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martedì 21 gennaio 2020

L'angelo di Auschwitz, Mala Zimetbaum.

Giorno della memoria 2020. Frediano Sessi, Mala Zimetbaum.
Post di Rossana Rolando. 

Illustrazione di Paola Momenté
Mala è una giovane donna ebrea di origine polacca.
Vive ad Anversa, in Belgio, dove la famiglia è emigrata, in cerca di un luogo sicuro.
E’ una ragazza colta, fiera, dotata di una naturale eleganza.
Ha imparato, col tempo, ad assestare i sogni sulla misura del quotidiano. Riesce a spremere, dal guscio duro del reale, stille sottili di felicità. Per questo è sempre sorridente.
Nel 1933 ha 15 anni. Buio fitto sta investendo l’Europa. Anche in Belgio si diffonde il morbo antisemita.
Viene fatta prigioniera nel 1942, dai nazisti occupanti, e finisce ad Auschwitz-Birkenau.
Blocco 11, matricola 19880.
Conosce il tedesco, il russo, il francese, un po’ di inglese, il fiammingo, il polacco e l’yiddish. Perciò viene utilizzata come interprete e portaordini.  Questo le permette di muoversi con una certa libertà. Dispone di cibo, di acqua, dei beni di prima necessità, quel tanto che basta per sottrarsi all’inedia “sub-umana” dei corpi sfiniti. Un privilegio che non corrompe il suo animo, non sbiadisce la sua umanità nella complicità informe della zona grigia in cui si confondono vittima e carnefice.
Mala vigila su di sé, non si lascia cambiare dentro, resiste nelle virtù dello spirito. Rimane generosa, coraggiosa, amata da tutte le donne recluse, come dice Primo Levi ne I sommersi e i salvati. E’ l’angelo di Auschwitz, secondo le testimonianze raccolte, il messaggero di una logica programmaticamente espulsa dall’universo concentrazionario.
Ci si salva soltanto se ci si aiuta: ecco il principio di resistenza, consegnato a piccoli gesti di umanità:

Frediano Sessi, L'angelo di Auschwitz, 
prima di copertina 
con illustrazione di Paola Momenté
“… mi ha portato dei vestiti prima che io ricevessi la tunica a righe. Il suo nome era Mala…”
“… mi ha rivolto la parola in francese chiamandomi per nome… in quel luogo, mi sembrava impossibile che qualcuno si rivolgesse a me, non come un numero, ma come persona”
“… la mia grande speranza di salvezza è stata Mala che mi ha tirato fuori da un gruppo di donne selezionate per il gas; è a lei che devo la vita per tutto il tempo che ha vissuto. Ci ha aiutate, anche portandoci ogni tanto del pane e della margarina”.
“Io uscivo dal blocco di quarantena a piedi nudi. Il terreno era pieno di sassi e pietre. Quasi subito i miei piedi si ferirono, si gonfiarono e si infettarono. […] Mala ha visto come erano ridotti i miei piedi e mi ha fatto avere subito un paio di scarpe. Ad Auschwitz le scarpe giuste erano una garanzia di sopravvivenza”.
Mala “rischiando coraggiosamente la sua vita, cambiava i numeri negli elenchi dei morti per salvare dei vivi […]. Si ingegnò per far assegnare delle donne fragili a lavori facili e protetti, rubò dei medicinali che distribuì agli ammalati”.
 
Nel lager conosce un prigioniero politico polacco, esperto nella lavorazione di metalli e utile nei diversi lavori di manutenzione. Si chiama Edek. Anch’egli riceve alimenti sufficienti e gode della fiducia dei carcerieri nazisti.
Mala si lega a lui con i fili invisibili dell’affetto e dell’attrazione. Non proprio un amore, piuttosto un riaccendersi dei sensi, un sentire il proprio corpo accanto al corpo dell’altro.
Con Edek tenta la fuga. Entrambi vengono rintracciati e riportati ad Auschwitz. Patiscono giorni feroci e muti di prigionia. Infine sono condannati.
Mala muore coraggiosamente, come è vissuta. Senza piegarsi. E’ il 15 settembre 1944.

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✴️ La storia di Mala è qui riformulata da Rossana Rolando, a partire dal libro di Frediano Sessi, L’angelo di Auschwitz, Marsilio, Venezia 2019.
Sulla base di testimonianze e documentazioni spesso lacunose, che hanno richiesto un intervento costante di integrazione, il lavoro scientifico di Frediano Sessi restituisce la verità storica della figura di Mala Zimetbaum, depurandola da tutte le sovrapposizioni leggendarie, senza nulla togliere al fascino della sua vicenda, capace di comunicare profonda emozione.

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✴️ Frediano Sessi è docente universitario, scrittore e saggista. E’ uno dei più validi studiosi della Shoah. Tra i molti suoi libri: Il lungo viaggio di Primo Levi (2013), Auschwitz (2016), Elio, l’ultimo dei giusti (2017) editi da Marsilio; Il mio nome è Anne Frank (2010), Auschwitz Sondercommando (2018) editi da Einaudi Ragazzi.  Per la stessa Einaudi ha curato il Diario di Anne Frank (1993) e il Dizionario della Resistenza (con Enzo Collotti e Renato Sandri, 2000).

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11 commenti:

  1. Va sempre più radicandosi la giornata della memoria , decretata un ventennio fa, e la dimostrazione si può ritrovare nel proliferare delle iniziative che ,in lungo e in largo per L’Italia, sono dedicate a tal fine. Anche la Tv partecipa con maggior convinzione - lo dico confortato dalla qualità dello sceneggiato che sta mandando in onda-. Certo non mancano le resistenze e i tentativi di irridere o di boicottare, ma , ricordando il silenzio che negli anni sessanta- ottanta regnava nella memoria pubblica, posso azzardare un bilancio positivo.
    Mi scuso del termine usato : bilancio, che appartiene in buona parte alla misura quantitativa, quando qui è evidente la sostanza morale di questa commemorazione .
    Opportuna quindi la scelta di Rossana, condivisa, e felicissima la scelta dell’esempio scelto. In Mala Z. è racchiusa difatti l’essenza propria di UN ANGELO, prezioso in quell’ambito per dimostrare la “ luce del Bene”.
    No, non ci fu “ silenzio di Dio” ad Auschwitz!

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    1. Le giornate "dedicate" alla memoria rischiano, purtroppo, di diventare rituali che non toccano il cuore (sento molto questo pericolo, soprattutto come insegnante, a scuola). Perciò il grande problema è quello di far rivivere la memoria, riaccendendo il sentimento di quanto è accaduto. Lo dice molto bene il professor Frediano Sessi nel secondo video che ho inserito.
      Bellissima la tua considerazione sul presunto "silenzio di Dio". Ciao, un abbraccio.

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    2. A proposito della giornata della memoria, in ricordo dei morti e delle devastanti sofferenze subite da milioni di persone, mi ha colpito nel discorso tenuto il 29/1/20 al Parlamento europeo da Liliana Segre il richiamo dello “stupore per il male altrui” (discorso che fa Primo Levi ne La Tregua dei quattro soldati che liberano il campo di Auschwitz), “lo stupore per il male altrui, che altri fratelli europei hanno pensato per te e che nessun prigioniero ha mai potuto dimenticare” dice Liliana Segre.
      Ebbene, ho trovato che al riguardo è illuminante e dovrebbe farci riflettere quanto dice il filosofo Umberto Galimberti (28/9/2012 Educare l’anima ai tempi della tecnica – Muro Leccese, Il teatro la Bussola, - https://www.youtube.com/watch?v=55gpINIItI8 -) quando parla della nostra età della tecnica in relazione alla nostra “morale” che non è all’altezza. “Età della tecnica che – Galimberti – colloca con la seconda guerra mondiale, … perché è successo qualcosa più grave dei sei milioni dell’olocausto, si è ideato il modello dell’età della tecnica durante il nazismo, … Il nazismo è solo un teatrino di provincia rispetto al grande teatro dischiuso dalla tecnica. E in che senso … quello del perfetto esecutore di mansionari il cui contenuto non ci riguarda, di cui non siamo responsabili in ordine al contenuto, non abbiamo pure neanche la responsabilità delle nostre azioni, in qualsiasi luogo noi ci troviamo ad operare, in qualsiasi apparato tecnico non siamo responsabili delle nostre azioni, abbiamo una responsabilità rispetto al mansionario ed una responsabilità limitatamente agli ordini del superiore, ma non degli effetti della nostra azione. In questo senso il nazismo è stato il modellino dell’età della tecnica. Se usciamo dallo scenario dei campi di concentramento … …”
      Raimondo Brunello

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  2. Luminosa testimonianza questa di Mala, una figura che non conoscevo ma che per certi aspetti mi ricorda quella di Etty Illesum, morta anch'essa ad Auschwitz. Dal suo Diario emerge una straordinaria forza d'animo che non viene mai fiaccata neppure dalla tragicità degli eventi esterni.
    Grazie di cuore, cara Rossana!!

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    1. Cara Annamaria, l'accostamento alla figura di Etty - pur con tante differenze, come tu dici, prima tra tutte la diversa mole di informazioni a cui possiamo attingere (di Mala rimangono solo alcune lettere e le testimonianze, mentre la produzione di Etty, in particolare il Diario, è uno scrigno di immensa riflessione) - è giustificata dalla fedeltà di entrambe al bene e alle ragioni della luce, rispetto alla forza contagiosa e tenebrosa del male all'interno del Lager. Pare così anche a me.
      Un abbraccio caro.

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  3. Cara Rossana, sono "innamorata" da tempo della splendida dotta che è stata Mala Zimetbaum (conosciuta attraverso la lettura de "I sommersi e i salvati". A lei e al "suo" Edek ho dedicato un post qui, il 27.1.2011: https://maridasolcare.blogspot.com/2011/01/mala-zimetbaum-e-edek-galinski-in.html. Grazie di averla magistralmente ricordata. Un abbraccio.

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  4. Cara Rossana, scusa il refuso: 'dotta' sta per donna. Buonanotte!

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  5. Molto bello il tuo post su Mala, nella presentazione toccante di Primo Levi. Condividiamo la stessa tensione verso una memoria viva, capace di "emozionare la mente".

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  6. Non la conoscevo. Subito penso a Etty Hillesum, a Edith Stein. Quante donne, anime grandi, libere dall'oppressione dell'odio. La loro audacia coraggiosa di restare fedeli a se stesse.

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    1. Ciao, cara Laura! Edith Stein, un altro angelo, come tu ricordi e come canta il brano di Juri Camisasca, interpretato qui da Giuni Russo. Un grande abbraccio.
      [video]https://www.youtube.com/watch?v=sRBKfk83EYE[/video]

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  7. Rossana quel brano fa parte di me, della musica pregiata amata che alberga in me ed ho avuto il privilegio grande di sentirla più volte dal vivo ai concerti della mia amatissima.
    Grazie Rossana del tuo tocco speciale.

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