Post di Rosario Grillo.
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Kandinskij, Ferrovia, 1909
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In fisica si è passati con grande fatica dallo spazio assoluto alla relatività dello spazio; poi, di seguito, si sono “agitate le acque” per un rapido succedersi di cambiamenti che hanno portato alla fisica dei “quanta”.Altrove avevo già sondato il terreno della congiuntura culturale, tra fine ottocento e l’inizio del 900, per ricavarne la pregnanza della questione (arte, letteratura, filosofia, antropologia). Oggi mi concentro sulla relazione che si instaura tra il pensiero e lo spazio e dichiaro, a scanso di equivoci, di essere stato provocato da un insegnante di letteratura russa attento al tema della relazione. (1)
In questa prospettiva - semplifico - lo spazio incide sul pensiero, disponendolo alla cura della relazione. Molte situazioni ci convincono che il nostro atteggiamento mentale, con il conseguente flusso di pensieri, è influenzato dal luogo nel quale ci troviamo. La traduzione di ciò, allora, diventa il riconoscimento dello spazio come schermo (filtro) attraverso il quale pensiamo. Vale la pena dedurre, da tutto ciò, la vitalità del pensiero: ovvero, il pensiero è qualcosa di vivo, si muove non nell’Olimpo dell’astratto ma nel concreto dell’esistere.
È necessario anche stabilire il legame spazio-tempo. Solitamente li consideriamo associati. Si può riflettere quindi sul peso che ha esercitato il tempo nella formulazione della einsteiniana legge di relatività (1916); ma soprattutto si potrebbe andar dietro alla differenziazione Occidente-Oriente, riconoscendo nel primo il primato del “tempo” e nel secondo quello del “filtro spazio”. Questa dicotomia è parecchio diffusa, basata su distinte peculiarità: in Occidente prevale il pensiero razionale, che va più per l’esterno, e in Oriente prevale il sentire intuitivo, che va più per l’interno.
In molte occasioni, in certi passaggi di epoca culturale, si è prevalentemente utilizzato il codice dello schematismo geografico, dal quale il succitato distacco Occidente-Oriente si è giovato.
Maciej Bielawski ha insistito però - secondo me con ragione - sulla convenienza - ed è rilievo ontologico - a concepire interno a ciascun atto del pensare l’incidenza, con l’alternarsi e confluire nel tempo e nello spazio.
Disposti in questo modo, apriamo il pensiero al vasto campo delle emozioni. (2)