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giovedì 12 marzo 2020

A cosa serve l'arte, nel tempo ferito?

Tomaso Montanari, "L'ora d'arte". L'arte come viatico di un mondo nuovo.
Post di Rossana Rolando.

Thomas Jones, Un muro a Napoli
olio su carta, 1782, Londra, The National Gallery
Ognuno di noi lo ha sperimentato, in un modo o in un altro: per cambiare vita abbiamo spesso bisogno di un trauma. Ebbene, per cambiare vita tutti insieme sarebbe saggio farci bastare questo trauma: il prossimo potrebbe non lasciarcene il tempo (Tomaso Montanari, qui).
Queste parole, scritte a proposito della “ferita” contingente del Coronavirus, possono ben introdurre all’interno di una riflessione sul significato dell’arte - intesa come viatico di un possibile cambiamento civile e morale - che lo stesso Tomaso Montanari conduce ne L’ora d’arte, un libro uscito nel 2019¹. In esso sono raccolti gli interventi relativi a 100 opere, originariamente scritti per diverse testate giornalistiche.
Già il titolo “l’ora d’arte” richiama la scansione scolastica delle lezioni e sottintende l’idea di una scuola pensata come spazio fondamentale di umanizzazione: “il luogo più importante della nostra vita e della nostra società”. In un altro senso “l’ora d’arte” è il tempo che l’autore ha dedicato all’elaborazione di ogni pagina e che si è rivelata “la più libera, la più felice, la più ricreante” tra quelle dedicate alla scrittura².
Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto,  
Il laboratorio dei marmi di San Vidal,olio su tela, 
1725 circa, Londra, The National Gallery
La doppia valenza del significato attribuito all’ora d’arte - “pubblica” e “privata” – ben rispecchia l’intreccio tra il lavoro di studio, legato all’attività di professore universitario, e l’impegno civile che caratterizza il profilo di Tomaso Montanari, intellettuale libero da sudditanze di potere, come attestano le sue esternazioni (anche su twitter) e i suoi scritti, per esempio il commento all’articolo 9 della Costituzione³.
Il libro è costruito in modo snello, agile, con una pagina dedicata all’opera d’arte prescelta e la facciata accanto al commento. I contenuti espressi non hanno intenzionalmente una tessitura specialistica ed erudita, ma possiedono la leggerezza della meditazione aforistica, tesa a intercettare corde vitali e a muovere pensieri carichi di sentimento, così come accade o dovrebbe accadere nella fruizione dell’esperienza estetica. Anche le opere presentate – di pittura, scultura, architettura… - non sono sottoposte ad un criterio enciclopedico, ma hanno l’andamento di una scelta completamente personale e imprevedibile. 
Il lettore può però cogliere un filo rosso che tutto lega e che si esprime nella domanda posta al termine del percorso: a che cosa serve l’arte? 
Vincent Van Gogh, Il seminatore
olio su tela, 1888, 
Otterlo, Kröller-Müller Museum
Non tanto quindi:  che cos’è l’arte?, questione oggi difficilmente risolvibile in modo univoco, ma appunto, a cosa serve?
Si esclude, dall’orizzonte di questo interrogativo, l’asservimento dell’arte a finalità di mercato, che dominano larga parte della Business Art contemporanea, sottomessa alle logiche del profitto, come si denuncia nel libro dello stesso autore Contro le mostre: «Per soddisfare i bisogni di “masse acculturate”, in Italia, non senza cinismo – lo sottolineava già Enrico Zeri in un articolo del 1996 – si promuovono “pleiadi di mostre e mostriciattole, spesso insignificanti, inutili, a base commerciale e promozionale, sempre costose”».

✳️ Guardare attraverso.
Murale di Banksi, 
accanto a Masaccio (Cacciata dal Paradiso terrestre),
 illustrata e spiegata da Tomaso Montanari qui
L’interrogativo “a cosa serve l’arte?” rimanda, invece, in primo luogo, al potere icastico di certa arte contemporanea, capace di risvegliare in noi - con un linguaggio efficace e tagliente, rispetto all’uso troppo logoro delle parole - il senso sopito di umanità e giustizia. Per questo risulta profetica la Street Art: «Se oggi in molti pensiamo che “le parole dei profeti sono scritte sui muri della metropolitana e negli androni dei palazzi” [….] è anche perché i writers continuano a pensare che la loro arte civile e pubblica valga più del mercato, dell’industria culturale e del loro stesso egotismo».
In questo legame tra arte, verità e giustizia si rintraccia l’antica saldatura tra bello e buono che il mondo greco ci ha consegnato e che intreccia la dimensione estetica con la sfera etica.

✳️ Guardare dentro.
Francisco de Zurbarán, Natura morta
olio su tela, 1633, 
Pasadena, Norton Simon Museum of Ar
Ma c’è anche una vocazione contemplativa dell’arte: essa permette di guardare nel profondo, rimandando simbolicamente al di là di quello che è immediatamente visibile. Le cose più quotidiane possono suscitare, nella trasfigurazione poetica dell’opera d’arte, stupore e commozione, ben oltre la loro comune utilizzabilità. Così per le bottiglie di Giorgio Morandi o i limoni di Francisco de Zurbarán⁶.
L’arte produce conoscenza e pensiero, perché libera dall’univoca prospettiva del marketing e genera uno sguardo disinteressato, capace di comprendere il senso gratuito del bello, la grandezza e l’unicità di ogni realtà, anche la più semplice, facendoci sentire in intimità con le cose.

✳️ Guardare oltre.
Francisco de Goya y Lucientes, Il cane
olio su muro trasportato su tela, 1819-23
Madrid, Museo del Prado
Infine l’arte conserva il senso dell’ulteriorità, rispetto alla propria soggettività e rispetto al mondo.
Essa ha, infatti, una funzione catartica. Libera da se stessi, innalza oltre la propria piccolezza, eleva dalla miseria della prospettiva individuale.
Nel decadimento della bruttezza, che connota tanti luoghi devastati dalla mano umana, nel degrado civile e morale della società malata, la sua traccia è segno di un mondo alternativo, di un luogo diverso da quello semplicemente esistente. E’ memoria di un bello possibile.
In questo senso e in molti altri ancora, l’arte si presenta come via di salvezza. Essa somiglia a una scialuppa, che viene per salvarci.
Serve a sollevarci dalla polvere, a farci levare la testa verso le stelle, a farci rialzare, come suggerisce la rappresentazione atemporale, metafisica del cagnolino di Goya.

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✳️ Note.
1.Tomaso Montanari, L'ora d'arte, Einaudi, Torino 2019.
2.Ibidem, p. 5 (Premessa).
3. Tomaso Montanari, Art. 9, Costituzione italiana, Carocci, Roma 2019.
4. Tomaso Montanari e Vincenzo Trione, Contro le mostre, Einaudi, Torino 2017, p. 5.
5. Ibidem, p. 154.
6. Cfr. Tomaso Montanari, L'ora d'arte, cit., pp. 188-189 e 120-121.
7. Cfr. Ibidem, pp. 120 e174.
8. Ibidem, p. 114
9. Cfr. Ibidem, p. 176.

14 commenti:

  1. La realtà, soprattutto quella odierna segnata dalla paura per il diffuso morbo causato dagli errori umani, ci invita a cercare la cura. E l’arte, come sempre, si appresta al compito, consentendoci di recuperare lo sguardo limpido e profondo.

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  2. Grazie, Rosario! Proprio così: cercare la cura. Un abbraccio, Rossana.

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  3. Grazie della riflessione, utile in questi tempi bui.

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    1. E' bello condividere pensieri, soprattutto ora, nel momento in cui la rete diventa una via preziosa di comunicazione e vicinanza. Grazie, un caro saluto, Rossana.

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  4. Il peggio e il meglio viene fuori dal buio delle nostre vite. Lo stiamo sperimentando.

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    1. Ci auguriamo tutti che questo "trauma" - ferita - sia capace di generare una riflessione autentica sul nostro modo di vivere e sulla possibilità di cambiare in meglio le nostre vite. Grazie.

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  5. Niente da aggiungere a questa bella riflessione, se non la sottolineatura dell'arte come libertà, com un guardare dentro e oltre verso un "mondo alternativo", "memoria di un bello possibile".
    Tra le riproduzioni, mi ha colpito molto la natura morta di Zurbaran, artista che adoro da tempo!
    Grazie cara Rossana!!

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    1. Ciao, Annamaria! Sì, la "natura morta" sprigiona una luce che affascina e induce a pensare che molto meglio sarebbe parlare di "vita silenziosa", come indicano altre lingue: still leben, in tedesco; still life, in inglese. Grazie della tua sottolineatura, sempre preziosa.

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    2. "Vita silenziosa": bellissimo e vero!!!
      Grazie ancora!

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  6. Parto da quello che rimane qui sopra, sullo schermo: "la natura morta sprigiona una luce che..."; solitamente la prima immagine di ciascun articolo del blog, riportata poi su Facebook, dà il senso al post e in questo abbiamo un olio su tela che mi piace moltissimo, pur non capendo assolutamente a cosa possa servire e neanche cosa voglia dire e/o se volesse dire qualcosa di preciso: più i significati si fanno distinti e più avanza il marketing (che può essere di tante specie!). Insomma, non credo che si possa dire nettamente cosa sia arte, credo che qualche volta si possa parlare di arte militante ma raramente mi piace.

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  7. Le immagini - a parte la figura riferita a Banksi - sono tutte legate al libro di Montanari, qui recensito, anche la prima. Quest'ultima, nella mia idea, poteva richiamare una pluralità di significati: anzitutto, la capacità dell'arte di rendere eterno ciò che è quotidiano, trasformando il semplice, banale oggetto, in qualcosa di unico... in secondo luogo, il muro, con la finestra chiusa, doveva richiamare la realtà che stiamo oggi vivendo, la separazione...d'altra parte, i panni stesi potevano rimandare ad una vita che comunque continua, nascosta, oltre il muro...
    E' vero, più il messaggio è capace di colpire l'immaginazione, più si riesce ad essere efficaci e convincenti nella comunicazione, anche al di fuori del marketing (che per me rimane legato ad una logica del profitto, del tutto estranea a questo blog).
    Grazie per le utili notazioni che mi hanno dato l'opportunità di risolvere ogni eventuale ambiguità. Un saluto.

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  8. Chiedo scusa. Mi dispiace moltissimo che il mio goffo confusissimo intervento abbia avuto il risultato di adombrare un mio sospetto di interessi nascosti nelle attività del blog. Mai pensato, neanche lontanamente niente del genere. Mi dispiace aver dato questa amarezza. Il focus del mio commento era sullla clip di YouTube, ma dalla quarantena passo direttamente dietro alla lavagna.
    Scusa.

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  9. Caro Gianni, siamo con te dietro la lavagna, per confessarti che né tu né noi ci dobbiamo scuse. Tu hai sentito il bisogno di precisare il tuo pensiero e le tue intenzioni, su cui non avevamo dubbi. E pure noi precisiamo, come reciproca rassicurazione, che lo stile di questo blog è mantenere integra la nostra libertà (tua, nostra, di tutti gli amici che come te ci fanno il piacere e l’onore di interloquire) di pensare ed esprimere ciò che sentiamo e riteniamo giusto e conveniente, ben sapendo che non si tratta di giudicare o peggio di condannare, ma invece sempre di comprendere anche opinioni che potrebbero apparire od essere divergenti. Grazie, caro Gianni del tuo gesto profondamente amicale. Rossana e Gian Maria. E … buona quarantena quaresimale…

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