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venerdì 9 agosto 2019

Cancellare per salvare. Emilio Isgrò.

Rovesciare il tavolo, come io feci con le cancellature, non significava distruggere la parola, ma salvaguardarla per tempi migliori: per quando, cioè, la capacità di riflettere si sarebbe finalmente saldata alla necessità di creare (Emilio Isgrò, "Autocurriculum", Sellerio, Palermo 2017, p. 89).
Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Emilio Isgrò (per gentile autorizzazione). Qui il sito.

Emilio Isgrò, 
Libro cancellato, 1964
Emilio Isgrò e la parola. Afferma Pascal: “I nostri sensi non percepiscono nulla di ciò che è estremo: il troppo rumore ci assorda, la troppa luce ci abbaglia, troppa distanza e troppa prossimità impediscono la vista, troppa lunghezza e troppa brevità del discorso lo rendono oscuro...” (Pensieri, 72). La notazione riguarda ogni dimensione esistenziale e si applica in modo particolarmente efficace nell'ambito della comunicazione odierna. 
Il troppo non permette di riconoscere più nulla. Una marea di immagini produce assuefazione e incapacità di vedere.  Un profluvio di parole impedisce di leggere o ascoltare, rendendo vano il discorso.  Per salvare la comunicazione è necessario eliminare l’eccesso, scarnificare il linguaggio, come fanno i pittori e i poeti. La visione e la parola allora diventano nuovamente significative, parlano davvero, riemergono dall’abitudine dello sguardo e dal rumore di fondo. In questo orizzonte si pone il gesto artistico delle cancellature di Emilio Isgrò, artista siciliano di fama internazionale che ha fatto del linguaggio della cancellatura l’idea portante di tutta la sua produzione. In particolare la crisi del linguaggio verbale ha costituito il motivo ispiratore delle cancellature.

Emilio Isgrò, 
Poesia Jacqueline, 1965
L'avverarsi di un'idea. Isgrò ha iniziato a cancellare già dal 1964, in polemica con la Pop art e l’immagine seriale, infinitamente riprodotta. Eloquente, in particolare, è la freccia che indica una figura eliminata, dove si comprende bene come il togliere divenga un modo per potenziare. Oggi lo svuotamento del valore comunicativo dell’immagine, ma soprattutto della parola – col rischio di una vera e propria “morte della parola” – rende tanto più veritiero ed efficace il suo messaggio.
L’uso dei social, infatti, tende ad andare nella direzione della progressiva eliminazione delle parole, secondo un percorso che va da Facebook e Twitter a Whattsapp e Instagram (per fare solo alcuni nomi, nel vasto mare della rete). I primi - Facebook e Twitter - permettono la condivisione di pagine (tratte da riviste, blog, giornali), con uno sviluppo del pensiero, e la pubblicazione di post articolati. Certo i due suddetti social possono essere usati in tanti modi, anche criticabili (si pensi solo all’uso politico seduttivo di Twitter), ma sono potenzialmente in grado di funzionare come validi strumenti di conoscenza e di diffusione culturale. 
Emilio Isgrò, Prologo degli Evangelisti 
secondo Johann Sebastian, 1985
E tuttavia Facebook e ancor più Twitter sono ormai social poco frequentati dai giovani i quali prediligono altre piattaforme: Instagram per esempio. In esso il discorso argomentato scompare del tutto, lasciando spazio quasi esclusivamente all’immagine. Non c’è possibilità di rimandare ad un link, di sviluppare un pensiero. Le stesse “storie” composte da poche proposizioni hanno la durata effimera di un giorno. Proprio la struttura del social – che ha grande successo e asseconda quindi una tendenza (tanto che Facebook ha inserito a sua volta le storie) – va nella direzione della negazione della parola per lasciare spazio solo al flusso delle emozioni, affidate a immagini, video, slogan.

I significati del gesto. Cancellare è un’operazione di sottrazione, che presuppone l’esistenza di ciò che viene cancellato e non è quindi la semplice riduzione all’inesistenza. Lo sa bene la psicanalisi che cura riportando a galla  – a livello della coscienza – ciò che è stato cancellato. Acquisire consapevolezza del rimosso - che continua ad agire a livello inconscio provocando sofferenza psichica - è la via da seguire.
Emilio Isgrò, 
Enciclopedia Treccani, 1970
In modo analogo l’atto di Isgrò mette in scena il processo della cancellazione di un testo – dai Promessi sposi alla Costituzione, dall’Enciclopedia Treccani al Cantico delle creature - per rendere l’osservatore consapevole degli effetti distruttivi di una deprivazione del linguaggio (e quindi del pensiero) che destina l’individuo e l’intera società alla manipolazione e all’asservimento. Ancora una volta l’assenza della parola, provocata dal segno nero tracciato sullo scritto, diventa il modo più potente per evocarne la presenza.
Ma cancellare vuol dire anche eliminare del tutto. Togliere l’esistente per poter ripartire. Isgrò ha utilizzato le sue cancellature come segno di un impegno civile: avere il coraggio di eliminare e tagliare vuol dire aprire la strada a nuove possibilità, a mondi inesplorati. Perciò l’atto ha una valenza politica. Se si vuole avere speranza si deve cancellare ciò che non ha valore, in maniera radicale.

Emilio Isgrò, 
Forse Gesù, 1991
I costruttori di futuro. In questa direzione la cancellatura assume addirittura una portata profetica, come si vede ne il Cristo cancellatore. I grandi precursori sono personalità capaci di spezzare il tempo per dare avvio a nuovi inizi. In particolare la figura di Gesù è interpretabile alla luce della cancellazione (del male, del peccato, della tradizione…), come risulta da molti luoghi evangelici: non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo (Gv 12:47);  Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato (Mc 2:27); Voi avete udito che fu detto... Ma io vi dico... (Mt 5:43-44).
Spesso, infine, i grandi innovatori sono anche coloro che la storia ha voluto cancellare… (quindi il termine è veramente molto ricco di risonanze).

La filosofia e gli insetti di Isgrò. Api (impollinatrici, simbolo della cultura), formiche (piccole creature che possono essere facilmente schiacciate), farfalle e scarafaggi sono gli insetti che compaiono in molte opere. Essi rappresentano la natura nel suo rapporto complesso con la cultura, hanno la funzione di arginare la  ὕβρις di ogni opera umana, compresa quella dell’artista, portatore di messaggi alati. 
Emilio Isgrò, 
Algebra, 2010
L’arte concettuale, intesa come esercizio filosofico tradotto in gesti, non conduce Isgrò ad ergersi al di sopra degli altri - ben sapendo come la fredda intelligenza abbia prodotto storicamente mostri disumani, privi di qualsiasi sentimento di pietà  - ma a trovare piuttosto il suo limite autoironico e benevolmente lieto nel riconoscimento di una natura che affratella tutte le creature, anche le più piccole. In conclusione domina la saggezza della misura, nella consapevolezza - come si diceva all’inizio - che “troppa luce abbaglia”.


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9 commenti:

  1. La nostra sintonia è piena! Ho in mente un post che andrò a scrivere sul destino della parola ed ecco la sorpresa di questa ricca e pensosa presentazione di Emilio Isgro’ ( un siciliano, un barcellonese addirittura a due passi dal mio paese natale), artista che scopro adesso.
    Oltre ad essere aderente alle problematiche del presente, la sua opera offre ricchi spunti di riflessione. Tu, Rossana, accompagni e conduci il discorso con proprietà e ricchezza di rimandi. Grazie!

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  2. La Sicilia è veramente terra di grandi fioriture letterarie, artistiche, filosofiche. Quello che attrae in Isgrò è proprio la valenza filosofica e poetica della sua arte, capace di generare pensiero, di liberare la potenza della parola. Anche la personalità - come si nota nei video e nel ricco materiale presente in internet: interviste, mostre, incontri - è poliedrica e di grande spessore. Oggi più che mai abbiamo bisogno di "fare rete" in termini culturali. Un grande abbraccio.

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  3. Provocatorio, complesso, incisivo e ironico Isgrò!!!
    Grazie, Rossana, di questo post così ricco di riferimenti e corredato anche dai due video.
    Tante potrebbero essere le osservazioni. Mi soffermo solo sul discorso relativo all'odierna crisi del linguaggio verbale e alle cancellature, al togliere per potenziare. E mi vengono in mente i famosi versi ungarettiani della poesia "Commiato":
    "Quando trovo / in questo mio silenzio / una parola /scavata è nella mia vita / come un abisso."
    Un abbraccio!!!

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    1. Proprio così: la parola poetica ("che è poi la parola umana per eccellenza" come dice lo stesso Isgrò nel suo già citato autocurriculum) vive di questo scavo, di questo "cancellare" che purifica dalle scorie del linguaggio.
      Oggi mi ha scritto - a questo proposito - una giovane insegnante amica, dicendomi di avere giocato, insieme a una sua collega, sulle cancellature di Isgrò "per ricostruire le poesie e dare nuovi significati alle parole". Mi è sembrato molto bello: ancora una volta la scuola intelligente e vera ha un ruolo insostituibile. Un caro abbraccio e grazie del tuo commento, sempre acuto.

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  4. Grazie. Isgrò è una figura interessante, che unisce nel suo lavoro filosfia e arte.

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    1. Sì, l'arte di Isgrò è carica di pensiero e - mi viene da aggiungere - quanto abbiamo bisogno, oggi, di suscitatori del pensiero. Un caro saluto.

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  5. Cara Rossana, grazie di queste riflessioni assai suggestive e intriganti, che condivido pienamente. E grazie per avermi 'presentato' un mio conterraneo, Emilio Isgrò, che non conoscevo. Buon tutto.

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  6. "L'arte, praticata saggiamente, dà più libertà della ricchezza": affermazione su cui riflettere ... ancora grazie!

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    1. L'arte, così come anche - credo -, la filosofia, la poesia, la cultura...Un caro abbraccio.

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