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mercoledì 12 aprile 2017

Getsemani di Pèguy.

L'articolo ripercorre l'ardente meditazione di Pèguy sulla morte di Cristo - vista nella sua dimensione più umana e drammatica - a partire da un testo poco conosciuto dello stesso autore.
🖊 Post di Gian Maria Zavattaro
🎨 All'interno della vastissima produzione artistica relativa al tema del Getsemani, le immagini scelte riproducono diacronicamente (dal XV al XIX secolo) opere di autori diversi.
Masaccio, Cristo nel Giardino del Getsemani, 
particolare (1424-1425)
“Il testo che presentiamo  è uno dei più belli di Pèguy. E’ anche  uno dei capolavori della letteratura cristiana sotto il profilo teologico e mistico. Se lo si colloca nel periodo storico in cui fu scritto, agli inizi del ventesimo secolo, esso appare in forte dissonanza con la spiritualità idealista d’allora, troppo disincantata per riconoscere in Gesù un Dio che assume la condizione umana con tutte le sue debolezze, all’infuori del peccato. Esso, al contrario, nella convinzione che il Verbo ha preso una carne in tutto simile  alla nostra, preannuncia la nostra epoca” (J. Bastaire in Ch. Pèguy, GETSEMANI, Presentazione, Castelvecchi, Roma, 2016, p. 5).

Stefano di Giovanni (detto il Sassetta), 
Agonia nell'orto, 1437-44
Guidato dalla mirabile presentazione di J. Bastaire (1), ho letto e riletto Getsemani di Pèguy, a me caro insieme a Mounier sin dalla prima giovinezza: pagine intense, intrise di assillante drammaticità, stile suo personalissimo quando vuole scuotere il lettore (“ragazzo mio, amico mio”) e focalizzare concetti-chiave. Il testo, poco conosciuto, tratto dal Dialogo della storia e dell’anima carnale, è uscito in libreria solo nel 1955 con il titolo Clio. La stesura - ci informa Bastaire - verosimilmente avvenne nella Settimana Santa del 1910 (il 27 marzo era Pasqua), in un periodo per Pèguy di sofferenza e scoramento. Soffre di intime frustrazioni: per il degrado della “mistica politica” dopo l'affaire Dreyfus, sentendosi isolato in una società sempre più basata sul denaro; per il fallimento dei Cahiers de la Quinzaine,  da lui fondati dieci  anni prima; per una grave malattia che non gli risparmia tentazioni suicide.
Andrea Mantegna, 
Orazione nell'orto, 1455
Con tutta la sua passione ha aderito alla fede cattolica, ma è afflitto dal rifiuto della moglie – nonostante l’intervento dell’amico Maritain - al matrimonio religioso ed al battesimo dei figli. Il tutto complicato dalla passione per una giovane collaboratrice dei Cahiers: amore che lo tormenta fino a quando, ai piedi della Vergine di Chartres, “accetta la grazia della sofferenza e solitudine”, rimane formalmente fedele ma lucidamente cosciente del suo “adulterio del cuore”. Insomma tutto concorre  alla “sensazione dell’incurabile nulla” che Cristo prende su di sé fino in fondo nel Getsemani, fino a trasformarlo in vittoria pasquale. L’ardente meditazione di Pèguy su Gesù, Dio fatto uomo, che teme la morte, è tutta centrata su Mt. XXVI, 36-47 e XXVII,46-50. (2)

🔴 1. Prima preghiera. Padre mio, se è possibile…Mt XXVI,36-39  (2a)
Giovanni Bellini, 
Orazione nell'orto, 1465-1470
Gesù trema di fronte alla morte, chiede di esserne risparmiato, non è pronto. Nell’ora decisiva in cui si decide il destino del mondo tutta la creazione attende, pende dalle labbra di Dio. Tutto era pronto, solo lui non lo era. “Amico mio, ciò che qui viene annunciato, al confronto del quale tutto è come niente, tutto non è che procedura, ciò che è il midollo del dolore e il contenuto stesso della passione, è la stessa morte, ragazzo mio” (3).“Dalla caduta, da tutta l’eternità ma segnatamente temporalmente fin dalla caduta la redenzione era pronta e decisa.[…] 
Anonimo, 
Cristo nell'Orto degli Ulivi, 1480
Trenta ed alcuni anni prima, in un piccolo borgo della Giudea aveva avuto luogo il mistero dell’incarnazione, che preparava, annunciava, implicava già il mistero della redenzione. E che c’è un abisso tra  volere e fare, tra volere la morte, la propria morte, altresì la morte degli altri, e passarci. Perché infine quella volontà che egli diceva di un altro, quella volontà che chiamava la volontà di suo padre, non la sua, veruntamen non sicut volo sed sicut tu, alla fine non era solo la volontà di suo padre, era anche la sua, da tutta l’eternità era propriamente la sua. E’ tanto grande, ragazzo mio, la distanza che c’è, è tanto grande lo spazio tra la volontà della morte e la morte, tra la conoscenza della morte e la morte”(4).

🔴 2. Il cuore e il midollo della Passione. MT XXVI, 40  (2b)
La fragilità accomuna Gesù, Dio fatto uomo, ad ognuno di noi.  Gesù che muore, che  si è incarnato davvero come uomo, è la realizzazione suprema del mistero dell’incarnazione. 
Lucas Cranach il Vecchio, 
Cristo nel Getsemani, 1540
“Ragazzo mio, la morte è facile da subire in letteratura e negli eroismi delle letterature. Non per chi la prende in pieno.[…]  In questo senso, non le sfugge, amico mio, che il mistero della sua passione e soprattutto  che il mistero della sua morte costituivano un compimento e allo stesso tempo una prova, un controllo, una verifica, un concentrato, una realizzazione suprema del mistero della sua incarnazione. Chi moriva come uomo era dunque davvero uomo, si era incarnato davvero come uomo. Era una specie di prova attraverso il limite. E si preparava a subirla lateralmente. In piena faccia. Come una staffilata. 
Tra poco avrebbe dovuto subire la morte ordinaria, la morte comune, ragazzo mio, la morte come in Villon, la morte di ogni uomo, la sorte comune a tutti, la morte, ragazzo mio, di cui è morto suo padre, e il padre di suo padre; la morte che il suo giovane padre ha subito quando lei aveva dieci mesi; la morte che sua madre subirà un giorno, prima o poi; e così sua moglie e i suoi figli ed i figli dei suoi figli; lei stesso, al centro. La rottura carnale che capita una volta sola”(5).
🔴 3. Vegliate e pregate: una  confidenza.   MtXXVI 41 (2c)
Adriaan de Weerdt, 
Agonia nell'orto, prima metà del 1500
Una cattiva lettura vedrebbe in Gesù un maestro di scuola che ha sorpreso gli scolari con le mani nel sacco e li rimprovera. No: “vegliate e pregate” non è un precetto, bensì “confidenza”. “Nella sua propria carne d’uomo, in faccia alla morte, istantaneamente aveva conosciuto ciò che è la debolezza, la infermità della carne d’uomo. E ne aveva appena fatta  loro la dolorosa confidenza. […] Era una comunicazione, ragazzo mio, una rivelazione da uomo a uomo, da un povero essere a un povero misero essere e agli altri due, in aggiunta, e nella loro persona a tutti  i poveri miseri esseri che siamo noi…”(6).

🔴 4. Seconda preghiera: si non potest…. Mt XXVI, 42-47 (2d)  
Pèguy penetra sempre più nel  mistero dell’incarnazione. Gesù prega per la seconda volta: il si non potest è la recidiva (con l’uso del negativo) al si possibile est (qui usa il positivo) della prima preghiera, della prima solitudine. Poi si arrende, si sottomette: fiat voluntas tua è la preghiera che lui stesso  ha insegnato nel discorso della montagna agli apostoli, ai discepoli,  a tutti gli uomini, a noi, nel Pater noster. Ma qui è  preghiera spezzata dalla tragicità di quella notte, preghiera d’uomo e figlio di Dio, in cui il Padre è invocato come Pater mi e non come Pater noster

Jacques Callot, L'agonia nell'orto, 1625
🔴 5. Verso l’ora nona: Ut quid dereliquisti me?  Mt XXVII,46 e 50  (2e)
“Il corpo che l’aveva portato per 33 anni, il corpo  che aveva ricevuto lo spirito di Dio (emisit spiritum), il corpo che per 33 anni l’aveva nutrito, portato lo spirito di Dio, il corpo che lo stava sostenendo in questi due giorni (il giovedì e il venerdì, rispettivamente il primo giovedì e il primo venerdì santi) questo corpo d’uomo alla fine non ha voluto più saperne nulla. Come ogni corpo d’uomo si rivoltò, si sollevò contro la morte del corpo.
Francisco Goya, 
Cristo al Monte degli Ulivi, 1819
Compiendo in tal modo, con un coronamento meraviglioso, la sua incarnazione nella sua redenzione, perfezionando il mistero della sua incarnazione nella perfezione stessa, nel compimento, nell’operazione del mistero della redenzione.[…] Non sarebbe stato uomo, uomo fino in fondo, ignorando, non provando, rifiutando di provare il più grande terrore dell’uomo, il più grande sgomento dell’uomo. Non sarebbe stato uomo. Dunque non sarebbe stato l’uomo Dio; Gesù; l’ebreo Gesù” (7).

🔴 6. Il parallelo tra la prima  e la seconda creazione  (8)
In modo originale  Pèguy pone in parallelo la prima creazione (fiat lux della Genesi) con la seconda creazione (fiat voluntas del Getsemani, il mistero della redenzione dopo il disastro del peccato). La prima creazione è creazione di sovranità e di gloria; la seconda di abbassamento e di prostrazione di Dio sulla faccia della terra. “Ecco il vostro progresso, ragazzo mio. Ecco quale ne è la forma, voialtri cristiani. Meraviglioso progresso, singolare progresso[…]
Emile Bernard, 
Cristo Giallo, 1889
Come la prima creazione era la creazione di tutto il mondo, la creazione dell’universo, totius orbis universi, questa seconda creazione, quest’eco fedele, questa fedeltà non è meno, non finirà per essere propriamente meno che la creazione dello spirituale, che la vera e propria creazione, in ritardo di 50 secoli, del mondo spirituale. Tutto attendeva. […] Il sacrificio attendeva, il sacrificio che ebbe luogo una sola volta, che doveva, che poteva aver luogo una sola volta (che ebbe luogo, lo stesso, che è stato consumato, lo stesso, centinaia e migliaia e centinaia di migliaia di volte, che è consumato tutti i giorni migliaia di volte, che sarà consumato per l’eternità. Fu il tempo che egli si prese, e nella sua stessa obbedienza per un istante vacillò”(9).
“Gesù ha vinto la morte, Gesù è risuscitato, Gesù ha trionfato sulla morte”(p.51). L’appassionato grido di Pèguy rivela tutta la sua pregnanza: l’inenarrabile gioia della Pasqua e Resurrezione, della grande Rinascita, non può farci scordare “di pagare lo scotto allo sportello della sofferenza e della morte. Non bisogna scordarci di passare per la porta stretta del nulla. Solo allora,  per Gesù ed in Gesù, si accede alla gloria” (10).

Paul Gauguin, Cristo nell'Orto degli Ulivi, 1889

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🔴 Note.
(1) Presentazione di Jean Bastaire, o.c., pp. 5-16.
(2) Mt. XXVI, 36-47 e XXVII,46-50
 a. “36. Tunc venit Jesus cum illis in villam, quae dicitur Gethsemani, et dixit discipulis suis: Sedete hic, donec vadam illuc, et orem. 36.Giunto Gesù con loro nel campo chiamato Getsemani, dice ai discepoli: Fermatevi qui, mentre io vado là a pregare. 37. Et assumpto Petro, et duobus filiis Zebedaei, coepit contristari et maestus esse. 37. Preso con sé Pietro con i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. 38.Tunc ait illis: Tristis est anima mea usque ad mortem: sustinete hic, et vigilate mecum. 38. Allora disse loro: Triste è l’anima mia fino alla morte, rimanete qui e vegliate con me. 39. Et progressus pusillum, procidit in faciem suam, orans et dicens:Pater mi, SI POSSIBILE  EST, TRANSEAT A ME CALIX ISTE, veruntamen non sicut ego volo, sed sicut tu. 39. E,scostatosi un poco, cadde con la faccia a terra e pregava dicendo:,  passi da me questo calice. Però non come voglio io, ma come (vuoi) tu.”(p.42)
b.“40. Et venit ad discipulos suos, et invenit eos dormientes, et dicit Petro: Sic non potuistis una hora vigilare mecum? 40. Quindi ritorna dai suoi discepoli e, trovandoli addormentati, dice a Pietro: Così non siete stati capaci di vegliare per una sola ora con me? “( pp.42-43).
c.“41.Vigilate et orate,ut non intretis in tentationem. Spiritus quidem promptus est, caro autem infirma. 41. Vegliate e pregate, affinché non entriate in tentazione Sì, lo spirito è pronto, ma la carne è debole”(p.43).
d. 42. Iterum secundo abiit, et oravit, dicens: Pater mi, si non potest hic calix transire nisi  bibam illum, fiat voluntas tua 42.Ancora per una seconda volta, allontanatosi, pregò dicendo: Padre mio, se questo calice non può passare senza che lo beva, si compia la tua volontà.(p.46). 43. Et venit iterum,  et invenit eos dormientes: erant enim oculi eorum gravati. 43. Ritornato di nuovo, li trovò addormentati: i loro occhi, infatti, erano affaticati. 44. Et relictis illis, iterum abiit, et oravit tertio, eumdem sermonem dicens. 44. Lasciatili, se ne andò di nuovo e per la terza volta pregò  ripetendo le stesse parole. 45. Tunc venit ad discipulos suos, et dicit illis: Dormite jam, et requiescite: ecce appropinquavit hora, ed Filius hominis tradetur in manus peccatorum. 45. Quindi viene dai discepoli  e dice loro: Dormite ormai e riposate. Ecco, è vicina l’ora in cui il Figlio dell’uomo sarà consegnato nelle mani dei peccatori. 46.  Surgite, eamus; ecce appropinquavit qui me tradet. 46. Alzatevi, andiamo. Ecco colui che mi tradisce è vicino. 47. Adhuc eo loquente…. 47. Stava ancora parlando…”( pp.46 e 49).
e.“E l’indomani verso l’ora nona: XXVII, 46. Et circa horam nonam clamavit Jesus voce magna, dicens: ELI, ELI, LAMMA SABACHTANI? HOC EST: DEUS  MEUS, DEUS MEUS, UT QUID DERELEQUISTI ME? 46. Verso l’ora nona Gesù a gran voce gridò (gettò un grande grido, emise un grande urlo), dicendo: ELI, ELI, LAMMA SABACHTANI? CIOE’: DIO MIO, DIO MIO, PERCHE’ MI HAI ABBANDONATO? E la spugna imbevuta d’aceto posta in cima a una canna. E il controsenso su Eli. E 50. Jesus autem iterum clamans voce magna, emisit spiritum. 50. Ma Gesù emise di nuovo un forte grido ed esalò lo spirito”(p. 49). 
(3) pp. 23-24
(4) pp.34-35
(5) pp. 27-38
(6) p. 45
(7) pp. 50-51
(8).”Fiat lux, et lux fuit; lux facta.  Veruntamen non sicut ego volo, sed sicut tu. Fiat voluntas tua; et voluntas ejus fuit; voluntas facta” (p.56).
(9) pp. 58-59
(10) Così  J. Bastaire conclude la sua presentazione in o.c. p.16.

4 commenti:

  1. Infinite grazie della " meditazione decisiva" che ci fai compiere ! Con grande partecipazione, come tragica " via Crucis".. e intendo tragica nel senso di risolutiva. Non c'è Bene se non si passa attraverso il Dolore, nella fiducia che Cristo ci ha redenti!

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    1. Grazie, Rosario: è questa fiducia (fede, pistis) che mi fa prendere sul serio sia la caratteristica mortale della morte, senza arenarmi in essa, sia la promessa della resurrezione al di là della morte. Il paradosso della speranza cristiana va oltre la presunzione delle speranze temporali perché in esse non trova la salvezza che attende, le prende in carico e le porta più lontano, al di qua e al di là della morte, ma il suo fondamento è il Cristo resuscitato, il Dio che risuscita il Cristo, il Dio della promessa.

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  2. Non ci sono parole umane per descrivere e percepire il dramma del Getsemani. Peguy ci aiuta entrare nel mistero ...

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