Post di Rossana Rolando.
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Illustrazione di Paola Momenté |
Vive ad Anversa, in Belgio, dove la
famiglia è emigrata, in cerca di un luogo sicuro.
E’ una ragazza colta, fiera, dotata di
una naturale eleganza.
Ha imparato, col tempo, ad assestare i
sogni sulla misura del quotidiano. Riesce a spremere, dal guscio duro del reale, stille
sottili di felicità. Per questo è sempre sorridente.
Nel 1933 ha 15 anni. Buio fitto sta investendo
l’Europa. Anche in Belgio si diffonde il morbo antisemita.
Viene fatta prigioniera nel 1942, dai
nazisti occupanti, e finisce ad Auschwitz-Birkenau.
Blocco 11, matricola 19880.
Conosce il tedesco, il russo, il
francese, un po’ di inglese, il fiammingo, il polacco e l’yiddish. Perciò viene
utilizzata come interprete e portaordini. Questo le permette di muoversi con una certa
libertà. Dispone di cibo, di acqua, dei beni di prima necessità, quel tanto che
basta per sottrarsi all’inedia “sub-umana” dei corpi sfiniti. Un privilegio che
non corrompe il suo animo, non sbiadisce la sua umanità nella complicità
informe della zona grigia in cui si confondono vittima e carnefice.