Gli incendi che stanno devastando le foreste (Siberia, Amazzonia...) addolorano tutti coloro che hanno a cuore il destino della terra e ci spingono a proporre questa riflessione.
Post di Gian Maria Zavattaro.
E' peggio che villano, è criminale infliggere una ferita non necessaria all'albero che ci nutre o ci protegge.
I vecchi alberi sono i nostri genitori, e forse genitori dei nostri genitori. [...]
I vecchi alberi sono i nostri genitori, e forse genitori dei nostri genitori. [...]
Guardati dall'uomo che abbatte un albero per raggiungere i frutti!
(Henry David Thoreau, Ascoltare gli alberi).
Incendio del 2013, Foresta nazionale in California. |
Nella cultura attuale si scontrano, senza possibilità di incontro, due visioni del mondo antagoniste. Una, di gran lunga dominante, è “il principio Babilonia”, così definito da Enrique Dussel (1): la morale sociale della dissipazione, distruzione, desolazione della terra che segna tutti noi con un marchio che rischia di divenire indelebile (cfr. Apocalisse 8, 7).
Fumo che oscura il cielo, nell'incendio del 2016 in California. |
Il principio Babilonia è la concezione strumentale della natura, separata dall’uomo. E’ l’atteggiamento predatorio che lo stesso linguaggio entrato in uso comune sembra emblematicamente sottolineare (il suolo “si sfrutta”, le montagne sono “soggiogate”, i fiumi “regolati”, “si penetra nelle foreste vergini”…): linguaggio maschilista che da tempo ha prodotto la giusta collera dell’ecofemminismo.
Fumo che oscura il cielo, nell'incendio del 2016 in California |
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Pubblicato il 27 luglio 2019
Pubblicato il 27 luglio 2019
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Il nesso uomo - società - ambiente
non è solo un problema politico o economico ma coinvolge i valori essenziali
della vita umana.
Oggi è il tempo di nuove proposte in nome dell’etica della responsabilità.
Ma questa espressione è molto vaga e deve essere chiarita: chi è responsabile? Di fronte a chi e di che cosa? Verso i propri simili e per il tempo dell’umanità che si intravede? Verso le future generazioni? Verso i propri contemporanei è indiscutibile; verso le generazioni future è più problematico perché la responsabilità è per definizione personale e non un generico auspicio collettivo del rispetto. L’etica del dovere, della pietas, dell’empatia come partecipazione alla sofferenza di un’altra creatura, come solidarietà, è un impegno ed una scelta del singolo, di ognuno di noi. Questo impegno è il segno del nostro futuro ed insieme l'unica garanzia che ci può preservare dal pericolo, ricorrente e permanente, di un mondo che in ogni momento potrebbe rivoltarsi e travolgerci.
Alla fine degli anni ’80 Dussel lanciava un
monito ed una possibile via di salvezza coerente con il suo “principio
Gerusalemme”: ”La natura, la terra, la sua biosfera ed atmosfera, le sue acque
sono ferite a morte. L’incremento distruttivo non è lineare, ma organico, cioè
le regioni centrali resisteranno meglio alla crisi; la periferia, le nazioni
povere, moriranno prima. La crisi è mondiale, ma i responsabili politici
economici e militari del sistema distruttivo della natura sono oggi nel mondo
le potenze sviluppate del centro perché inquinano la terra per più del 90%, pur
rappresentando solo il 30% della popolazione mondiale. […] Non sarà che modelli
di relazione uomo-natura più poveri, meno distruttivi, meno consumistici, più
economici, più pazienti, più popolari, più rispettosi della terra, potranno
sorgere soltanto in seno a quei popoli nei quali il grado di contraddizione
tecnologica non è ancora arrivato al livello raggiunto dal capitalismo centrale
avanzato? Non sarà che la rottura del sistema distruttivo si effettuerà solo
quando verranno ridefinite le relazioni persona-persona? Se i popoli periferici
si libereranno, questo non produrrà un’inversione di tendenza non solo nella
relazione Nord-Sud, ma anche in quella uomo-natura persona?” (2) A più di
trent’anni di distanza che cosa rispondere oggi?
Oggi è il tempo di nuove proposte in nome dell’etica della responsabilità.
Ma questa espressione è molto vaga e deve essere chiarita: chi è responsabile? Di fronte a chi e di che cosa? Verso i propri simili e per il tempo dell’umanità che si intravede? Verso le future generazioni? Verso i propri contemporanei è indiscutibile; verso le generazioni future è più problematico perché la responsabilità è per definizione personale e non un generico auspicio collettivo del rispetto. L’etica del dovere, della pietas, dell’empatia come partecipazione alla sofferenza di un’altra creatura, come solidarietà, è un impegno ed una scelta del singolo, di ognuno di noi. Questo impegno è il segno del nostro futuro ed insieme l'unica garanzia che ci può preservare dal pericolo, ricorrente e permanente, di un mondo che in ogni momento potrebbe rivoltarsi e travolgerci.
Incendi nelle contee di Yolo e Napa in California, 2018 |
La terra non appartiene all’uomo, è
l’uomo che appartiene alla terra.
Qualunque cosa capita alla terra, capita
anche ai figli della terra.
(Messaggio di Capriolo Zoppo della tribù di
Duwamish
al presidente degli USA Pierce, 1854).
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Pubblicato il 21 agosto 2019
Pubblicato il 21 agosto 2019
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Note.
1.
Enrique Dussel, Etica comunitaria,
Cittadella editrice Assisi, 1988. cfr. in particolare i capitoli 3° (Morale sociale vigente:“il principio
Babilonia”); 5°(Etica comunitaria:“il principio Gerusalemme”);
18° (Etica ecologico-culturale).
2. o.c., p.216.
Disastroso, tutta la vita sul pianeta ne pagherà le conseguenze!
RispondiEliminaVerissimo! A noi resta la responsabilità di non chiuderci nel silenzio, per non esserne complici.
EliminaGrazie Gian Maria, Rossana e Rosario per le vostre riflessioni!
RispondiEliminaGrazie di cuore, a nome anche di Rossana e Rosario.
EliminaIl titolo ,molto forte, è giustificato dalla questione indagata, che, come risulta nell’analisi, va oltre il piano teorico : nasce indubbiamente dal Male. Perché deturpare, distorcere ciò che è venuto dalla Mano del Creatore, non può che essere Male ( in coerenza con l’essenza del male ). Giustizia, Umanità, Comunità, Prossimità, Relazione , ne sono investiti ed impediti.
RispondiEliminaAccorate, ma ben calibrate le esortazioni di Gian Maria, che prendono forma dall’’invito alla responsabilità individuale e collettiva.
E’ questa la tremenda spaventosa banalità del male di cui è paradigma, ed insieme metafora, la distruzione del creato operata dalla vastità degli attuali incendi. Sempre puntuali ed approfondite le tue riflessioni.
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