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lunedì 18 agosto 2014

Miseria ladra: intervista a Pierpaolo Barnieri



Pierpaolo Barnieri...
Il titolo “miseria ladra” è di Pierpaolo Barnieri, che abbiamo intervistato sul tema “l’emergenza povertà oggi ad Albenga”. Pierpaolo Barnieri non ha certo bisogno di presentazione. Semplicemente però vogliamo chiarire perché ci siamo rivolti a lui: è persona quotidianamente impegnata, per vocazione personale e scelta professionale, in prima linea nel sociale, dove svolge incarichi di forte responsabilità, con riferimento particolare agli  emarginati ed immigrati, sia presso la Caritas di Albenga sia  in “Alternativa per Albenga”.


A lui abbiamo rivolto una serie di quesiti.
 


1. Esiste ad Albenga un “osservatorio per la povertà”?
Le trasformazioni socio - economiche sul territorio italiano richiedono lo strumento dell'"Osservatorio". La richiesta da parte delle parrocchie, ma anche del Comune di Albenga è avere informazioni puntuali sui livelli di povertà e di disagio presenti. L’esigenza di un’osservazione scientificamente rigorosa della realtà sociale e dei fenomeni di povertà emergenti e la necessità di un monitoraggio costante, sistematico e competente dei bisogni sociali e delle risorse offerte dalla comunità sono di competenza dell'"Osservatorio per le povertà". Una sorta di "ISTAT" della Caritas Italiana su tutto il territorio.


Uno degli Osservatori Caritas 
in Italia....
Ogni Caritas Diocesana è dotata di un Osservatorio per le povertà che attraverso il Centro di Ascolto Diocesano raccoglie le informazioni statistiche sul comprensorio cittadino e le rilegge alla luce di bisogni e/o urgenze più o meno evidenti. I dati rilevati da ogni singolo Centro di Ascolto vicariale vengono inseriti nel portale del Centro di Ascolto che è così in grado di restituire un quadro globale e veritiero, plasmato sui bisogni anche stagionali del territorio, nello specifico ingauno. Ma anche qua abbiamo delle situazioni alquanto curiose, così che dal primo portale creato diverso tempo fa dalla Caritas di Albenga, si aggiungono da poco tempo altre Caritas del Ponente e del Levante, le quali non si "raccordano" con quello che già esiste per fare un unico portale, ma creano il loro. 

 
... per la necessità di avere 
dati certi...
Non che ci sia nulla di male, semplicemente questo ritorna "la fotografia" sui perché ci siano o ci possano essere "meccanismi farraginosi" di comunicazione puntuale e azione adeguata contro le povertà. Questo accade tra Caritas, tra Caritas e pubblica amministrazione, ovunque nel mondo dei servizi.

2. Perché “Miseria ladra”?
Da diverso tempo "Libera", associazione di Don Luigi Ciotti contro l'ingiustizia sociale e le mafie, divulga un progetto, "Miseria Ladra", che tra i suoi punti ha l'impegno di fare "cerniera" tra i servizi.
Don Ciotti denuncia...
La costruzione dell'uguaglianza e della giustizia sociale è compito della politica nel senso più vasto del termine: quella formale di chi amministra e quella informale che ci chiama in causa tutti come cittadini responsabili. La povertà dovrebbe essere illegale nel nostro paese. La crisi per molti è una condanna, per altri è un'occasione. Le mafie hanno trovato inedite sponde nella società dell'io, nel suo diffuso analfabetismo etico. Oggi sono sempre più evidenti i favori indiretti alle mafie che sono «forti in una società diseguale e culturalmente depressa e con una politica debole» sostiene don Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele e di Libera.



... lo stretto legame 
tra crescita delle mafie  
e miseria...
È evidente che questo è un problema. Spesso accade per puntiglio tra servizi, individualismo lavorativo, incapacità nel coordinare. Non si salva nessuno, la povertà va affrontata INSIEME.

... problemi che vanno affrontati insieme... 
come intende fare Libera, l'Associazione 
fondata da Don Ciotti.
3. Da dove vuoi cominciare la riflessione sulla povertà?
Incominciamo ad aprire il vaso di Pandora..... Oltre alle infinite emergenze e numeri di cui si è ampliamente parlato nello scorso articolo, metterei il riflettore sull'emergenza umanitaria degli sbarchi che da Lampedusa in poche ore possono raggiungere molte città, tra le quali Albenga.

Partiamo dall'emergenza umanitaria degli sbarchi 
e dei profughi che giungono 
anche qui ad Albenga...
Dal 1 Gennaio 2014 sono sbarcate 58.464 persone. Siamo di fronte a più di 50 milioni di profughi al mondo: la cifra più alta dal secondo dopoguerra, secondo l'Alto Commissariato ONU. Ed in tutta questa situazione che fa l'Europa? Dorme saporitamente lasciando l'Italia ad affrontare questa tragedia che è di TUTTI. L'Italia che affronta l'emergenza profughi, con il suo eroico "Mare Nostrum", salvataggio e assistenza dei miseri, ha il diritto che gli sia riconosciuto il magnifico lavoro che sta compiendo. Forse, troppo spesso siamo abituati a schernirla o ad insultarla davanti a cittadini di altri paesi che pur avendo i medesimi problemi, non fanno lo stesso.
 
... emergenza che vede l'Europa impreparata 
e l'Italia sola...
4. Vogliamo parlare di Albenga?

Ma torniamo alla povertà di Albenga.... Più del 63% del disagio della Piana nasce dalla incapacità di integrare gli immigrati. Lo sportello Immigrazione Caritas vede una moltitudine di persone per il rinnovo dei documenti di soggiorno, passaporto, richieste ricongiungimento familiare e attraverso lo SPRAR di Albenga, anche di segnalazione per la domanda di Protezione Internazionale e l'asilo politico. Capita spesso nelle scuole del comprensorio di aver bisogno di mediatori culturali di lingua araba, pashtun, farsi, cinese ecc.. per comunicare con i genitori degli alunni o con gli alunni stessi. Più della metà della forza lavoro nell’agricoltura della Piana è formata da immigrati marocchini, tunisini, algerini, bangladesci ecc… Proviamo a dare un’immagine così da imprimere meglio il concetto che sta emergendo.

L'immigrazione va a costituire più della metà
della forza lavoro dell'agricoltura di Albenga...
Come una tenda da campeggio, la famiglia immigrata piuttosto che il singolo, ha dei bisogni. I tiranti di questa ipotetica tenda canadese sono le varie istituzioni con cui la famiglia o il singolo hanno rapporti di lavoro, istruzione, burocrazia e documenti, banche ecc.. Se "un tirante" si strappa, la canadese perde stabilità e se la "raffica di vento è abbastanza forte", la sradica, mandando in sofferenza il mal capitato/capitati di turno.

La famiglia di un immigrato è come una tenda, 
con i suoi tiranti...
Il sacrificio NON viene chiesto alla "gente" che in vari modi e secondo il proprio stato si attiva per far star bene queste persone: vorrei ricordare la beneficenza che quotidianamente gli albenganesi ci fanno con abiti, cibo, lasciti e quant'altro. Desidero ringraziare i molti "orecchi aperti" che in questi anni ci hanno fatto del bene (alle nostre strutture Caritas), in particolare, "I Frati Martini", "Il piccolo forno di via Torlaro", l"Enosfizioteca Il Conte Rosso" del sig. Salsano, il mio amico Gianni Sommariva, e tanti altri. Insomma non è certo il cuore degli Albenganesi a mancare, ma come ho già detto, stiamo approcciando un problema molto più grosso di noi e ciò che si auspica è una FORTE presenza delle Istituzioni, in particolare, quelle europee, attraverso progetti, e percorsi meno pasticciati e più condivisi.


Molti cittadini albenganesi sono generosi e sensibili... 
ma l'emergenza povertà supera 
la buona volontà dei singoli...
5. Chi è il povero?
Arriviamo finalmente ad una estrema sintesi che forse stupirà molti. Nell'immaginario popolare il povero è un uomo, una donna (più difficile) con figli per strada (casi rari), esposto alle intemperie meteorologiche, vinto dalla vita, che ASPETTA la nostra elemosina, ringraziando umiliato. Forse per qualcuno questo modello funziona ma, nella stragrande maggioranza, i cosiddetti poveri sono persone che nella quotidianità non degniamo di uno sguardo: il vicino di casa, il collega di lavoro, un conoscente, che menzioniamo con parole di dispiacere, come fosse stato un santo solo se lo troviamo il giorno dopo sulle colonne di IVG, o in altra "testata" per ragioni di cronaca.


Come, dove riconoscere i poveri? 
Spesso sono invisibili...
Persone che in modi magari sottili, attraverso la polemica continua, l'astio e i pensieri di odio, o all'esatto contrario, attraverso modi manipolatori e striscianti, accompagnati spesso da toni di voce piagnucolanti, ci chiedono estremo aiuto, SPERANZA per sé e per un mondo che li ha esiliati e a cui essi non sentono di appartenere. Non è facile fare del bene al povero, non lo liquidi con i 5 € per non farti rompere le scatole. Vuole essere ascoltato, confortato, rassicurato per ore ore ore, e tante volte non basta. Il povero vuole che gli si manifesti l'amore attraverso l'acquisto di beni materiali. Ma i soldi sono solo la minima parte. Infatti solo una certa parte, superata la prima emergenza, rinuncia ai servizi del Centro di Ascolto e "cammina da solo".

Chi è povero ha bisogno 
di cibo, di vestiti, di casa...
È innegabile che il Centro di Ascolto Caritas, dovunque esso sia, è una realtà rassicurante, dove bene o male le persone vengono ascoltate in quanto persone. Alcuni dei poveri che vivono per strada, molto spesso per far fronte ai rigori invernali e non pensare alle proprie responsabilità, bevono fino a farsi scoppiare il fegato. Ma nella nostra testa la stragrande maggioranza delle persone con le quali vengo a contatto, considerate normali, mi comunica rispetto ai poveri sempre lo stesso motivetto: "Che s'arrangi, è lui che ha sbagliato, conosco bene la sua storia e so da quale famiglia proviene". Non lo so, credo di non far inorridire nessuno se tiro fuori un importante passo del Vangelo: "Ma costui non è figlio di Giuseppe il falegname? I suoi parenti non vivono forse a Nazareth?". È evidente che se le nostre convinzioni rispetto agli altri sono rigide, la persona non si potrà mai manifestare in tutta la sua bellezza, per quanto frammentata e opaca in quel momento. C'è il mistero della fragilità e del male. Credo che nessuno si possa aspettare che il povero sia solo quello che usa strumenti manipolatori con i preti o con la Caritas tentando di estorcere qualche misero soldo.

... ma non solo...
6. Vogliamo parlare di responsabilità? 
Il sistema economico globale ha creato e aumentato la povertà e la percezione della povertà in Italia ed in particolare ad Albenga basta intervistare le persone comuni per strada, non più i miseri davanti alle Chiesa. I numeri riportati nello scorso articolo da Gian Maria lo dimostrano. Per quanto banale possa sembrare, siamo tutti responsabili di questo sistema, lo siamo quando giudichiamo, lo siamo quando deleghiamo la carità e l'ascolto, lo siamo quando esiliamo chi ha bisogno di confrontarsi, lo siamo quando ci sentiamo sufficienti all'interno dei nostri sicuri movimenti cattolici, lo siamo all'interno dei nostri "lindi" ministeri sacerdotali: impegniamo soldi per strutture senza anima e lasciamo ai progetti contro la povertà o la gioventù solo le briciole.
Tutti siamo chiamati in causa ...
Lo siamo quando approfittando di un ruolo (prete, operatore Caritas ecc..) li umiliamo e alziamo la voce con loro senza motivo, credendo di aver capito tutto sulla tale persona dall'alto della nostra esperienza lavorativa o della talare "onnisciente".

7. Il tema della SPERANZA ti è molto caro: recentemente hai pubblicato anche un libro…. Che cosa vuoi comunicare?
Prevenire la povertà significa favorire relazioni autentiche, supportive, non di situazione, ma desiderare veramente il "bene-essere" della persona che abbiamo di fronte, senza scordarci mai la sua storia, se la conosciamo. Se non la dovessimo conoscere, è importante entrare nell'esistenza dell'altro con grande rispetto, "in punta di piedi".

Pierpaolo Barnieri 
e il libro sulla Speranza.
A partire dalla situazione reale del paese, propongo dieci punti pieni di Speranza, gesti concreti della campagna "Miseria Ladra", nei quali credo e sui quali unire gli sforzi per rendere illegale la povertà:
1) ricostituzione del fondo sociale e per la non autosufficienza, completamente azzerati;
2) moratoria dei crediti di Equitalia e bancari per chi è in difficoltà;
3) subito i pagamenti per chi fornisce servizi, beni e prestazioni;
4) agricoltura sociale, riconversione ecologica delle attività produttive attraverso i tagli alle spese militari, alle grandi inutili opere e abolendo i Cie;
5) sospendere gli sfratti esecutivi;

Possiamo unire gli sforzi...
6) destinare il patrimonio immobiliare sfitto e quello requisito alla criminalità per usi sociali ed abitativi, in parte si sta facendo ma non e' ancora abbastanza;
7) riconoscere la residenza al senza fissa dimora per garantirgli l'accesso al servizio sociosanitario;
8) reddito minimo di cittadinanza;
9) difesa dei beni comuni e ripubblicizzazione dei servizi basici essenziali;
10) rinegoziazione del debito. 
Sono proposte che garantiscono dignità ed eguaglianza.
Le istituzioni locali possono impegnarsi sin da subito su alcuni di questi punti. I soldi ci sono, si tratta di spostare l'ordine delle priorità ripartendo dai diritti. Abbiamo l'aspirazione di lottare perché nessuno rimanga indietro. E credo che anche su questo, Albenga, attraverso le varie istituzioni e associazione in difesa del cittadino lavoratore, malato ecc.., non tema nessuno.
... come soggetti privati 
e come istituzioni...



Grazie Pierpaolo!


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1 commento:

  1. Pierpaolo ci rende conto che anche ad Albenga la povertà è multidimensionale: la povertà legata alla mancanza di reddito- lavoro-abitazione è oggi affiancata e resa più complessa da nuove forme legate ai disagi relazionali e socioculturali. Così povertà economica e relazionale si intrecciano, sono fortemente collegate tra loro e un povero può fare parte di più dimensioni contemporaneamente: una persona può rimanere senza lavoro, restare priva di risorse economiche, avere difficoltà a mantenere l’abitazione in cui vive, ritrovarsi magari sola ed abbandonata, soffrire di disturbi depressivi, vivere episodi di dipendenza (alcoolismo, giochi d’azzardo, tossicodipendenza)…. Noi semplici cittadini che cosa possiamo fare? Pierpaolo ha avanzato le sue proposte, noi vorremmo concludere la nostra riflessione sulla povertà con un post in cui esprimere le nostre considerazioni ed eventualmente raccogliere, se ci saranno contributi, le idee di tutti.

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