Post di Rossana Rolando.
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Repubblica, 26 luglio 2019 |
La scelta di Repubblica è felice per diverse ragioni:
⭐ In primo luogo, perché il graphic novel
si ambienta in una scuola elementare di Torino – la Rignon - frequentata da
Levi nella sua infanzia e rivisitata nella finzione del racconto: egli ritorna
lì, chiamato dalla maestra, per narrare la propria storia, in un periodo che
precede di poco la sua morte (11 aprile 1987).
La scuola è il luogo privilegiato della
memoria, della resistenza all’usura del tempo e alla banalizzazione del passato.
Ad un bambino che in un primo momento paragona il lager alla scuola, in mezzo
alle risatine inconsapevoli dei
compagni, Primo Levi rivolge un deciso, severo “No”. E rimette subito in chiaro
le dimensioni e le distanze: da un’aula si entra e si esce; si hanno libri,
vestiti, cibo; in un’aula si impara ad essere liberi, ad aprire la mente e il
cuore: a questo servono le lezioni. Il lager è il luogo dei vestiti a righe che
riducono tutti al numero impresso sul braccio, delle scarpe dure e spaiate, del
freddo e della fame; soprattutto è lo spazio chiuso delle recinzioni - fisiche,
mentali, spirituali - oltre le quali non vi è nulla.