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giovedì 3 agosto 2017

Migrazioni e lungimiranza.

I flussi migratori non si fermeranno e anzi saranno sempre più ingenti: la vera sfida non è quella - impossibile - di fermarli, quanto piuttosto quella di gestirli con lungimiranza politica.
Post di Gian Maria Zavattaro (a partire dal libro "Libertà di migrare", seconda parte. La prima parte qui).
Immagini delle opere di Stefano Bosis (qui il sito). Per una presentazione dell'artista cliccare qui.

Stefano Bosis, 
Schengen 2000/51 
(serie Migranti)
“Di migrazioni forzate da altri umani sono piene le fosse, arcaiche e moderne, della storia e della geografia. Grondano sangue, meritano quasi sempre esecrazione. Comunque ogni comunità antropica e ogni luogo antropizzato hanno conosciuto anche migrazioni più libere. Tutte fanno parte della nostra evoluzione, con effetti di meticciato universale. Più o meno liberi o forzati, miliardi di umani migreranno anche in futuro. Quale politica internazionale è necessaria per pianificare e gestire bene, come chiedono le Nazioni Unite, l'imponente fenomeno migratorio che abbiamo dinanzi? Affinché le migrazioni del futuro possano essere davvero ordinate, sicure, regolari e responsabili, servono un pensiero politico che studi e contrasti stereotipi o pregiudizi ed un'azione politica in grado di prendere decisioni oggi i cui effetti (probabili, non sicuri) potranno essere apprezzati dalle generazioni a venire. Proprio come per il riscaldamento climatico. Non è certo con la facile rincorsa al consenso di breve periodo né con le emozioni estemporanee che si potrà affrontare una realtà umana che sta evolvendo da due milioni di anni. La virtù necessaria in questa impresa è anche una delle più scarse al momento: la lungimiranza. Verso il passato e verso il futuro” (V. Calzolaio – T. Pievani, Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così, Einaudi, To, 2016, p. 130).


💥 E' bene premettere che il migrare dei nostri progenitori fa parte del patrimonio genetico e culturale di ognuno di noi.


Stefano Bosis, 
Appena arrivati 
(serie Migranti)
Migrazione e libertà. Migrare indica una partenza; il suo contrario è restare. Il significato originario è nella radice latina mig: dare in cambio, scambiare, cambiare, cambiare luogo, spostarsi, riferita “sia allo scambio dei doni ospitali che trasformano lo straniero in ospite sia al cambio di luogo”. Il greco eleutheros ed il latino liber indicavano gli appartenenti a pieno titolo ad una comunità: era il Noi (“liberi” cioè non schiavi). diverso dagli Altri (stranieri forzati a migrare, catturati e poi resi schiavi) (1).


Una confusione di antitetiche tipologie migratorie. Il migrare, fenomeno sociale da due milioni di anni, ancor oggi si colloca tra costrizione forzata e libertà di singoli e di gruppi. Oggi non è pensabile né auspicabile un'assoluta libertà per i singoli che prescinda da regole di sostenibilità globale e da chi vive nei territori che ricevono immigrazione. Dovere degli organismi nazionali ed internazionali è proteggere il diritto di poter restare e vivere con dignità nel territorio dove si è nati ed insieme garantire “una collettiva e responsabile libertà di migrare, affinché ciascuno appartenga a ecosistemi e comunità che non neghino gli altri e le altre”(2). In realtà oggi trionfa la disuguaglianza del diritto a migrare ed è continuamente offesa la libertà individuale e collettiva sancita dalla dichiarazione universale. 
Stefano Bosis, 
I viaggiatori 
(serie Migranti)
Il fenomeno migratorio - confusa congerie di antitetiche tipologie - “contempla quasi ogni motivo espellente o attirante, volontario o coattivo: mercato del lavoro, lingua, urbanizzazione, ricchezza, povertà, fame, sete, malattia, guerra, persecuzione, deprivazione, degrado, inquinamenti, disastri”(3). Abissali differenze di reddito definiscono gradi di libertà enormemente disuguali di mobilità all'interno degli stati e tra gli stati: se i migranti forzati sono impediti e/o bloccati alle frontiere, centinaia di migliaia di turisti girano a zonzo per il mondo, possessori di passaporti che consentono l'accesso ad una moltitudine di paesi (4), “pensionati benestanti occidentali (specie migratoria: estate qua inverno al caldo), professionisti migranti e nomadi professionisti che vivono di cento mestieri in decine di patrie” (3). Insomma un grande business che muove enormi capitali insieme a grandi masse e genera nuove disuguaglianze.

Le responsabilità. Oggi i migranti sono oltre un miliardo di persone, per lo più in fuga da comportamenti umani violenti (guerre, massacri, terrorismo) e “non violenti” (all'apparenza, ma distruttivi dell'equilibrio degli ecosistemi), e disastri “naturali” (scientificamente comprensibili, ma troppe volte indotti dall'uomo), che sconvolgono convivenze civili, provocano danni e vittime, inevitabilmente costringono a migrazioni forzate. Disastri idrometeorologici (inondazioni cicloni tempeste temperature estreme siccità incendi), geofisici (terremoti eruzioni tsunami, valanghe e frane), climatici sempre più connessi a disastri biologici, quali epidemie e infestazioni.

Stefano Bosis, 
L'ultimo respiro
Disastri “naturali” e impronta antropica. C'è ancora un acclarato intreccio tra costrizione migratoria e contesto climatico. E' inderogabile rispettare il limite di sostenibilità per l'ecosistema planetario se vogliamo evitare uno sconquasso in tante aree, ingentissimi costi umani e finanziari, migrazioni forzate e insicurezza sociale. Mentre l'accordo del 12 dicembre 2015 di Parigi si è arenato grazie alla sagacia di Trump, l'impronta antropica globale è sempre più allarmante: “concentrazione di anidride carbonica, perdita di biodiversità, crescita della siccità e zone desertiche, innalzamento del mare e fusione dei ghiacci polari, acidificazione degli oceani, riduzione della fascia di ozono della stratosfera, modificazione dei due cicli biogeochimici dell'azoto e del fosforo, ridotta disponibilità di acqua dolce rinnovabile e non rinnovabile, degrado del suolo, diffusione di aerosol atmosferici, inquinamento di prodotti chimici...Precisamente i confini entro i quali interagisce il fenomeno migratorio”.

Come affrontare le future migrazioni? Gli autori indicano alcuni percorsi per non subire, anzi gestire i futuri flussi migratori. 

🌟 1. Dare priorità al climate refugees e gestire le migrazioni sostenibili. L'envirommental refugee (migrante ambientale) è termine divenuto di uso ufficiale da circa 30 anni per distinguerlo dal migrante economico o politico. In realtà tutto è sempre intrecciato: le migrazioni sono sempre e comunque ambientali, soprattutto quelle forzate, migrazioni da ecosistemi divenuti inospitali a causa di comportamenti umani non violenti o violenti, guerre comprese in quanto connesse al cambiamento climatico di origine antropica: guerre per l'energia e l'acqua, distruzione degli ecosistemi, desertificazione con armi chimiche e uranio impoverito...(6).  
Stefano Bosis, 
Aspettando il bus 
(serie Migranti)
Eppure questi nuovi rifugiati climatici ed ambientali non hanno riconoscimento. Se il dovere di assistenza riguarda tutti i profughi (5), è oggi indilazionabile riconoscere lo status di climate refugees, con appropriate politiche di prevenzione assistenza mitigazione e adattamento: una sfida difficilissima per le politiche nazionali e per la politica internazionale, ma non impossibile. Soprattutto a seguito della guerra in Siria e nei tanti focolai trascurati dai media (Sudan, Afghanistan Somalia....) è in corso il più grande e doloroso esodo di migliaia di persone, profughi interni o refugees richiedenti asilo. Nel contempo molti di coloro che cercano di attraversare il Mediterraneo (donne, uomini, bambini/e, minori anche non accompagnati) scappano semplicemente per non morire e tanti sono i morti nel Mediterraneo. Provengono per lo più da Gambia Costa d'Avorio Nigeria Senegal Guinea Niger Somalia Eritrea Mali. “La distinzione amministrativa tra rifugiato da guerre e persecuzioni politiche e migrante economico (quelli che sono solo poveri) non regge: mancano la comprensione dei flussi in atto e una politica estera europea” (7). Secondo gli autori del saggio ecco cosa bisognerebbe fare: distinguere i rifugiati con status riconosciuto o riconoscibile dagli altri migranti forzati; assistere ogni profugo per un tempo definito; dotare di uno specifico status i rifugiati climatici, avviando con urgenza un negoziato climatico che definisca il modo in cui riconoscerli (8); definire le priorità riguardanti il diritto di fuga, la negoziazione di ciò che può accadere prima e dopo, l'assistenza internazionale (ben diversa dal campo profughi!), gli obiettivi (chiari, condivisi, scadenzati) per evitare disastri, prevenire la fuga, organizzare gli spostamenti, valutare se e quanto irreversibili, nel rispetto delle attese familiari sociali culturali lavorative di chi è a rischio. (9)

Stefano Bosis, 
Le insolite cose della vita sotto lo stesso cielo 
(serie Migranti)
🌟 2. Essere lungimiranti verso il passato e verso il futuro nel contrastare la disuguaglianza del diritto a migrare ed alla mobilità. Il fenomeno migratorio contemporaneo avviene in un mondo di forti disuguaglianze che inevitabilmente accrescono nelle aree povere la voglia di fuggire e in quelle ricche la paura di arrivi perturbanti, diminuendo la disponibilità al libero accesso. Chiudere frontiere, innalzare muri, pattugliare confini e mare, recludere o rimpatriare a forza, oltre ad assorbire ingenti risorse, sono inique e soprattutto non risolutive di fronte al fatto che migrano sempre più popolazioni povere. “I diritti degli umani migranti che rispettano le regole della convivenza civile, nonostante le odissee per deserti e per mari, non sono garantiti come i diritti degli umani con residenza fissa che rispettano le stesse regole. Ciò provoca clandestinità, traffici criminali, ulteriori disuguaglianze di fame e di sete, non meno migrazioni” (10). Eppure migliaia di studi spiegano e ripetono che dal punto di vista economico le migrazioni sono positive, generatrici di redditi privati e di benefici pubblici: non producono quasi mai conflitti, miseria, inquinamento, anzi fanno crescere il PIL; non sottraggono lavoro ai locali, anzi garantiscono occupazione utile laddove nei paesi ricchi non si trova disponibilità; aiutano attraverso le rimesse a sopravvivere nei paesi poveri.. Non a caso, ieri come oggi, i mercati di lavoro assorbono gli immigrati prima e più facilmente dei sistemi politici. Di fronte al vasto numero di rifugiati climatici che ci attendono, occorre assolutamente chiarire che cosa significa essere liberi di esercitare il diritto di migrare.

Stefano Bosis, 
Rosa rosso 
(serie Migranti)
🌟 Conclusione. E' sufficiente rileggere la citazione iniziale. Quanto a me, laico ed inquieto credente, sommessamente aggiungerei che trovo penosamente ridicola l'insensata paura di imminenti invasioni che patentati faziosi ad arte diffondono; neppure mi spaventano in un futuro più o meno remoto eventuali spostamenti di masse di rifugiati climatici. Mi preoccupa semmai l'insensata miopia di troppi politici europei. Ho paura della nostra sorda ipocrisia  indifferente al futuro delle nuove generazioni sulle quali peseranno le nostre colpe mortali. E' possibile allora sperare nella “lungimiranza verso il passato e verso il futuro, virtù necessaria in questa impresa e anche una delle più scarse al momento”? Penso e spero di sì: possiamo trasformare noi stessi e gli stranieri in ospiti, nella fedeltà al significato originario della radice latina mig. Mi rassicurano ogni giorno le innumerevoli voci ed azioni che si levano in ogni angolo della terra a favore dei migranti, in primis la voce profetica e la testimonianza di papa Francesco. Mi rasserenano il volto sorridente di Aman, gli sguardi e gli abbracci amicali di Alì, Atal, Rahmat, Sabir, Rasib...., i miei amici rifugiati.

 Note

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12 commenti:

  1. Bellissime e toccante il video, pacate e vibranti le argomentazioni! Una perfetta sinergia per lanciare ancora una volta un appello in favore delle migrazioni (fenomeno), dei migranti ( Persone).
    Più di una volta si torna sul fatto , storico ed antropologico, della migrazione, sottolineandone la qualità di "polmone dell'Umanita' ". Nomadismo e stanzialita' è una dialettica ( o, se fa paura il concetto di dialettica, un gioco) con cui è evoluta la vita umana, sociale e culturale su questo Pianeta.
    Gesù ha avuto, nei suoi insegnamenti di Vita, un occhio particolare verso i Migranti.
    Non demordiamo!

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    1. Hai ragione: non demordiamo! Papa Francesco afferma che «migranti e rifugiati ci interpellano» e che senza fraternità anche l’uguaglianza e la libertà sono parole vuote. Non si tratta di accogliere tutti, ma pretendere corali iniziative internazionali che almeno tentino di regolare i flussi migratori in un’ottica di solidarietà europea, che denuncino non a parole ma con azioni decise gli interessi economici e politici che generano guerre ed ingiustizie sociali, che permettano alle genti di restare nelle loro terre e di non essere costrette a migrare forzatamente. Qualunque sia il prezzo, la solidarietà rimane l'unica via possibile. Come ci ricorda padre Zanotelli, è inaccettabile che merci e capitali godano di più diritti dei poveri per entrare in un paese. Una sfida per tutti noi e per noi un incitamento.

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  2. è un'esigenza di noi umani....con qualche eccezione

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    1. Rossana Rolando e Gian Maria Zavattaro3 agosto 2017 alle ore 19:55

      Libertà di muoversi, di spostarsi, di migrare... per molti è l'unica via di sopravvivenza.

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  3. C'è bisogno di lungimiranza. Interessante da leggere.

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    1. Rossana Rolando e Gian Maria Zavattaro3 agosto 2017 alle ore 19:56

      Grazie!! Buona serata.

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  4. Testo imperdibile. Ottime le sue chiose e le sue riflessioni personali. Commovente il video finale. Grazie. Buon agosto!

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    1. Grazie per l’attenzione e la condivisione di orizzonti. Buon agosto anche a lei!

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  5. Le evidenti considerazioni umanitarie e storiche - dall'Italia sono partiti vari milioni di migranti nel secolo scorso - né la necessità di nuove persone per riequilibrare il calo demografico e assicurare forza lavoro alle nostre imprese - gli ultimi dati INPS attestano che gli immigrati regolari versano otto miliardi di contributi all'anno, ricevendone solo tre in prestazioni- riescono a ridurre il forte disagio, che sovente si trasforma in angoscia, con cui guardiamo al fenomeno dell'immigrazione.
    Certo l'impatto con la differenza suscita disagio, ma il confronto con la stessa differenza è talvolta ricercato e apprezzato.
    Ci siamo chiesti cosa possa attivare delle emozioni così forti.
    Forse è proprio un fatto di sguardi, come affermavi nel primo post che hai dedicato a questo argomento. Lo sguardo del povero ci destabilizza profondamente: fa emergere le nostre false sicurezze legate a ciò che abbiamo e la nostra paura di poter perdere ciò che possediamo.
    Lo sguardo del povero svela la miseria della cultura dell'avere, l'illusione che la felicità consista nelle cose possedute, nel poter avere sempre un po' di più.
    Lo sguardo del povero svela l'ingiustizia su cui si basa la nostra ricchezza e la sua indigenza.
    Lo sguardo del povero svela la nostra angoscia di morte che cerchiamo di calmare con i beni. Ma lasciarsi penetrare dallo scomodo sguardo del povero indica la strada che ci può condurre ad una vita più giusta, più sobria, compatibile con le limitate risorse del pianeta, in cui nessuno resti nella miseria, ricca di umanità, di culture: una decrescita felice.
    Un caro saluto, a presto Patrizia e Giuseppe

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    1. Carissimi Patrizia e Giuseppe, un grazie di cuore per il vostro commento, grazie sofferto pensando al cinismo, alla rassegnata indifferenza, scoperta o mascherata, che sembrano caratterizzare questi giorni. E' che la povertà si rivela solo a chi la vuole veramente sopprimere ed ogni momento storico deve saper riconoscere i poveri in categorie sociali e persone precise. Non si tratta di commuoversi o commuovere ma, come Mounier diceva e praticava,“fare entrare a forza nelle nostre preoccupazioni quotidiane la presenza permanente della ingiustizia e della sventura” . Non ho nulla da aggiungere alle vostre rilfessioni sullo “sguardo”: mi pare un modo concreto ed accessibile a tutti di evangelizzare noi stessi, chiedendoci il coraggio di andare controcorrente, sfidare il conformismo di chi sta bene ed anche l’incomprensione di chi sta male, uscire dal nostro egoismo, per non rendere vane soprattutto per noi la morte e resurrezione di Cristo.

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