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venerdì 19 gennaio 2018

Lingua e integrazione culturale.

Una riflessione - nel tempo odierno dell'immigrazione particolarmente urgente - sulla lingua come tratto fondamentale della identità personale e tramite di rapporti interculturali fecondi.
Post di Rosario Grillo
Immagini di calligrammi (poesie disegnate) del poeta francese Guillaume Apollinaire (1880-1918).


Apollinaire, Calligramma, 
Poema del 9 febbraio 1915
Prendo spunto dall’espressione “lingua madre”, per mettere in risalto la simbiosi tra linguaggio e persone. Anzi, procedendo più oltre, una simbiosi: linguaggio-popolo.
Quest’ultimo, del resto, è questione molto nota e ben argomentata. In modo particolare dalla cultura romantica che ha riconosciuto nella lingua: il carattere identitario, sempre vitale e dinamico, di un popolo.
Stabilito ciò, ho bisogno di “liberare” la persona, senza per ciò, disconoscere un legame con l’entità organica della nazione.
[Sfioro qui un grosso problema, che non posso approfondire: che cos’è una nazione].
L’uomo, essere comunicante, ha nel linguaggio la sua forza espressiva più forte. Non unica, visto che è accompagnata dalla gestualità.
Apollinaire, Calligramma, 
Uccello e fiori
Parmenide, il fondatore dell’ontologia, scriveva: l’essere è, il non essere non è. Nell’essere sono intrinseci il pensare e il dire.
La pedagogia evidenzia nel bambino la natura essenzialmente spontanea del linguaggio. Successivamente viene acquisita.
L’acquisizione, cioè, è operazione di in-culturazione, che consegue una fase spontanea.
In questo sfondo ha un peso il rapporto amniotico con la madre ed embrionale  con entrambi i genitori.
Su questo fondamento va costruito il rispetto educativo dei tempi di sviluppo dell’abilità linguistica fino alla performance più abile e raffinata.
Da questa angolazione va visto il problema del rapporto dialetto-lingua nazionale (ci sarà una ragione per la quale io, e come me tanti altri, dopo decenni di ambientazione in territorio diverso, preferisco esprimermi nell’intimità del mio dialetto d’origine).
Apollinaire, Calligramma, 
Fiori
Con questa consapevolezza va istruito lo scenario della integrazione culturale.
Facendo sì che gli interessati non siano sottoposti ad uno snaturamento con l’imposizione coatta della lingua del posto d’accoglienza.
Da una parte è lo spirito dell’accoglienza che lo richiede. Dall’altra, è il rispetto della diversità, con l’adozione della prospettiva di  'Inter-culturalita', ad esigerlo.
Dai mediatori culturali più avvertiti viene riconosciuto, infatti, che la resistenza degli immigrati è dettata dalla semplice osservazione: nella lingua essi riconoscono l’unica cosa che li tiene uniti alla madrepatria.
Un punto d'innesto fecondo potrebbe essere quello di un impianto della lingua, come avviene nella tecnica vegetale.
La via sarebbe quella della comparazione linguistica, della glottologia, anche se il processo, per la sua lunghezza, risulterebbe poco pratico.
Apollinaire, Calligramma, 
Jean della luna
La difficoltà non esime dalla possibilità di tentare una via di compromesso, ottenendo in cambio una fiducia maggiore e un’intensità maggiore di socializzazione.
Resta ferma la scelta chiave, che collega il processo dell’integrazione culturale all’accoglienza. Per qualcuno, infatti, è insidiosa la stessa parola di integrazione, che potrebbe nascondere un intento neocolonialista e disumano.
Come scrivevo sopra, è meglio muoversi sul terreno della 'Inter-culturalita'.
Essa corrisponde alla vocazione Inter-nazionale e contiene la latitudine giuridica idonea ad affermare diritti universali nel rispetto della autonomia, delle individualità etniche, delle diversità.
È finita l’epoca del melting pot, che sempre più sta cozzando contro l’esistenza di “compartimenti stagni”, per la presenza dell’ottica della ghettizzazione.

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6 commenti:

  1. Un grazie immenso a Rossana per aver impreziosito il post con i calligrammi di Apollinaire, creando lo spunto per una nuova prospettiva artistica

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  2. Complimenti per le nozze felici tra riflessioni e calligrammi!

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    Risposte
    1. Rossana Rolando e Gian Maria Zavattaro19 gennaio 2018 alle ore 20:55

      Grazie di cuore, un caro saluto.

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  3. Della tua pensosa lectio, vorrei sottolineare e ribadire due cose: la prima è che giustamente dobbiamo sciogliere ogni equivoco sulla voce “integrazione” che è tale ed ha senso solo se implica reciprocità e pariteticità nel rispetto del contesto culturale e giuridico in cui siamo inseriti; la seconda è l’esplicito invito ad adoperarsi per una concreta reciproca inclusione che vede nella lingua e nel possesso della parola l’unica autentica strada per entrare in relazione con le persone, per promuovere in ognuno il gusto della cittadinanza attiva e responsabile (solo garantita da un lavoro dignitoso e da una sicura fonte di reddito), per costruire insieme la comunità nell’accogliere ed essere accolti, perché l’accoglienza è “scelta che riguarda ognuno non solo nel senso attivo di ospitare chi bussa alla nostra porta, ma anche nel senso di essere accolti: trovare accoglienza, infatti, è un bisogno e un desiderio fondamentale per chiunque”. Ciao. Buona serata.

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  4. Ciao Gian Maria e grazie della tua attenzione. Mi accorgo ( e mi conforta ) di aver dedicato la mia riflessione a temi espliciti della Relazione : Lingua, Gesti. Per una volta mi autoelogio, ma non lo faccio per me. Per confermare l’importanza della Relazione.

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