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sabato 15 aprile 2023

Celebrazioni per Rocco Scotellaro.

Rocco Scotellaro merita la definizione di “cantore del riscatto meridionale”.
Post di Rosario Grillo.
 
Tricarico, Murale per Rocco Scotellaro e luminarie con versi della poesia "Lucania", Massimo Rella
Questo governo che alla cultura ha procurato forti scossoni in nome di cadenze nazionaliste e a causa del recupero di una decisa dose di governo elitario, ha avuto il merito di disseppellire la memoria di un personaggio emblematico della cultura meridionale (oltre che della civiltà contadina). Il personaggio è Rocco Scotellaro, vissuto tra il 1923 e il 1953, lucano, protagonista di vicende pregnanti nella storia del socialismo italiano.
Le celebrazioni cadono nell’anniversario della morte; quella che lo rapì ancora giovane, dopo una vita breve che si deve considerare intensa. Una commemorazione, oltretutto, che ripaga la trascuratezza della regione di appartenenza e dello stesso paese natio, che poco si sono occupati di rendere onore alla grandezza dell’uomo.
Eppure Scotellaro poteva essere subito classificato come degno discepolo di Gaetano Salvemini (che a lui sopravvisse, essendo morto nel 1957).
 
Sud è il suo amore
Adesso io prendo spunto da un articolo appena pubblicato su la Lettura, incentrato sulla qualità della poesia di Scotellaro, resa in forma di graphic poetry da Mimmo Cerere (1). Sottolineo la qualità poetica del Nostro valutando la sua diretta consonanza con la sinestesia, verso naturale - guarda caso - di gente che ha confidenza con la terra (e natura tutta).
“È rimasto l’odore / della tua carne nel mio letto. / È calda così la malva / che ci teniamo ad essiccare / per i dolori dell’inverno” (2)
Appare a tutto tondo la sua appartenenza alla campagna in una poesia come questa: “ Ho perduto la schiavitù contadina, / non mi farò più un bicchiere contento, ho perduto la mia libertà. / Città nel lungo esilio / di silenzio in punto bianco dei boati, / devo contare il mio tempo / con le corse dei tram, devo disfare i miei bagagli chiusi, / regolare il mio pianto, il mio sorriso. / Addio, come addio? Distese ginestre, / spalle larghe dei boschi / che rompete la faccia azzurra del cielo, / terra gialla e rapata. “(3)
Ancor più risalta la fedeltà alla terra, dura pratica di lavoro, in questa poesia: “ Noi non ci bagneremo sulle spiagge / a mietere andremo noi / il sole ci cuocerà come la crosta del pane. / Abbiamo il collo duro, la faccia / di terra abbiamo le braccia / di legna secca colore di mattoni. / Abbiamo i tozzi da mangiare / insaccati nelle maniche / delle giubbe ad armacollo. / Dormiamo sulle aie / attaccati alle cavezze dei muli. / Non sente la nostra carne / il moscerino che solletica / e succhia il nostro sangue. / Ognuno ha le ossa rotte / non sogna di salire sulle donne / che dormono fresche nelle vesti corte.” (4)
 
Carlo Levi, Autoritratto con Rocco Scotellaro e donna lucana. Massimo Rella
Carlo Levi ha scritto la prefazione al volume in cui Oscar Mondadori ha raccolto e pubblicato le sue poesie.
C. Levi, che in Lucania era stato confinato dal regime fascista e che ha suggellato la sua pratica del meridione, della sua gente, nel celebre Cristo si è fermato a Eboli, ha precocemente colto l’originalità e la tempra del Nostro, proponendo l’accostamento corretto.
Perché - bisogna dirlo - ci si trova davanti ad una specie di “momento augurale”. Rocco Scotellaro merita la definizione di “cantore del riscatto meridionale”: dei suoi contadini, verace proletariato delle contrade del sud.
Questi gli addentellati, ad essere più precisi, le sue radici avvinte al mondo dei “sottoposti”, degli sfruttati, dei reclamanti libertà e giustizia. Questa la carta d’identità del credo socialista, misconosciuta ed anche contrastata dai partiti di riferimento (socialista e comunista). Scotellaro fu criticato nelle pagine delle riviste ortodosse ufficiali, sul piano dello stile poetico e sul piano dei canoni teorici del marxismo.
Certo non ebbe solidarietà, quando fu attaccato e dovette subire il carcere (accusa di concussione e condanna nel 1950). Si ha conferma, in questo, della discontinuità con la quale iniziava il cammino la Repubblica italiana, delle trame oscure dello scontro politico e insieme: dell’aggrovigliato processo di emancipazione del mondo agricolo.
Soltanto dalla trasposizione dello scenario si può trovare via di salvezza alle sue battaglie sociali.
Possiamo indicare nel sindacalista Giuseppe di Vittorio, in certo modo, il referente idoneo a dar corpo e continuità alle sue idee.
Nello stesso tempo, però, va evidenziata la svolta che compie il suo pensiero, in direzione di maggiore attenzione alla “cultura popolare”, compiuta quando, al seguito dell’antropologo De Martino, Scotellaro intraprese analisi più mirate sulla forma mentis contadina, sfoggiando insospettabili capacità di sociologo e antropologo. Frutto di questa fase è l’opera che rimarrà incompiuta: Contadini del sud.
Per finire, commento che il recupero di memoria è certamente benvenuto ed anche bene augurante per l’esplorazione della trama compositiva della questione meridionale.
 
Note.
(1) Vedi immagine "Sud è il suo amore".
(2) R. Scotellaro, È calda così la malva.
(3) Idem, Passaggio alla città.
(4) Id, Noi non ci bagneremo.
(5) Oscar Mondadori, Tutte le poesie 2004.
(6) Su Carlo Levi vedi altro post già pubblicato. Anche di lui si può scrivere di trascuratezza e scarso riconoscimento.
(7) In quegli anni fu avviata la riforma agraria dopo occupazioni di terre ed eccidi (Melissa).

2 commenti: