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martedì 31 ottobre 2017

San Francesco di padre Balducci.

Una rilettura di san Francesco tra istituzione e rinnovamento evangelico.
🖊Post di Gian Maria Zavattaro
🎨Immagini degli affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi.
 
Giotto, Stimmate 
presso il Monte della Verna
“Allora che ne è stato di Francesco? […] Io ho cercato di penetrare, per così dire,  tramite il riferimento al Cristo della Verna, in questa profondità sofferta, escatologica di Francesco d’Assisi. Per me, lo dico subito, rimane una legge, che chi ha una speranza profonda e universale è, in fondo, condannato alla disperazione o alla speranza escatologica. Chi desidera una società fraterna, giusta e in pace, deve portare questa speranza, ma se per caso questa speranza urta nell’insuccesso (quanti ne abbiamo visti!) essa si trasforma in disperazione o in  violenza. C’è nella speranza della totalità una componente implicitamente teologale che si adempie solo nel mistero del Cristo crocifisso, nell’uomo fallito per eccellenza. Noi siamo salvati da un fallimento. Perché la vittoria non è storica, è metastorica. La Resurrezione non è fatto storico in senso proprio. E’ la decisione di Dio che crediamo per fede, ma la storia sembra legata ai ritmi tragici della crocifissione. E il mistero di Francesco  per me è strettamente conforme al mistero di Cristo. Al di sotto di questo vertice inimitabile, ma ricco, nella memoria della fede, di suggerimenti, di aperture, abbiamo il mediocre e deludente accomodamento storico, non c’è dubbio”. (Ernesto Balducci, Tra istituzione e rinnovamento evangelico in Francesco un ‘pazzo’ da slegare, Atti del 40° Corso di Studi Cristiani, Cittadella ed (1° ed. 1983), 3° ed. 1997, Assisi, pp.88-89)  (1)

Lo scritto qui presentato è l’intervento di p. Balducci, sessantenne, al 40° convegno di Cittadella “Francesco un ‘pazzo’ da slegare”, i cui atti sono stati pubblicati nel 1983.
Giotto, Francesco dona il mantello 
al cavaliere povero e decaduto
Francesco, novello “pazzo”, è collocato  su uno sfondo storico dominato da due polarizzazioni che attraversa e trascende: la componente utopica ed infantile  del suo secolo e l’istituzione. Per la prima i riferimenti obbligati sono Gioacchino da Fiore e i  pauperisti (2), che determinano movimenti di grande importanza in quel tempo. Le loro radici sociali stanno nello sfaldarsi dell’ordine feudale con l’emergere dei ceti borghesi e con il loro bisogno di libertà, che si trascrive anche in libertà religiosa. Per la chiesa teocratica, che guarda con sospetto i movimenti sorgenti in nome del vangelo (come i poveri laici di Lione con P. Valdes), ricchezza e potere non suscitano problemi evangelici, sono “segni di benevolenza da parte di Dio e di giusta riconoscenza da parte degli uomini”. L’irrigidimento  teocratico di Innocenzo III, “figura per altri versi grande, dotata di sensibilità per la novità”(3), mira a conservare la vita religiosa secondo moduli del passato e non comprende le professioni dei nuovi ceti che alimentano tra l’altro i movimenti pauperistici (4). 
Giotto, Francesco sostiene il Laterano 
(sogno di Innocenzo III)
Eppure proprio Innocenzo III, che vieta nel Concilio lateranense del 1215 nuovi ordini religiosi con nuove regole, cinque anni prima oralmente approva la forma vitae che Francesco gli espone a voce. “Non si può contrapporre perciò in maniera schematica l’esigenza di rinnovamento evangelico e l’istituzione; tuttavia la dialettica esisteva. Francesco si pose al servizio del rinnovamento della chiesa non accettando la strategia conflittuale dei movimenti pauperistici, ma piuttosto proponendo una forma vitae, un modo di esistere che fosse di per se stesso tanto eloquente da convertire, da mutare la Chiesa e anche in qualche modo inalveare l’esigenza evangelica dei moti pauperistici dentro l’ortodossia”(5). Non polemizza mai contro la Chiesa ma nemmeno contro gli eretici, scegliendo però “una forma di vita in cui era presente un’intenzione di alternativa per la Chiesa”(6).
“Uno potrebbe dire: e oggi?[…] Se io rifletto su di lui con tanto coinvolgimento, è perché sento che in effetti quest’uomo è il luogo storico in cui la luce del vangelo, proiettata sulla storia, risplende di più”(7). 
Giotto, Francesco 
di fronte al sultano
Basta pensare a come si pone dinanzi alle crociate “che costituiscono non solo una prassi della chiesa medievale, ma anche un punto di riferimento quasi costante anche della santità medievale.[...] Francesco è unico nel percepire che la chiesa dell’onnipotenza, quale era quella teocratica, con l’impresa delle crociate si poneva al di là della vita evangelica. La sua era una proposta alternativa del modo di esser Chiesa”(8).
Altrettanto alternativa è la sua povertà che si intreccia fino a confondersi col discorso sulla Chiesa: povertà che Francesco amò con occhi nuziali (“come bene ha visto Dante che pure non ha capito molto di Francesco, mi permetto di  dire)”, proposta nella sua vita e nella vita dei suoi come apostolica vivendi forma. In lui la teologia è nei suoi gesti.   
Alternativo è il suo vivere il vangelo come unica regola di vita. Nel 1216  papa Innocenzo, a Perugia  per incentivare la mobilitazione della crociata, promette un’indulgenza plenaria a chi vi parteciperà. Francesco viene e gli chiede la grazia dell’indulgenza plenaria della Porziuncola a chi pregherà a certe condizioni in S. Maria degli Angeli. Qualcuno suggerisce al papa di stare attento, perché era un modo di sabotare la crociata.
Giotto, Innocenzo III approva oralmente 
la Regola di Francesco
Ma proprio in quei giorni improvvisamente Innocenzo III muore e di notte la salma è lasciata nella chiesa; entrano i ladri e la spogliano di tutto. Sic transit gloria mundi è il commento del cronista Giacomo di Vitry. A concedergli con una bolla l’indulgenza è il successore Onorio III, “uomo molto pio, umile e povero anche personalmente, ma dal punto di vista dell’ideologia in linea di continuità con il predecessore”. Francesco se ne va tutto contento senza il documento ed alle rimostranze del papa risponde che non gli importa. “Era fuori della linea dei documenti, che è la linea della storia, come voi ben sapete. E’ la follia di Francesco. Questa indulgenza fu concessa, per così dire, a voce, come avrebbe voluto far sempre Francesco. I documenti, Gesù non li iscrisse mai”(9). E’convinto che l’unica regola della vita religiosa deve essere il vangelo, sine glossa.
Giotto, Onorio III ascolta 
la predica di Francesco
Alternativa è la fraternità cristiana. Così commenta p. Balducci le pagine di Celano sull’incontro pacifico tra Francesco ed il sultano Al-Malik al-Kamil (10): “Qui siamo tutti convinti che la fede implica il rispetto dell’uomo, implica il dialogo tra le fedi religiose, implica perfino la convinzione che le vie della salvezza sono incomprensibili e passano anche al di fuori dei confini della Chiesa. Ma questa è saggezza postuma. In Francesco questa sapienza parve follia”(11). 
Intanto l’Ordine si è ingrandito: nel 1221 ha 5000 membri. Francesco è  preoccupato e pure, ma diversamente, l’amico card. Ugolino, che insiste per una regola scritta. Francesco cede. La prima stesura non piace “perché faceva troppo affidamento alle ispirazioni soggettive: “Come lo Spirito santo ispirerà…”. La seconda redazione conserva molti valori della prima regola, ma abbandona di fatto la primitiva  forma vitae.
Giotto, Francesco 
rinuncia ai beni terreni
Tornato dalla Terra Santa, si reca a Bologna e scopre che i frati avevano una casa, “casa dei fratelli”, contro le disposizioni delle regole. Ugolino gli spiega che sono poverissimi: la proprietà è sua e i frati ne hanno solo l’uso. ”Il diritto entra sottilmente nella intuizione creativa e l’annulla! E infatti da allora in poi la storia della povertà francescana è tutta legata a questa distinzione fra il titolo di proprietà e l’uso”(12): francescani poverissimi, che non hanno nulla, ma con strutture e strumenti che Francesco voleva non avessero. 
Francesco non protesta, non contesta, ma abbandona ogni potere dell’Ordine, nel Sacro Speco si conforma al Cristo che si materializza nelle stigmate, “uscendo in qualche modo dalla storia, meglio, consegnando alla storia del futuro qualcosa che il presente non poteva accettare. Ecco perché, a rigore, secondo me, il tempo di Francesco d’Assisi comincia ora” (13). La fede è anche “memoria penitenziale” dei punti caldi del passato in cui fiorisce l’esigenza evangelica e “lo Spirito apre spiragli nella storia e rimanda al futuro ciò che non è adempiuto”(14).
Giotto, Morte 
di Francesco
Nel ‘fallimento storico’ di Francesco simultaneamente compaiono  ”da una parte il ritmo ineluttabile della necessità storica su cui sarebbe importante riflettere di più; dall’altra parte la vanità nel voler realizzare nella storia tutto lo spessore dell’utopia senza pagar tributo. Questo totalitarismo porta al delirio della fine dei tempi, che è una caratteristica perfino dei nostri giorni” (15).
Per Balducci l’inestimabile singolarità di Francesco “appartiene al futuro che noi stiamo creando”. Ancor oggi è un pazzo da slegare. Da che cosa? “Dalle bende, perfino dalle leggende, perfino dalla sua santità, diremo così, collocata nella nicchia. E’ un santo da far ricircolare, perché nel suo modo di avvertire una Chiesa diversa e di volere testimoniarla (andando di casa in casa a dire: pace a questa casa) non c’è soltanto una mirabile espressione delle possibilità umane scritte nel passato, c’è uno spezzone di futuro” (16).
E per noi del 2017 forse anche uno spezzone del presente: espressione di una strabiliante attualità che mi richiama il volto, il sorriso, i gesti conviviali, le parole, le scelte e le azioni inequivoche ("la Chiesa povera e per i poveri"!), la speranza del nostro Jorge Bergoglio divenuto Francesco papa (17), anch’egli “tra istituzione e rinnovamento evangelico”.
  
Note.
(1) Padre Balducci -  il cui intervento  Tra istituzione e rinnovamento evangelico” è raccolto in  FRANCESCO UN ’PAZZO’ DA SLEGARE, Atti del 40° Corso di Studi Cristiani, Cittadella ed (1° ed. 1983), 3° ed. 997, Assisi, pp.70-90 -  è simpliciter  presentato a p. 5 quale  “docente di Storia e Filosofia – Firenze”.  Per approfondire, leggere  di p. Balducci Francesco d'Assisi (S. Domenico di Fiesole, Fi, ECP 1989) o Francesco d'Assisi, Fi, Giunti ed. 2004). Mi piace altresì citare di Ernesto Balducci, Io e don MiIani (ed. S. Paolo 2017) che raccoglie  vari scritti ed interventi di Balducci sul “caso Milani”, citato ampiamente   in questo blog nel  post  “Don Milani l’uomo  del futuro” .
(2) ) Il tema della pazzia di Francesco si può registrare nelle pagine di Gioacchino (che muore nel 1202, anno  in cui Francesco  è prigione a Perugia), quando parla delle tre età del Padre, del Figlio, dello Spirito  santo. Le tre età sono rispettivamente caratterizzate da: età della legge della grazia – della  grazia su grazia; della conoscenza – sapienza - perfetta intelligenza; della  obbedienza servile - obbedienza filiale - , libertà; dei flagelli - azione - estasi della contemplazione; del timore – fede – amore; degli schiavi – liberi – amici; dei vecchi – giovani – fanciulli; della stella – aurora – meriggio; del rigore invernale . primavera – estate; delle ortiche – rose con spine – candidi gigli; delle erbe – spighe – grano; dell’acqua – vino – olio; della settuagesima – quaresima – pasqua. Cfr o.c., pp. 71-72.  Del movimento pauperista Balducci cita i flagellanti di Raniero Fasani a Parugia e a Parma Gerardo Segarelli “che fece un gesto da pazzo (vende tutto ciò che ha e dà i soldi a ragazzi che giocavano)”  
(3) “Innocenzo III è il papa dello sterminio degli albigesi ed è il papa delle Crociate. Quella del 1201, comicamente fallita… E poi quella in cui Francesco in qualche modo sarà coinvolto” cfr. p.74.
(4)  “Tessitore” voleva dire “eretico”: “i tessitori, i sarti, i calzolai, questi artigiani che davano vita nella città ad attività non previste nell’assetto rurale del mondo antico, i commercianti in particolar modo, si trovavano facilmente fuori legge anche dal punto di vista ecclesiale, perché la loro professione, la loro attività artigianale non era nei quadri prestabiliti. Nell’ordine feudale erano previsti i lavoratori della terra. Qui abbiamo il ceto borghese nello stato nascente, evidentemente non come le malefatte del ceto borghese del secolo  ventesimo” (p.73).
(5) o.c., p.75.
(6) Ai primi compagni di  Francesco non è consentito essere preti, “perché in quel contesto significava essere integrati nella chiesa dominante, non esser più dei minores”.  o.c., p.76.
(7) o.c., p.76
(8) o. c., p.77.  
(9) o.c., p.79.
(10) veda per una breve sintesi della vicenda in questo blog il post "Coesistere per resistere".
(11) o.c., p.82.
(12) o.c., p.85. I francescani diventeranno preti e i laici entreranno  solo come servitori dei preti; secondo Francesco non dovevano essere  cardinali e diventarono cardinali, persino inquisitori. Questo dopo pochi anni: "l’istituzione assimilò il francescanesimo". Cfr, p.89.
(13) o. c., p.85.
(14) o.c., pp. 84-5.
15) o.c.,p.90. Nel dopo-francesco l’eredità è contesa da due correnti, mentre  i compagni della prima ora di Francesco  non parteggiano per alcuna,  si ritirano in silenzio negli eremi dei dintorni, rispettando alla lettera il TESTAMENTO di Francesco (“senza fare né lite né questione”).   La prima corrente è  quella dell’accomodamento istituzionale che trova i suoi corifei in papa Gregorio IX (che canonizzò Francesco “e così egli entrò in pieno nell’istituzione”) e S. Bonaventura  (“Sarà santo Bonaventura, ma insomma, metterlo accanto a Francesco per me è quasi insopportabile.  Però io credo che abbia agito con lume, con saggezza, anche  se  l’emergenza evangelica di Francesco, dentro gli accomodamenti dell’istituzione, è caduta”:p.89) che, quale generale del’Ordine francescano, ordina di  bruciare tutti gli scritti su s. Francesco e scrive “la legenda,  la vita di Francesco, che doveva rimanere quella ufficiale, quella normativa” (idem). La seconda è quella dei francescani intransigenti che intendono vivere secondo la primigenia forma vitae e che finiscono per rifugiarsi  nello slittamento apocalittico,e “in un sogno individualistico che è la negazione della storia presente e una conflittualità frontale contro l’istituzione” (cfr. p.90).Per un approfondimento si vedano i due saggi su S,Francesco di Balducci citati nella nota (1), inoltre di  Chiara Mercuri, Francesco d’Assisi la storia negata, Laterza, Bari, 2016.
(16) o.c., p.90
(17) Si veda in questo blog il post “J.M. Bergoglio e la scelta del nome Francesco”.

8 commenti:

  1. Interessante... Grazie! Buona giornata.

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  2. Molto umilmente anche io: "sento che in effetti quest’uomo è il luogo storico in cui la luce del vangelo, proiettata sulla storia, risplende di più”.
    La sua "follia" mi lascia confuso e ci penso su dal post "San Francesco di Nietzsche e di Giotto. Da meditare il concetto di vittoria metastorica e l'essere per il futuro.

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    1. Caro Gianni ci associamo al tuo "molto umilmente". Anche noi affascinati e insieme confusi dalla follia di Francesco che continua ad interpellarci. Grazie. Un grande abbraccio, Gian Maria e Rossana.

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  3. Interessantissimo. Mi ha colpito in particolare la parte rel. al 'fallimento storico’ di Francesco in cui simultaneamente compaiono ”da una parte il ritmo ineluttabile della necessità storica su cui sarebbe importante riflettere di più; dall’altra parte la vanità nel voler realizzare nella storia tutto lo spessore dell’utopia senza pagar tributo". Molto intense anche le considerazioni iniziali: "Chi desidera una società fraterna, giusta e in pace, deve portare questa speranza, ma se per caso questa speranza urta nell’insuccesso (quanti ne abbiamo visti!) essa si trasforma in disperazione o in violenza. C’è nella speranza della totalità una componente implicitamente teologale che si adempie solo nel mistero del Cristo crocifisso, nell’uomo fallito per eccellenza. Noi siamo salvati da un fallimento. Perché la vittoria non è storica, è metastorica."
    Grazie. Un gioiello di scritto. Ovviamente un grazie postumo a mons.Balducci.

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    1. Riscoprire queste pagine, proferite (come sapeva fare lui) e poi scritte 35 anni fa da p. Balducci con intensa lucidità ed accorata passione, anche per me è stato quasi la grazia di un esercizio spirituale e - perché no? – segno di una reale consistenza, per quando invisibile, del mistero della comunione dei santi in dialogo con il nostro mondo e la nostra inquieta ricerca. Grazie di cuore nel giorno di Tutti i Santi.

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  4. Un post ricco di notazioni ( non dimenticare le note, che sono un corredo scientifico puntuale e arricchente).
    Tagliando drasticamente, in Francesco ( e in Balducci, come in don Milani ) si rappresenta la dialettica tra “forma vitae “ ed istituzione ( regola con ordine monastico).
    Il contesto storico era pieno di fermenti ed aspettative. Un po’ come tutto lo scenario sociale. La Chiesa conosce li’ la sua “ anima scissa” : tra ordine storico che comporta, al momento, potere temporale, e istanza ascetica.
    Il Cristianesimo autentico, bisogna dirlo, è l’incarnazIone, quindi “ forma vitae”.

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    1. Caro Rosario, l’”anima scissa”! Hai colto il punctum dolens. Aggiungerei anche la nostra anima scissa, la mia quotidianamente divisa tra volontà volente e volontà voluta. Importante il tuo abbraccio tra Balducci e don Milani: Adele Corradi – la professoressa che aiutò don Milani a Barbiana dal 1963 in poi – dedica il suo libro di ricordi (non l’ho sottomano, come sai) tra gli altri in particolar modo a don Balducci, che secondo lei è stato quello – aggiungo: non a caso – che ha detto e scritto le cose migliori, più autentiche e più vere di don Milani. Un caro saluto in questo giorno particolare.

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