiore[…] Il dolore non ha un volto, non ha un nome sicuro, non serve a niente, e tuttavia, lo vedrete, è più presente dei volti, più fidato  degli amici, più fecondo dei nostri lavori”. Mistero doloroso per cui “le spiegazioni non diminuiscono il grande scandalo della sofferenza.
Emmanuel Mounier, 
la filosofia della persona
La sua grandezza sta nella accettazione. Non ci resta altro che amare  e amare intensamente quelli che Egli spezza per amore”. E’ la plenitudine del cristianesimo: cadere nelle mani del Dio vivente che colma il mistero, prende su di sé, anziché spiegarla, la sofferenza più insensata e perciò atroce e fa ritrovare quel che pare perduto.  (11)   
Ha senso oggi la testimonianza di Mounier? La risposta è nel  Manifesto che annunciava la pubblicazione di “Esprit”: “Come non essere in continua rivolta contro le tirannie del nostro tempo?” A me laico cristiano pare al tempo stesso monito ed invito.
Monito. La nostra società è radicalmente diversa ma non dissimile dalla sua: imperversano egoismi vecchi e nuovi, potentati economici e finanziari, guerre, terrore, razzismo, ingiustizie, corruzione, fame, povertà, massive migrazioni…“Muore il personalismo, ritorna la persona” scriveva P. Ricoeur: l’inattualità di Mounier può essere chiave preziosa per interpretare e comprendere questa nostra contemporaneità. Ad esempio quando il cristiano laico si assume il compito stringente dell’affrontement: testimone di un cristianesimo maturo radicato nella realtà terrena, “nel mondo ma non del mondo”, prende sul serio l’attenzione evangelica ai poveri; si confronta con tutti senza piegarsi a compromessi; parla un linguaggio che vale per credenti e non credenti, per chi è giovane e non giovane, per chi vive in solitudine, è oppresso, disperato, profugo, per chi insieme vuole costruire comunità; opera anzitutto su  se stesso “la purificazione interiore da cui scaturisce ogni fecondità”; vive “l’ottimismo tragico” come denuncia del “disordine costituito” ed  annuncio della speranza.
Invito: è vivere come tempo spirituale questo nostro odierno smarrimento oscuro incerto desolato fragile. "Il tempo spirituale - scriveva Mounier - è fatto di salti violenti, di crisi e di notti interrotte da rari istanti di pienezza e di pace. Somiglia più al tempo del poeta che non a quello dell’ingegnere. Vi si potrebbe porre questa iscrizione: alla certezza attraverso l’ambiguità, alla gioia attraverso la desolazione, alla luce attraverso la notte. Sul limite, la mistica dice: alla pienezza del Tutto attraverso la prova del Nulla" (12).  

Note
Emmanuel Mounier, 
la resistenza
1.v.  Michael David Semeraro, Quarantena e Quaresima - Chiesa di Tutti Chiesa dei Poveri:
https://www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/quarantena-e-quaresima/
2. La filosofia “personalista e comunitaria” di Mounier  (1905-1950)  non è  un sistema speculativo  né un movimento politico. E’ una filosofia “provvisoria”, destinata ad essere superata al momento della realizzazione della comunità di persone. Anti-ideologica per vocazione, si oppone ad  ogni distorsione mistificatoria del pensiero in funzione di interessi  particolari e intende smascherare il “disordine stabilito” ed  ogni forma di potere  che minaccia  la libertà delle persone.  
3. Attorno alla rivista Esprit da lui fondata nel 1932 -  rivista volutamente non  cattolica (“anche se si può essere insieme integralmente cattolici e sinceramente rivoluzionari”) -  ha riunito filosofi, teologi, sociologi, politici, artisti, uomini e donne come  Buber, S.Weill,  Merlau-Ponty, Berdiaev, Lacroix, Domenach, Borne,  Ricoeur,  Danielou,  De  Rougemont,  Ulmann, Veritè, Marrou,   Bazaine…, con  forti  riscontri culturali, soprattutto nella seconda metà del 900, in Francia, Polonia, Italia ( Dossetti, gruppo del Gallo a Genova, Comunità di Olivetti…), nel Concilio Vaticano II e nella visione filosofica di S. Giovanni Paolo II, Interessante l’influenza del suo pensiero personalista nell’elaborazione della Costituzione italiana, come più volte ha ricordato Giuseppe Lazzati, rettore dell’Università Cattolica.  In particolare il testo della “Déclaration des Droits des Personnes et des Communautès", elaborato da Mounier durante l’occupazione tedesca e poi incluso in 4 numeri di Esprit tra il 44 e il  45  - punto di partenza  in seno alla “Commission de la Costitution”francese  nel 1945/46 - anche in Italia sarà introdotto nella preparazione della nostra Carta Costituzionale da Giorgio La Pira e troverà  esplicazione nell'articolo 2. 
4. Soprattutto nel 36, quando gli avvenimenti che  incalzano e la guerra di Spagna producono profonde lacerazioni anche all'interno della Chiesa. "Esprit" si pronuncia a favore  di coloro che difendono la repubblica minacciata dalle armate di Franco, ma nel contempo il Vaticano riconosce la dittatura franchista. Serpeggia nella curia romana l’idea  di una   condanna di Esprit, anche a seguito di che una  dura  campagna di diffamazione orchestrata  dall'"Action Francaise" e dalla  destra monarchica.  Sarà l’amico Maritain ad intervenire in sua difesa ed  a consigliarli di  inviare all’arcivescovo di Parigi un dossier riservato dove Mounier rende inequivocabili  le sue posizioni. Nel corso della sua vita  il cattolico Mounier  si trova sovente più a suo agio nel mondo “laico”, anche tra gli atei, che non in certi  ambienti ”cristiani”  troppo immersi in un’atmosfera di sacrestia che confonde sacro e profano. "Nostri amici non credenti (incroyants), che desiderate il Cristo più ardentemente di tanti nostri 'fratelli' frequentatori, voi siete i poveri spogliati dai farisei della pienezza spirituale, come gli altri lo sono dai ricchi della sicurezza materiale: voi siete il corpo di Cristo, anche voi...”(lettera del 7 marzo 1936 a Pierre-Amé Touchard).  “Quanto alle scelte politiche dei cattolici - scriveva nel 1949 - ci sono cattolici di destra e cattolici di sinistra: è un fatto ed è un fatto opportuno. Ciò prova che il cattolicesimo supera tutte queste vicende politiche. Non progressisti perché cristiani ma neppure reazionari perché cristiani”.
5. E. Mounier, 1935, in Oeuvres 1961,I;, tr,it. p.410.
6. “E’ sufficiente per definire una posizione personalista pensare che ogni persona ha un significato tale da non poter essere sostituita  nel posto che essa occupa nell'universo delle persone. Tale è la maestosa grandezza della persona che le conferisce la dignità di un universo; e tuttavia la sua piccolezza, in quanto ogni persona le è equivalente in questa dignità, e le persone sono più numerose delle stelle”(E. Mounier, Il Personalismo, o.c. p. 81).
7. Pensando alla Chiesa di oggi ed a papa Francesco non è difficile cogliere l’aspetto profetico di Mounier. ‟Una delle deviazioni fondamentali del capitalismo è quella di aver sottomesso la vita spirituale al consumo, il consumo alla produzione e la produzione al profitto, mentre la gerarchia naturale è quella inversa […] Un'economia personalista, al contrario, regola il profitto sui servizi resi nella produzione, la produzione sul consumo e il consumo su un'etica dei bisogni umani ricollocati nella prospettiva totale della persona”. cfr.  Mounier, 1934, in Oeuvres, 1961, I, p. 453;   Mounier, 1936, in Oeuvres, 1961, I; tr. it., p. 172; Mounier,1935. in Oeuvres 1961,I;, tr,it. p.410. 
8. E. Mounier, Il personalismo, AVE, Roma,2004, 12a ed. p.92.
9. Il termine affrontement, intraducibile in italiano, è più volte richiamato da Mounier nei suoi scritti (ad es. il cap.4 de Il Personalismo; , Affrontement chrétien del 1944…). Evoca insieme rottura e accoglienza,  interiorità ed apertura agli altri, annuncio e denuncia, leale deciso confronto e  comprensione empatica, forza e generosità, politica (“essere nel mondo”) e mistica (“ma non del mondo”). Politica:esercizio, nei più diversi gradi e responsabilità, della cittadinanza attiva, immergendosi nella realtà viva di tutti  i giorni. Mistica: per chi non crede equivalente dell’etica, per il credente  esperienza spirituale orientata e diretta  dal  primato della fede che vuole non “una città comoda” ma “una città giusta”.
10. Esempio emblematico di cedimento fu per Mounier l'accordo di Monaco, firmato da Hitler, Mussolini, Chamberlain e Daladier il 30 settembre 1938: non fu nient'altro che una beffa per chi credeva che così la pace, in Europa, venisse salvaguardata. Sarà invece decisivo passo  nel tollerare la politica di potenza che condurrà al disastro della seconda guerra mondiale.
11. “Che senso avrebbe tutto questo se la nostra piccola bambina non fosse che un pezzo di carne smarrita non si sa dove, un po’ di vita tormentata e non questa bianca piccola ostia che ci supera tutti, un’infinità di mistero e di amore che ci abbaglierebbe se la vedessimo a faccia a faccia, se ogni più duro colpo non fosse una nuova elevazione che ogni volta quando il nostro cuore comincia ad abituarsi, ad adattarsi al colpo precedente, è una nuova richiesta di amore. Tu senti la piccola voce, povera e supplichevole, di tutti i bambini martiri nel mondo  e il rincrescimento d’aver perso la loro infanzia nel cuore di milioni di uomini che ci domandano, come un mendico ai bordi di strada” “O voi che avete ancora il Vostro amore, le mani piene di luce, voi vi impegnerete certamente a donare ancora questo per noi”.   Per tutte le citazioni in nota e nel testo cfr. E. Mounier, Lettere sul dolore, uno sguardo sul mistero della sofferenza, Milano, Bur, 1995, pp.61-62) e  E. Mounier, Il pensiero pedagogico Un’antologia, a cura di Carlo Nanni, LAS, Roma, 2008, pp. 98-104.
12. E. Mounier, L’avventura cristiana, Libreria Editrice Fiorentina, 1990, pp. 32-33.

4 commenti:

  1. Grazie Gian Maria!
    Il tuo contributo, sentito come dovere - e do’ alla parola dovere il suo alto profilo morale- risponde ad un bisogno reale, tanto più che la società attuale, contorta nel suo dolore e dubbiosa sul futuro abbisogna di un Maestro come Mounier , di una Luce, di speranza.
    Il nucleo dell’affrontement resta intatto nel suo ardore e sarebbe in grado, riproposto ed interpretato coscienziosamente, di muovere macigni, come necessita in questo periodo.
    Figli di un “ cristianesimo maturo”, in virtù di tale insegnamento, con la guida del nucleo attivo del Concilio Vaticano II, sulla strada della Chiesa di servizio, combattiamo per la promozione dell’Uomo.

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    1. Caro Rosario, la conclusione del Vangelo di oggi (“Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane”) ci sprona proprio ad un “cristianesimo maturo”, che pur nell’oscurità del momento, riconosce i tempi forti della vita cristiana, come quello che stiamo vivendo in queste settimane, e “crede nel Figlio dell’uomo”.

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  2. Complimenti e grazie per il Suo Post chiaro, ricco di spunti e soprattutto di condivisione della sua visione del mondo, del suo profondo credo ed impegno (“Sette anni fa iniziava l’azzardo digitale del nostro blog che mia moglie ed io abbiamo voluto denominare “persona e comunità”, richiamo al “personalismo comunitario” di Mounier”).
    Mi consenta una piccola riflessione sul dolore (“narrare il calvario suo e della moglie Paulette Leclerc trafitti dall’incurabile malattia della primogenita” … “Che senso avrebbe tutto questo se la nostra piccola bambina non fosse che un pezzo di carne smarrita”) e sul senso della vita (“Mounier ha amato tutti a cominciare dai nemici, ha scelto la povertà, ha congiunto in modo esemplare vita pubblica e privata, interiorità ed esteriorità, ha compreso il dolore degli altri, ha attestato il coraggio della resistenza politica (la prigione sotto Vichy!) e della protesta del digiuno quando non era moda spettacolare, non si è mai piegato a scoraggiamenti, compromessi, tradimenti.”), in questa società in cui Dio è morto (Nietzsche), inteso non se Dio esiste o non esiste, ma nel senso che si riesce a capire, interpretare la nostra società senza la parola Dio (“una società in rovina e che fa della morale soltanto per nascondere il marcio che ha in sé”).
    Non possiamo accettare quel che dice il satiro Sileno a re Mida, “stirpe miserabile ed effimera, perché mi costringi a dire, meglio per te non esser mai nato, ma essendo nato la cosa migliore che ti posso augurare è quella di morire presto”.
    L’uomo per vivere ha bisogno di trovare, di costruire, un senso alla propria vita, in quanto “la morte per il nostro Io (che progetta … che ha amore di se) è l’implosione di ogni senso (dimensione tragica della vita)”. “L’uomo a differenza degli altri animali (come della pecorella che felice bruca l’erba …) conosce un dolore ben più grande, per essere felice, deve dare un senso alla propria vita, deve avere una speranza, non riesce ad accettare che il suo destino sia come quello della “pecora” (ciclo della natura, luogo della nostra disperazione), non vuole la felicità “come” quella della “pecora”, l’uomo non accetta che con la morte si debba lasciare gli altri, le cose e soprattutto abbandonare noi stessi perché anche se non lo vogliamo ammettere siamo profondamente innamorati di noi stessi e della vita.”
    Grazie a Dio (la fede in un Dio, qualunque esso sia) come per il cristianesimo, il dolore (che salva) e la morte hanno un senso (per una vita futura, il paradiso, dopo la morte).
    Raimondo Brunello

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    1. Gentile Raimondo Brunello la ringrazio di cuore per il suo intervento, così accorato ed intenso nel cogliere quei problemi essenziali che tutti, uomini e donne, prima o poi si pongono, ma che non tutti hanno il coraggio di esternare e di formulare con domande che esigono risposte non astratte ed accademiche, ma scelte di vita. Ci sentiamo profondamente compagni di strada con Lei in questo cammino di ricerca incessante mai esaustiva del senso primo ed ultimo della vita (soprattutto nella sua dimensione tragica), del dolore, dell’amore, della nostra fede e speranza in Dio salvifico.

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