Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

venerdì 30 luglio 2021

In cerca di un nuovo paradigma.

Pensiero nomade, pensiero marginale.
Post di Rosario Grillo.
Immagini dei dipinti di El Lissitzky, pittore russo vissuto tra il 1890-1941.

El Lissitzky, Proun
Quando le nostre iniziative rimangono invischiate nel corpo, nel linguaggio o in questo mondo smisurato che ci è dato da finire, non è perché un genio maligno ci opponga le sue volontà: si tratta solo di una specie di inerzia, di una resistenza passiva, di un venir meno del senso: di una avversità anonima. Ma anche il bene è contingente. Non si dirige il corpo reprimendolo, né il linguaggio ponendosi nel pensiero, né la storia ricorrendo continuamente a giudizi di valore: si deve sempre sposare ognuna di queste situazioni, e quando esse si superano, lo fanno spontaneamente (L'uomo e l'avversità, pp. 271-272, Merlau-Ponty).

Nel piano della problematica epistemologica quando i neo positivisti da una parte e Popper dall’altra dibattevano il cliché della verità scientifica, Thomas Kuhn chiarì che la loro disputa non avrebbe avuto esito se non si fosse trovato un modello. Solo il modello poteva impegnare tutti i membri della comunità scientifica, della società intera. Vi era intrinseco la comprensione del valore sociale proprio della scienza; venivano messi in luce la cogenza, universalità: vincoli per tutti. Gli diede il nome di paradigma.

El Lissitzky, Proun 6
“Se una scienza è costellazione di fatti, teorie e metodi raccolti nei manuali correnti, allora gli scienziati sono uomini che, con maggiore o minore successo, si sono sforzati di contribuire con uno o con altro elemento a quella particolare costellazione. […] E la storia della scienza diventa la disciplina che fa la cronaca sia di questi incrementi successivi, sia degli ostacoli che hanno reso difficile la loro accumulazione”. (1)

Il senso di questo paradigma è nella conseguenza-connessione, non priva di resistenza, valida per superare appunto le resistenze di tutti i membri: teorici e pratici.
Avremmo, forse, anche oggi, bisogno di un nuovo paradigma! La confusione, infatti, è tanta; le diatribe continue e inesorabilmente inconcludenti. Quando le istanze del nuovo e del diverso, sia come stile di pensiero sia come cifra dell’interesse segnano costantemente ambiente e natura: sì, anche l’uomo, ma un uomo spogliato della presunzione antropocentrica. Uomo e natura insieme quindi, in relazione, senza sottomissione né dominio.
Io suggerisco… ma chi sono io per suggerire?! Quindi riformulo: nel magma riesco a distinguere l’evoluzione di un pensiero avventura, dove av-ventura rispecchia alla lettera la ricerca di ventura… Viene dismesso l’abito del sapere: da sapio prenderebbe i connotati di una conoscenza che rapina, che esercita dominio. Il dominio di un intelletto con il marchio dell’Illuminismo, dove la “ragione saccente è unica forza motrice, anche nel verso kantiano che riconosce sì il limite, ma dove l’io si arroga la funzione della “sintesi a priori”.
El Lissitzky, Proun 1
Avventura, figlia di un etimo: a ad- veniens; perciò spinge a mettersi nella condizione dell’attesa, dell’accoglienza e dell’incontro.
Qui allora calza meglio Kant, quando scrive: “noi abbiamo fin qui non solo percorso il territorio dell’intelletto puro esaminandone con cura ogni parte; ma l’abbiamo anche misurato, e abbiamo assegnato a ciascuna cosa il suo posto. Ma questa terra è un’isola, chiusa dalla stessa natura entro confini immutabili. È la terra della verità (nome allettante!), circondata da un vasto oceano tempestoso; impero proprio dell’apparenza, dove nebbie grosse e ghiacci, prossimi a liquefarsi, danno a ogni istante l’illusione di nuove terre, e, incessantemente ingannando con vane speranze il navigante errabondo in cerca di nuove scoperte, lo traggono in avventure alle quali egli non sa mai sottrarsi, e delle quali non può mai venire a capo. (2)
Anche se Kant intendeva tenere a bada così il sogno metafisico, per noi oggi è la linea mobile di un pensiero nascente.
Dicono gli autori, citati in nota (3), prendendo spunto da F. Guattari e Deleuze: pensiero nomade.
El Lissitzky, Proun 4
Mi torna in mente così l’uomo nomade, con la psicologia di un essere guidato dallo stupore, attore non protagonista, comprimario di un insieme multiplo e polimorfico: con animali piante e fenomeni sconosciuti. Il suggerimento che viene dall’équipe di studiosi: abbandonare la lente dell’evoluzione, finanche del darwinismo suggeritore della selezione naturale; inforcare invece quella dell’esploratore, provvisto di senso dell’Altro, della prossimità “a tutto campo” .
Prendendo da altre fonti (4), la risorsa caratterizzante è quella dei margini. Si profila così un pensiero marginale. Con l’avviso che la debolezza congenita non è inclinazione al declino, non è vezzo decadente: è invece simbolo del taglio epistemologico, è soprattutto virtus dell’uomo della convivialità. (5)
Anzi. - ed è il segno della statura epistemologica - rimanda ad una cosiddetta noologia, dunque un logos del νους (contrazione dell’analogo ionico νόος), con l’avviso che il νοος assume abitualmente la veste di intelletto prevaricatore, qui invece è Mente intrisa della corporeità, radicata negli addentellati sensibili e sensitivi.
Aiutano le intuizioni di Merlau-Ponty, quando negli anni cinquanta si confrontò con la scienza rimproverandola così: “La scienza manipola le cose e rinuncia ad abitarle”. (6)
El Lissitzky, Proun 9
Il filosofo francese richiedeva di dar conto delle avversità (7) e rifletteva sul confronto che l’uomo intrattiene con esse: obiettivamente raccomandava di andare sotto gli automatismi e di svelare ciò che resta “latente
e di rendere “visibile l’invisibile.
Basta, allo scopo di comprendere la portata, riflettere sulla sua lettura di Freud, evidenziando la scoperta da lui non dichiarata: di mettere mano alle giunture tra materiale e spirituale.
Ci troviamo nel raggio della fenomenologia, che legge la coscienza, oltre Cartesio ma anche oltre Husserl.
Nei nuovi elementi, forti di un’aderenza al mondo che cambia, metto la levadella dimensione concettuale, soprattutto della urgenza culturale, per assumere il nuovo paradigma. O si aspetta il nuovo Copernico?!

Note

(1) T. Khun, La struttura delle rivoluzioni scientifiche p.20.
(2) I. Kant, Critica della ragion pura p.199.
(3) Le mie riflessioni nascono dal libro di Gianluca De Fazio, Ecologia del possibile (ombre corte), che comunica temi convergenti di diversi autori. Tra essi: Umberto Fadini Tiziana Villani Francesco De Maio Paulo F. Levano.
(4) Interessante quanto proviene dal l’antropologa Anna Tsing. Vedi il suo Il fungo della fine del mondo. La possibilità di vivere nelle rovine… Keller. Nel libro si esplora la germinazione della vita nelle rovine.
(5) La convivialità fu una delle richieste di Ivan Illich.
(6) Merlau - Ponty, Locchio e lo spirito.
 
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋ 

2 commenti:

  1. Caro Rosario, c’è davvero bisogno di un nuovo paradigma. Continua a “suggerirlo” con tutta la tua passione! Esso richiede sinergia, consonanza, flessibilità, osmosi di idee, capacità d’intraprendere nuovi sentieri in clima relazionale. E soprattutto, come ben sottolinei, il coraggio del pensiero “nomade”: alla ricerca di ciò che non è ancora, di un nuovo umanesimo capace di conciliarsi con la cultura tecnologica ed insieme diffondere humanitas. In sintonia con “l’avventura”(“figlia dell’etimo ad-veniens,condizione dell’attesa, dell’accoglienza e dell’incontro”) di Abramo che fa del viaggio alla ricerca della terra promessa “il luogo stesso del soggiornare”. Riconoscerci nella dimensione del nomadismo significa assumerci l’impegno di decostruire i nostri ruoli, assumerci la nostra finitezza, per un continuo riadattamento volto a preparare - cito con te Illich - un “convivio delle differenze” da opporre al “conflitto delle differenze”. Nessuna sottomissione culturale, nessun risentimento ideologico, semplicemente testimoni della speranza in questo “tempo di privazione”.

    RispondiElimina
  2. Semplicemente grazie! Hai tolto il velo al “ nodo problematico “ del post, mettendo l’accento su quel “nomade”, che non è procedere casuale , è invece orientato, nella Grazia donata, dalla ricerca del vero, del sano, del bello, del bene e del giusto.

    RispondiElimina