"Persona e Comunità" è un blog di riflessione culturale, filosofica, religiosa, pedagogica, estetica. Tutti gli articoli sono scritti da: Gian Maria Zavattaro, Rossana Rolando, Rosario Grillo.
Il tradimento è esperienza dolorosa che ciascuno di noi ha provato.
Non intendo riferirmi al modo in cui questo vocabolo è solitamente inteso: la doppia vita all’interno di una coppia o la rottura di vincoli sacri quali l’amicizia e la fraternità. In questa accezione del termine, le strade di chi ha tradito - con il carico di violenza psichica che l’atto del tradire infligge - e, specialmente, di chi ha subito il tradimento sono difficilmente ricomponibili e spesso sfociano, come avverte Massimo Recalcati nelle sue Brevi lezioni sull'amore, in sentimenti d’odio che passano per la via della distruzione reale o simbolica dell’oggetto precedentemente amato e idealizzato. In rari casi è possibile intraprendere la via umanamente ardua del perdono. Per essi vale l’insegnamento che proviene dalla stupenda pratica del kinsugi, l’arte di riparare con l’oro le spaccature di un vaso, per ricordare che le ferite non possono essere cancellate, ma - eventualmente - ricucite, impreziosendo ciò che è stato rotto e restituendolo ad una diversa rinnovata vitalità.¹
Tuttavia, dicevo, non è questo tipo di tradimento che ho in mente in questo post.
Pietro Tenuta, Sognare
Mi riferisco invece al tradimento che è implicito in ogni rapporto, sia perché l’altro non è racchiudibile nel cerchio dei propri desideri, sia perché l’unione di due interiorità conosce margini di separatezza che si avvertono in varia misura incolmabili.
Nel primo senso è magistrale la teorizzazione di Aldo Carotenuto che vede nel tradimento il processo stesso di individuazione, già dalla stessa nascita, quando il bambino si separa dalla madre nell’atto di venire al mondo e poi nel suo crescere diverso da come è stato fantasticato e sognato. In questa prospettiva la conquista della propria personalità è, in qualche misura, tradimento delle attese dei genitori e dell’ambiente da cui il figlio proviene. Diventare se stessi, infatti, significa sempre tradire qualcosa o qualcuno.²
“I vostri figli non sono i vostri figli
Sono i figli e le figlie della fame che in se stessa ha la vita
Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi
E non vi appartengono benché viviate insieme
Potete amarli ma non costringerli ai vostri pensieri
Potete custodire i loro corpi, ma non le anime loro
Poiché abitano case future, che neppure in sogno potrete visitare.”³
Pietro Tenuta, Sole e luna
Perciò, in questo contesto, il termine “tradire” ha un significato positivo. Come quando si dice che un gesto ha tradito l’autentico pensiero di qualcuno, la sua verità nascosta. Chi delude - tradisce - un’aspettativa lo fa in nome di una fedeltà più profonda a se stesso.
La parola tradire è quindi ambivalente: dal latino trado, trans e do, etimologicamente dare qualcosa a qualcuno, tramandare, insegnare, raccontare, rivelare, ma più comunemente “consegnare” (al nemico), svelare un segreto, venir meno ai propri impegni, non rispettare la fiducia, mancare un sogno.⁴
In questa ancipite area semantica si colloca la vasta gamma dei possibili “tradimenti” che accompagnano ogni rapporto e, in particolare, quello unico e privilegiato dell’essere coppia. In esso si sperimenta “il desiderio di condividere tutto con l’altro, anche gli aspetti più intimi e privati” e, nello stesso tempo, come diretta conseguenza, si sente la realtà della separazione come intimo tradimento.⁵
Pietro Tenuta, Nella tua testa
Anche nelle esperienze di comunione vera e profonda vi sono spazi di lontananza, non detti irrisolti, riserve interiori che sgretolano il sogno della totalità immaginata, voluta, pensata. L’unità presunta in amore è sempre impossibile: “L’amore è sempre un non-tutto, esclude la coincidenza, la fusione, la compenetrazione”.⁶
L’unità simbiotica dell’amore inteso come ricerca della propria metà e come nostalgia dell’intero - tipica delle fasi iniziali dell’innamoramento - si infrange nella figura del Due, evocata meravigliosamente da una poesia di Erri de Luca⁷ e ricordata con verità da Philip Roth:
“L’unica ossessione che vogliamo tutti: l’ “amore”. Cosa crede la gente che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due.”⁸
Pietro Tenuta, Prendersi cura
Eppure nella dualità senza con-fusione - che è sempre “unione di due solitudini”,“intimità dei lontani”⁹- si fonda la possibilità della durata di una relazione amorosa, capace di convivere con l’esistenza di spazi che appartengono all’altro e contrassegnano la distanza dall’io. Equilibrio difficile, sempre da ritrovare, ma necessario in un rapporto davvero adulto.
“L’amore è uno degli esempi più evidenti di quel duplice istinto che ci induce a scavare e ad affondare in noi stessi, e, contemporaneamente, ad uscire da noi e a realizzarci nell’altro: morte e ricreazione, solitudine e comunione”.¹⁰
✴️ Note.
1. Cfr. il capitolo “Separazioni” e il capitolo “Tradimento e perdono”, contenuti in Massimo Recalcati, Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore, Feltrinelli, Milano 2019, rispettivamente pp. 108-109 e pp. 76-77.
2. Aldo Carotenuto, Amare tradire. Quasi un’apologia del tradimento, Bompiani, Milano 2017, in particolare pp. 15-38.
3. K.G.Gibran, Il profeta, in Verde, Pallanca 1984, p.33. La citazione è posta in apertura del cap. III del testo appena citato di Aldo Carotenuto, p. 39.
4. Cfr. Aldo Carotenuto, Amare tradire, cit. pp. 23; 15-18.
5. Ibidem, p. 99.
6. Massimo Recalcati, Mantieni il bacio, cit., p. 100.
7. Erri De Luca, Due, contenuta in Solo andata, Feltrinelli, Milano 2014, p. 76.
8. P. Roth, L’animale morente, Einaudi, Torino 2002, pp. 73-74, ripreso nel testo di Recalcati sopra citato, p. 101.
9. Le due espressioni, significativamente analoghe sono riprese da Massimo Recalcati, Mantieni il bacio, cit., p. 117 e Aldo Carotenuto, Amare tradire, cit. p. 106.
10. Ibidem, p. 106. La citazione è tratta da Octavio Paz, Il labirinto della solitudine, 1959, p.250.
Cara Rossana, un post bellissimo,che s’incastra perfettamente nella problematica esistenza e nel tempo d’oggi, quando il dramma del femminicidio aumenta di volume. La questione che tu tratti, lo so, è più ampia, ma per l’immediato affronta adeguatamente un problema urgente della società . Dove è richiesta una radicale educazione sentimentale. Andando al problema più generale, sappiamo che già dall’antico tempo ( Platone, ma non solo lui, anche prima...la Bibbia e Caino e Abele...) si conosceva la criticità dell’esistere che si apre al due. Forse, modestamente, bisogna atteggiarsi all’ ‘apertura, alla relazione, riconoscendo il “ respiro “ di ogni Singolo.
Il tema del tradire è davvero labirintico per i suoi molteplici significati, non solo negativi, se pensiamo - come tu ricordi - al termine chiave della singolarità di ciascuno, la cui unicità si realizza soltanto tradendo convenzioni, aspettative, stereotipi... anche con costi altissimi, in termini di solitudine ed esclusione (come hanno testimoniato grandi spiriti della storia). E questa tematica della autenticità - della fedeltà a se stessi - apre la via a tutta la gamma dei "tradimenti" all'interno della vita di coppia - nel senso che ho individuato nel post, non identificabile con il tradimento esplicito, comunemente inteso. La vita del Due è tutta in questa difficile tensione tra unicità e comunione, separazione e ricongiunzione.
Bellissimo post. Credo che la chiave di tutto sia la pazienza: riuscire ad ascoltare l’altro senza giudicare, aspettare senza desiderio di possedere, rispettare senza invadere i tempi e gli spazi dell’altro. Mamma mia quanto amore ci vuole per riuscire a disarmarsi completamente e fare del proprio vivere un dono continuo. Grazie
Sì, credo anch'io che la pazienza sia la grande virtù di ogni relazione d'amore, perché la pazienza è una dilatazione del tempo: attende e non divora, si fa cammino senza assolutizzare il momento, si prende cura e accompagna ogni cosa che cresce. Grazie a te.
Si tradisce in molti modi. Uno è quello di tradire se stessi nelle nostre aspirazioni più profonde. Ma un altro è ingabbiare gli altri in un schema magari sulla base di un comportamento, in una forma - di pirandelliana memoria - che blocca la vita, senza pensare che ognuno di noi non è mai riducibile a un comportamento e basta..Il discorso poi sarebbe più vasto. Grazie, Rossana, di questi spunti di riflessione e buona domenica!
In questo senso della individuazione di ciascuno "tradire" è sempre pericoloso, perché demolisce un equilibrio, fosse anche quello di una situazione inautentica, data dalla maschera attribuita e dal soggetto assunta. Quanto più l'Io è fragile tanto più risulta complicato - talora impossibile - "nascere" davvero, svincoladosi dalle barriere poste da altri. Il ruolo della scuola - credo - dovrebbe essere anche quello di liberare la personalità nella direzione di una costruzione autentica di sé. Grazie anche a te e buona domenica!
Cara Rossana, quello del tradimento è un tema delicato e complesso. Ne hai qui tratteggiato gli aspetti essenziali. Tra questi, quello della necessità di superare la confluenza, la con-fusione per affermare - sia pure con sofferenza - il proprio percorso di crescita individuale. Grazie. Un abbraccio.
L'aspetto che tu sottolinei è, in effetti, quello più originale, messo ben in luce nel libro di Aldo Carotenuto, "Amare tradire": il tradimento - distanza, separazione dell'altro dall'io - come sofferta acquisizione dell'alterità, con tutte le implicazioni etiche che questo mette in campo. Nel chiuso cerchio narcisistico non c'è mai tradimento, non così nel rapporto vero con l'altro. Come dice Lévinas: "Il volto è presente nel suo rifiuto di essere contenuto. In questo senso non potrebbe essere compreso e quindi inglobato". Un abbraccio.
Cara Rossana, un post bellissimo,che s’incastra perfettamente nella problematica esistenza e nel tempo d’oggi, quando il dramma del femminicidio aumenta di volume.
RispondiEliminaLa questione che tu tratti, lo so, è più ampia, ma per l’immediato affronta adeguatamente un problema urgente della società . Dove è richiesta una radicale educazione sentimentale.
Andando al problema più generale, sappiamo che già dall’antico tempo ( Platone, ma non solo lui, anche prima...la Bibbia e Caino e Abele...) si conosceva la criticità dell’esistere che si apre al due. Forse, modestamente, bisogna atteggiarsi all’ ‘apertura, alla relazione, riconoscendo il “ respiro “ di ogni Singolo.
Il tema del tradire è davvero labirintico per i suoi molteplici significati, non solo negativi, se pensiamo - come tu ricordi - al termine chiave della singolarità di ciascuno, la cui unicità si realizza soltanto tradendo convenzioni, aspettative, stereotipi... anche con costi altissimi, in termini di solitudine ed esclusione (come hanno testimoniato grandi spiriti della storia).
EliminaE questa tematica della autenticità - della fedeltà a se stessi - apre la via a tutta la gamma dei "tradimenti" all'interno della vita di coppia - nel senso che ho individuato nel post, non identificabile con il tradimento esplicito, comunemente inteso.
La vita del Due è tutta in questa difficile tensione tra unicità e comunione, separazione e ricongiunzione.
Bellissimo post.
RispondiEliminaCredo che la chiave di tutto sia la pazienza: riuscire ad ascoltare l’altro senza giudicare, aspettare senza desiderio di possedere, rispettare senza invadere i tempi e gli spazi dell’altro.
Mamma mia quanto amore ci vuole per riuscire a disarmarsi completamente e fare del proprio vivere un dono continuo.
Grazie
Sì, credo anch'io che la pazienza sia la grande virtù di ogni relazione d'amore, perché la pazienza è una dilatazione del tempo: attende e non divora, si fa cammino senza assolutizzare il momento, si prende cura e accompagna ogni cosa che cresce.
EliminaGrazie a te.
Si tradisce in molti modi. Uno è quello di tradire se stessi nelle nostre aspirazioni più profonde. Ma un altro è ingabbiare gli altri in un schema magari sulla base di un comportamento, in una forma - di pirandelliana memoria - che blocca la vita, senza pensare che ognuno di noi non è mai riducibile a un comportamento e basta..Il discorso poi sarebbe più vasto.
RispondiEliminaGrazie, Rossana, di questi spunti di riflessione e buona domenica!
In questo senso della individuazione di ciascuno "tradire" è sempre pericoloso, perché demolisce un equilibrio, fosse anche quello di una situazione inautentica, data dalla maschera attribuita e dal soggetto assunta. Quanto più l'Io è fragile tanto più risulta complicato - talora impossibile - "nascere" davvero, svincoladosi dalle barriere poste da altri.
RispondiEliminaIl ruolo della scuola - credo - dovrebbe essere anche quello di liberare la personalità nella direzione di una costruzione autentica di sé.
Grazie anche a te e buona domenica!
bellissimo e ancora bellissimo. non aggiungo, lo sto vivendo (tradimento). è lacerante. è dir poco...
RispondiEliminaA un cuore in pezzi
EliminaNessuno s’avvicini
Senza l’alto privilegio
Di aver sofferto altrettanto.
(Emily Dickinson)
Cara Rossana, quello del tradimento è un tema delicato e complesso. Ne hai qui tratteggiato gli aspetti essenziali. Tra questi, quello della necessità di superare la confluenza, la con-fusione per affermare - sia pure con sofferenza - il proprio percorso di crescita individuale. Grazie. Un abbraccio.
RispondiEliminaL'aspetto che tu sottolinei è, in effetti, quello più originale, messo ben in luce nel libro di Aldo Carotenuto, "Amare tradire": il tradimento - distanza, separazione dell'altro dall'io - come sofferta acquisizione dell'alterità, con tutte le implicazioni etiche che questo mette in campo. Nel chiuso cerchio narcisistico non c'è mai tradimento, non così nel rapporto vero con l'altro. Come dice Lévinas: "Il volto è presente nel suo rifiuto di essere contenuto. In questo senso non potrebbe essere compreso e quindi inglobato".
EliminaUn abbraccio.