La memoria correttamente intesa unisce nel ricordo, crea il momento universale di pacificazione, nell’impegno a respingere la ricaduta nella barbarie.
Post di Rosario Grillo
Immagini dei dipinti di Ciro D'Alessio (qui il sito).
Ciro D'Alessio, Cos'è il tempo? |
Si fa intervenire la memoria per tenere lontana la passione politica che divide.
La memoria, la vera memoria, la memoria correttamente intesa, unisce nel ricordo, crea il momento universale di pacificazione, nell’impegno a respingere la ricaduta nella barbarie.
✴️ La memoria.
In diverse occasioni, con Rossana e Gian Maria, siamo tornati a questo tema. Per sondarne la natura, per calibrarne le funzioni, per vagliare le proprietà imbevute di filosofia, teologia, letteratura, fisiologia.
Sulle tracce mnestiche, ricevute oralmente, inscritte nelle tradizioni, gli antropologi hanno steso il riassunto delle civiltà, hanno ripercorso il tracciato della cultura.
Nella memoria, sorta di lastra fotografica, rimangono impressi i fotogrammi dell’esperienza attuale e pregressa. Non parlo di esperienza fenomenica, che avviene più o meno nella passività della mente ricevente, ma di esperienza vissuta dove il sentire, da cui la coscienza, è membro determinante. (1)
Bergson, prendendo da Sant’Agostino ed elaborando con la letteratura del primo ‘900, ha compresso questa concezione nel simbolo del gomitolo. (2)
Le sue proprietà permettono la dilatazione del tempo (altra quaestio nevralgica) e la trascinano nei meandri della multidisciplinarità. Per questa via c’è da esplorare l’unione tra la memoria e il fondo della nostra psiche.
Freud aveva avviato l’indagine inquadrandola in buona parte sul terreno clinico-analitico.
Ricoeur, che ha collocato Freud tra i “maestri del sospetto” riconoscendogli con gli altri due (Marx e Nietzsche) il ruolo di stimolatore della grande “arte della interpretazione” (ermeneutica), segue le sue orme e approfondisce il rapporto che lega la memoria alla storia. Rapporto che non va banalizzato.
Perciò, Ricoeur avvia un’indagine sui momenti nei quali la memoria interpella la falsa sicurezza della storia:
a- per impedirne il confinamento nella storia documentaria, celebratrice dei “ fatti positivi”, b- per mettere in risalto il gioco di epistemologia e di comprensione totale, che la distingue dalle scienze naturali. (3)
Chiarisce in aggiunta l’effetto che può discendere da un eccessivo ricorso alla memoria (4), consigliando misura nell’uso delle fonti orali e suggerendo distanza dal mito dell’identità.
Mette a fuoco il metodo delle ipotesi, chiarisce la natura delle “tracce” (Bloch ) e focalizza sia l’importanza della arena pubblica sia la presenza della componente etica.
✴️ Memoria e testimonianza.
Si dà qui motivo della distinzione tra memoria e testimonianza. La problematica viene approfondita da Giorgio Agamben, in un percorso elaborato, discendente dall’asse di homo sacer. (5)
Adesso bisogna notare che la problematica è fortemente sollecitata dall’evento della pandemia.
In questa condizione, la società reagisce compulsando ulteriormente la memoria. (6)
Rimane la domanda: quanto la memoria coincide con la testimonianza?
Viene la tentazione di ripercorrere i sentieri della testimonianza, rintracciandola “dal vivo”, nell’esperienza vissuta dei testimoni nella storia del mondo.
Agamben, comunque, già distintosi come una delle voci più critiche riguardo alla “politica della sicurezza” (7), assume una posizione di decisa negazione della loro identità, perciò precisa: “ricordare la parola del passato è piuttosto il compito della memoria” (8). Mentre il testimone deve parlare per chi non ha voce, deve dare parola (postuma) a chi non può più testimoniare: “testimoniare implica che ci si metta al suo posto [in luogo di chi non può testimoniare], che se ne assuma il nome, il corpo e la voce: che gli si sia, in questo senso, fedeli, così fedeli da abolirsi e scomparire in lui” (9). Convinti che: “L’uomo è il vivente che ha un passato e deve fare i conti con esso, testimoniare per esso” (10).
Rimango trafitto da questi enunciati, dentro i quali la storia è elevata al di sopra del suo letto profano e secolare, pronta a rivelare il suo spessore teologico: una teologia che osa l’interazione tra l’immanenza e la trascendenza. Come altrove (11), Agamben punta alla forma di vita e qui, trascinato da Hölderlin, la qualifica come verità. (“La verità è un’erranza, senza la quale un certo uomo non potrebbe vivere”) (12).
Non di verità dimostrata e dimostrabile si tratta, non ci viene incontro sulla strada della “verificazione” ma sulla “via di Damasco”. Silenzio e mistica della parola: i corollari necessari. Una via: il mistero della poesia. Un luogo possibile: la “torre” di Hölderlin.
P.S. Nella parte finale necessità di stringatezza fa violenza alla chiarezza e comprime l’articolazione necessaria dei temi toccati da Agamben. Un rinvio necessario all’opera quasi contemporanea: La follia di Hölderlin, Einaudi.
✴️ Note.
(1) Salto qualsiasi riferimento alla “coscienza intenzionale” studiata dalla Fenomenologia.
(2) Rinvio al mio post sulla Memoria.
(3) Va chiarito che nella “comprensione” è insita con la razionalità la componente etico sentimentale. Ricoeur parla di “storia critica” distinta in tre momenti.
(4) Ricoeur, Ricordare dimenticare perdonare (cap. La memoria finita e la storia).
(5) Vasto ed articolato il problema di homo sacer concepito nella logica della biopolitica, con inevitabili addentellati teologici.
(6) Evidenzio l’iniziativa di alcuni docenti che hanno istradato i propri alunni sul terreno della diaristica spingendoli al “diario del tempo della pandemia”.
(7) Diretto il nesso con la biopolitica
(8) G. Agamben, Quando la casa brucia, p.65
(9) Idem
(10) p.64
(11) Altissima povertà. Vedi mio post sulla povertà.
(12) Quando la casa... p.87.
Un immenso grazie a Rossana, che ha arricchito con dei dipinti che interpretano bene lo spirito del post. Una virtù in più : la splendida solarità mediterranea.
RispondiElimina🌹💫🍀🎆🤗
Caro Rosario, cade veramente a proposito questo tuo post in questo nostro paese troppo spesso immemore e dimentico. Post stringente per gli smemorati ed i dimentichi, ma tonificante per chi è alla ricerca della memoria, ben consapevole che altrimenti non si dà speranza per il futuro. E non si dà speranza, come puntualmente metti in luce, senza testimonianza, che è la promessa del futuro, tanto per riprendere il nostro Ricoeur. Promessa: da “pro-mittere”, mettere davanti a, mandare innanzi, lasciar crescere, assicurare, garantire, sperare, annunziare, presagire, sottoporre allo sguardo di … Non c’è possibilità di convivenza umana senza la promessa della testimonianza, emblema della responsabilità della nostra presente condizione esistenziale, tra passato e futuro, del nostro concepire il tempo della vita, del nostro interagire con le persone nella società, unendo l’impegno con la coerenza, la nostra libertà con il vincolo dell’obbligazione volutamente assunta. Un fraterno abbraccio.
RispondiEliminaMa sì, caro Gian Maria, si batte un’altra strada, non quella del like sui social. Ciascuno è chiamato di persona. Non serve a nulla la “post-verità “ ( che tranquillamente si può dichiarare non-verità).
RispondiEliminaNe provò tormento Il discepolo Pietro ...e dice tutto la scelta di lui come il con-ductor.
Un abbraccio 🍀💫🎆🌈