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mercoledì 28 agosto 2019

Ci vuole un "nuovo Rinascimento".

La cura e l'educazione del linguaggio - possesso della parola - come via per una rinascita.
Post di Rosario Grillo
Immagini delle opere di Paul Klee (1879-1940).

Paul Klee, Perso
Ritorno sulla “torre di Babele” (1), un po’ per registrare il decadimento della parola, un po’ con la speranza di smuovere ad un “ritorno alle origini”.
Nuovo Rinascimento potrebbe essere, se si concepisse come: il ritorno alle origini. (2)
La mia istanza parte dalla constatazione di un abbrutimento - in gran parte con la forma di uno slang, insieme social e giovanile - del linguaggio, sviato dalla sua vocazione naturale.
Sappiamo bene che, nella storia, il linguaggio ha voluto e saputo piegarsi alla funzionalità, mantenendo ben ferma la “bussola” del significante primo: nominare gli enti. Ed è appunto qui che s’innesta il verso biblico della Genesi 2, 19-24 che, senza forzature, si presta ad essere comparato a molti altri episodi delle tradizioni antiche.
A chiarimento e come monito/esortazione, metto in nota l’articolo che porta a riflettere sulla brutta caduta di stile del lessico giovanile, ormai scaduto in un insieme di parole mozze: codice identitario che segna una netta frattura generazionale.
Paul Klee, Oh! Questi rumori!
Si può resistere alla tendenza? Si deve! E la scuola ha qui un preciso compito.
La “adequatio res ad nominem” ci urta, svegliandoci da ogni torpore.
Il lessico “decaduto” collima con un andamento reale, frenetico e superficiale, lontano da ogni cadenza riflessiva e dimentico della capacità evocativa. Su di esso esercita forte pressione sia il tempo velocizzato della comunicazione web sia l’utile economico, rendendo criterio dominante il successo individuale. (3)
Ebbene, già si è detto (4), che il tempo veloce ci allontana dal “sapore della vita”, dai sentimenti con i quali partecipiamo al “corso delle cose”, dalla vibrazione poetica, da noi stessi.
Ecco la ragione ineluttabile del “non possumus”, del rifiuto che dobbiamo opporre alla simbiosi viziosa. Ed è una “coscienza tetragona”, “resistente”, davanti ad un andazzo che non ci fa scorgere altri orizzonti.
Una panoramica.
È stata continua, nel succedersi della ricerca intellettuale sia da angolazione letteraria sia nel seno della speculazione filosofica, l’attenzione prestata alla problematica linguistica, sul presupposto della natura comunicante degli esseri umani e con l’esigenza di distinguere il codice scientifico e la forma letteraria. Così, dopo aver accennato alla scelta ragionata, nella sorgente della filosofia occidentale, del dialogo come via privilegiata alla “indagine della verità” (Socrate - Platone), menziono la pregnanza della questione degli universali, oltre la stretta misura logico-metafisica-epistemologica. 
Paul Klee, Nuova armonia
Significativa la stagione, distesa dal Rinascimento alla filosofia delle Accademie settecenteshe, della caratteristica universale: nodo strategico per consentire un “passo universale” al sapere.
Feconda ed emblematica infine la stagione della prima metà del Novecento, quando sollecitazioni venivano da nuove scienze come la psicanalisi e da nuovi linguaggi nelle arti e nella letteratura.
Scelgo un autore simbolo, tra tutti: Wittgenstein.
Dal decorso del suo filosofare, nel quale era primario il tema linguistico, ci si accorge che l’attenzione del prudente viennese (5) si va allargando dai “giudizi di fatto” ai “giudizi di valore” per precisare che, nella gamma dei secondi, si distinguono i giudizi di valore relativo dai giudizi di valore assoluto. Questi ultimi sono presenti nella Estetica e rinviano più che all’intento gnoseologico all’uso pratico. Riprendono il campo semantico di espressioni, quali: buono, bello... e confinano con la gestualità. (6-7)
Conclusione.
Gli ultimi appunti rafforzano la diffida, che ho cercato di argomentare, dell’uso amorfo e soprattutto qualunquista del linguaggio, con la conferma della nobile degnità (8) che ad esso appartiene.

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✱Note.
(1)  Rinvio al post, pubblicato in questo blog, sulle letture della “torre di Babele”.
(2)  In questa luce, metto in chiaro che qualsiasi “ritorno alle origini” non è mai capovolgimento del senso del cammino storico, ma rimpinguamento con “lo spirito delle origini” di una realtà presente, a rischio di decadenza. Nello stesso tempo, voglio accennare alla tensione che gli intellettuali del Rinascimento, a cominciare da Erasmo, provavano verso una comunità linguistica fortemente coesa (consiglio di leggere All'ombra della torre di Babele)
(3)  Purtroppo ha preso il sopravvento nella politica, sintonizzandosi con la “bravura” retorica di certi leader politici e l’immediatezza del Twitter, eliminando il gran momento del confronto dialettico e della dialogicità.
(4)  Rimando ai post di Gian Maria e miei dedicati al filosofo Byung Chul-Han, che acutamente ha disquisito sulla “disumanizzazione” intrinseca al presente stato culturale.
(5) Dico prudente  per rappresentare la natura riservata ed insieme l’equilibrio della sua indagine senza sosta.
(6)  Di recente Rossana ha confrontato Wittgenstein con la gestualità di Arlecchino (post presente nel blog)
(8)  Uso degnità nella accezione vichiana, che a me sembra opportuna.

3 commenti:

  1. Un grazie immenso a Rossana, che ha scovato il cuore del post, rendendolo con l’arte di Paul Klee. “ Vicino all’invisibile “ : il linguaggio, in tutta la sua gamma, si aggira in questa altezza. 🎈🌹🌈

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  2. Caro Rosario, in questo mondo che pare rinnegare la sua storia ed i suoi valori, condivido la tua rigorosa reazione di fronte sia alla degradazione della politica sia alla degradazione del linguaggio, il che significa in concreto “desolazione dell’uomo senza dimensione interiore, incapace di incontri” (Mounier, 1935), degradazione di tutti, uomini e donne, preda del nichilismo contemporaneo segnato dal monologo e dal rifiuto del significato. Non resta che un “nuovo rinascimento”. Mi pare di sentire ancora il giovane Mounier, non a caso ad entrambi caro, nel suo primo editoriale su Esprit. Non sono più giovane, e forse neppure tu, eppure il richiamo al nuovo rinascimento, cioè ad un capovolgimento totale, che necessariamente deve partire da una “conversione” interiore, mi pare l’unica strada, ardua ed insieme affascinante, per ricostituire una società intorno ai bisogni autentici delle persone e per purificare il linguaggio dalla malattia mortale del nichilismo, ormai divenuto banalità quotidiana, ricorrendo alla comunicazione e relazione, il fondamento dell’esistenza, dove la parola ha il suo punto di partenza nel dialogo.

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  3. Facebook mi ha ripresentato il post a distanza di due anni e così mi dà modo di ovviare ad una lacuna: la mancata replica al bel commento di Gian Maria ( lo attribuisco alla concitazione del rientro, perché quello è il tempo del mio abituale ritorno dalla Sicilia).
    Infinite grazie devo esprimere a Gian Maria per il suo bel commento, che mi onora al di sopra dei miei meriti. Il tema toccato - questo sì - resta centrale e si annoda attorno alla grave crisi culturale che stiamo attraversando, che nel “ nichilismo corrosivo “, come tu indichi, ha la sua sorgente alimentatrice. GRAZIE🫂🎆

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