Historia magistra vitae.
Post di Rosario Grillo
«Sino a che questo oblio di una possibile alternativa avrà il sopravvento, contro la cecità all’apocalisse (di cui scrisse Günther Anders, ) non ci sarà niente da fare». (Christof Türcke)
“è restata, infatti, la guerra senza il principio del conflitto […] una guerra ormai allo stato puro, come non s’era mai vista prima nella storia, una guerra con distruzione e morte ma, senza sangue né conflitto” (A. Asor Rosa, Fuori dell’Occidente )
Cala il sipario sul lungo periodo cominciato con la fine delle due guerre mondiali, intonato al libero commercio. Ne sono state tessute le lodi più sperticate, spesso sfiorando la retorica, in modo da combattere il fronte dei paesi comunisti, raccolti sotto l’insegna della URSS.
La polvere ideologica con la quale si è rivestito il fronte occidentale, nel quale gli Stati Uniti prendevano il testimone del comando, si serviva addirittura di un’impegnativa voce: democrazia. Contrapposta ad autocrazia.
In conseguenza, addirittura, fu coniato l’apposito marchio di Occidente: ne scaturì una dualità inconciliabile con l’oriente (ed i paesi orientali). Certo, sfuggiva ai più che la geografia non è scienza apodittica, anzi chiede il relativismo e se ne serve.
In esempio pratico, certi paesi che al nostro sguardo risultano ad oriente, ad uno sguardo diverso (prospettiva) sono terre d’Oriente. La terra non è piatta e la carta geografica è una rappresentazione strettamente convenzionale.
La democrazia, resa topos dell’Occidente, fu dichiarata figlia della Grecia antica (età di Pericle) e fu stretta in unione con il liberalismo dando origine alla liberaldemocrazia.
Essa si faceva forte dello spirito liberale con gli annessi diritti civili e partoriva, in integrazione, la sovranità popolare con il bagaglio dei diritti sociali. La relazione sembrò armonica: tra liberismo liberalismo democrazia sembrava correre una fluidità ineccepibile. La maglia si poteva stendere fino a comprendere la socialdemocrazia tanto che, in un certo angolo, fu anche imbastito il welfare (non universale, per carità!).
Fu decantato il piano Marshall, senza sospettare l’incipiente egemonia degli Stati Uniti. Si permise (accordi, contrattazione, concessioni) una certa decolonizzazione, sotto attenta vigilanza, con dentro la fumosità di un incombente neo colonialismo (mutatis mutandis: sempre colonialismo).
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Rosa dei venti, 1700 |
Qui l’apice si può segnare negli accordi per la moratoria nucleare. Finalmente!
Il brusco risveglio alla realtà avviene con la perentoria performance della premier inglese: Margaret Thatcher. Dichiarava l’assenza di un’alternativa (Tina: there is no alternative), soffocava gli scioperi dei minatori inglesi, smantellava l’industria pubblica ed osannava la privatizzazione - sua la dichiarazione: la società non esiste - .
Il presidente Reagan, al di là dell’Atlantico, suggellava la partita, creando l’illusione di appeasement (accordi di Camp David), nel concreto dimostrando di procedere, in quanto vincitore della guerra fredda, verso l’esercizio della egemonia americana.
Altro che multilateralismo!
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Rosa dei venti, 1748 |
Strada facendo, finiva nella implosione la stella del comunismo e l’Urss doveva virare verso il CSI.
La fine del comunismo metteva in moto la destabilizzazione dei partiti affini nell’area europea (eurocomunismo), lasciava pure il detrito del "nazionalismo risentito" negli ex satelliti russi, prossimi ad essere assorbiti nella comunità europea.
Qualcuno si mise allora a ragionare di "fine della storia" lasciando intendere che l’intesa Stato liberale - liberismo - capitalismo avesse raggiunto la vittoria.
Non fu considerata sufficientemente la spinta, nel frattempo impressa, a crearsi il nemico, anche fittizio, del sistema dominante, che portava incorporato una tendenza ad infinitum del profitto con connesso sfruttamento.
Serviva il nemico tattico, collocato nell’islamismo: figura, che per la sua complessità, si prestava all’imputazione del male (integralismo). Fu l’attentato alle Torri gemelle nel 2001 a dare inizio alla guerra al terrorismo. La miccia di una destabilizzazione reversibile nel quadro internazionale era così accesa.
La matassa del processo esplorato aveva perfezionato di fatto il nesso tra economia e politica, capace di scardinare l’autonomia della politica, di imporre l’egemonia dell’economia. Un’economia sempre più dimentica di istanze etiche, sempre più convinta della contabilità quantitativa ed infine prona alla finanza.
In questa cornice è pensato lo spostamento dal Welfare al Warfare. La tecnologia si compatta con tale movimento: esaltando la velocità, estromettendo i casi di coscienza, allargando la forbice del reddito (una percentuale ristretta di super ricchi 2%, una larga sacca di poveri, con un inarrestabile impoverimento).
Le due crisi concatenate: nel 2007 e nel 2021 (la prima legata all’artificio speculativo delle banche americane, la seconda innescata dalla pandemia del COVID-19) davano il colpo mortale favorendo i poteri forti (multinazionali superfetati come big digitali: da Amazon a Google ad Apple eccetera). Mettendo fuori gioco i controlli democratici (con profonde ripercussioni sui presidi costituzionali).
Mentre crescono le difficoltà dei lavoratori, esposti ad un cambio d’epoca (di sistema cioè: passaggio verso il post-industriale e forte terziarizzazione), sensibili alle sirene del populismo, aumenta la dissociazione del fronte politico.
I contraccolpi si risentono nel clima sociale, impetuosamente investito dal mito dell’individualismo sfrenato e dalla cultura della sopraffazione. Si avvertono anche di più negli organismi internazionali, prima arbitri neutrali, ora succubi di giochi di potere. In tal modo portati all’impotenza. Agiscono dentro la costruzione europea disorientandola, stornandola dai principi fondamentali, motivo della sua nascita.
Soprattutto sono il carburante di “burattinai della paura”, “mestatori della politica”: soggetti congregati in formazioni governative, che travisano la democrazia degradandola in demagogia e in democratura. Le diverse democrature prendono diverso impasto, per effetto di una identità nazionale ripetutamente richiamata. Negli USA, ad esempio, ha i volti degli sceriffi e dei cercatori d’oro, in Italia quello, appena camuffato, del fascismo (endemico nel costume italico).
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Rosa dei venti, 1523 |
P.S. Ho scelto di mettere in exergo (2) la selezione del motivo conduttore del libro-riflessione di A. Asor Rosa, scritto durante il conflitto tra USA e Iraq (scatenato in forza della boutade dell’arsenale nucleare irakeno). La lettura di questo libretto ha, per così dire, chiosato a posteriori quanto ho sopra scritto. Nel libretto di Rosa ho trovato il senso di apocalisse che viviamo oggi, per l’insieme delle guerre scatenate, per l’impotenza delle forze che invocano la pace e manifestano per essa, per la passività e l’indifferenza che accompagna la visione di immagini crude, fatte arrivare da lontano, soprattutto artificiosamente evirate di ogni impatto empatico.
GRAZIE, Rosario: analisi impietosa, sulla quale tutti dovremmo riflettere... e meditare quanto scritto da Asor Rosa, da te riportato nel finale.... Grazie!
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