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venerdì 7 giugno 2024

Con la democrazia, la pace.

Partecipazione: impegno e passione per la libertà e la giustizia.
Post di Rosario Grillo.
 
Laika, Viale Casto Pretorio, Roma
Si può dire che la democrazia sta vivendo una condizione di abulia?
“Chi la vive quotidianamente dovrebbe sentirla come un impegno permanente poiché, nonostante la tranquillità di spirito che il vivere libero e civile infonde, la democrazia può sempre decadere: perché le sue procedure e le sue istituzioni non sono come un pilota automatico”: così scrivono Nadia Urbinati e Gabriele Pedullà in Democrazia afascista. La fatidica partecipazione, costituita di impegno e passione per la libertà e la giustizia, sotto certi versi minacciata da “giochi di Palazzo” (1), è seriamente pericolante.
Indubbiamente si deve anche mettere in conto la corrente transizione del potere decisionale agli organi più in sintonia con l’asse della globalizzazione. Nonostante i disperati colpi di coda degli Stati nazionali.
Sale in primo piano, perciò, la responsabilità che sta in capo ad organizzazioni come l’Unione europea. Rimangono scolpiti nella pietra i principi concepiti nel Manifesto di Ventotene, vivificati poi dalla pratica politica di Schuman De Gasperi Monnet. Essi richiedono la democrazia in rinnovata confezione, fondamento di convivenza e presidio di incrollabile libertà.
Oggi, alle soglie delle elezioni europee, invece, non si può non rimanere interdetti davanti all’ultima stagione della gestione delle “cose europee” e non farsi domande sulle implicazioni di certe scelte compiute (2).
Laika, Colomba di Picasso
Un’opinione, la mia, confortata dall’analisi/proposta appena sviluppata dal Forum Diversità e Disuguaglianze, trasfusa nel libro Quale Europa, edito da Donzelli, 2024.
Il forum denuncia le carenze, innanzitutto istituzionali, soprattutto dovute alla spiccata emersione di un respiro politico oligarchico, tinto di austerità, contrario al welfare e nel contempo sensibile alla logica monetarista. In sintesi, alieno dalla giustizia sociale e dalla necessità di una conversione ecologica.
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Contro il vezzo comune di assegnare scarso peso alle considerazioni di un tempo, che hanno il tocco del classico e l’autorevolezza della fonte, voglio servirmi delle argomentazioni avanzate da Robert Musil, nel lontano 1922-24, alla fine del primo conflitto mondiale.
Suffrago la mia scelta con due ragioni. Prima: la vistosa pregnanza della situazione che si era venuta a creare allora nel “ istema-mondo” e nella specifica realtà europea, con lo scoppio del conflitto mondiale e con gli effetti che ne ne erano conseguiti. Seconda: la rilevanza di un testimone come Musil, grande sul piano scientifico e filosofico, impeccabile sul piano narrativo, soprattutto impareggiabile sul piano del metodo.
Laika, Pace
Le sue osservazioni sono trama di tre saggi, oggi raccolti nel libro L’Europa smarrita (3). In essi Musil conduce un discorso critico rivolto alla tesi di O. Spengler (4) e al metodo da lui seguito. Da sociologo, Spengler svolge tutta una serie di analogie e porta avanti il metodo del comparativismo per sostenere la versione biologica di ogni corpo geo-sociale. È un versante scientifico opposto a quello della matematica osservazione del reale, proprio dell’ intellettuale austriaco (5).
Allargando il campo, sono oggetto della critica di Musil i concetti di razza e nazionalismo. Individua l’altra bestia nera nell’idealismo storicistico.
Cominciamo quindi a mettere in chiaro, in fedeltà al suo pensiero, che egli rigetta ogni discorso fondato sull’essenzialismo, per la ragione che da esso si pretende di far discendere una costante invariabile. Scrive Musil : “Non si dovrebbe ritenere sempre che si fa ciò che si è - e lo sa Dio per quale ragione -. Il monaco fa l’abito, ma anche l’abito fa il monaco.
Mio commento: il divenire richiama la storia, ma non la filosofia della storia.
Nella storia, implicitamente osserva Musil, va lasciato spazio alla pianta dell’evoluzione, senza determinismo, e bisogna procurarsi un “navigatore” per non frantumare - e così disperdere - la varietà dei fatti. Nella storia vanno rispettati il pluralismo e la diversità: per farne parti di un edificio coerente e vitale.
Laika, Piazza Verdi, Roma
Significativamente, in un’epoca in cui la tecnologia pianta le sue tende e celebra la sua potenza, egli ne segna i limiti (6).
In cima alle preoccupazioni di Musil si trova comunque la guerra. Per il fanatismo nazionalista che l’ha provocata. Per la forza delle dinamiche psicologiche che è in grado di scatenare. Perché squaderna un peggioramento accentuato tra il prima e il dopo (conflitto). Dalle sue considerazioni possiamo trarre consiglio per ammonire i responsabili attuali (e futuri) dell’Unione europea, affinché riconoscano i valori indiscussi della pace, e, con essi, siano in grado di improntare un nuovo scenario di pace e di dialogo, entro l’Europa e fuori di essa.
 
Note.
(1) Palazzo potrebbe avere una risonanza pasoliniana. In concreto (e per l’attualità) è riferito ad un potere concentrato nelle mani del Finanz-capitalismo.
(2) I parametri possono essere di varia natura, ma nella mia considerazione prevale la fatale inclinazione ad uno spirito non solidale, anzi fortemente segnato di bellicismo.
(3) Edizione Meltemi.
(4) O. Spengler, Il tramonto dell’Occidente.
(5) Ricordiamo Musil come autore de L’uomo senza qualità e de I tormenti del giovane Törless.
(6) Forte, in questo punto, il suo contrasto con le tesi di Junger.
 
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