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sabato 8 febbraio 2020

Ogni generazione ha la sua resistenza.

Resistere significa ritrovare insieme la passione democratica, antidoto al populismo e al sovranismo, ad ogni riflusso di fascismo e razzismo.
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Nicola Gobbi (inventore del logo delle sardine), per gentile autorizzazione.

Nicola Gobbi, 2019
Non è casuale la coincidenza dei risultati delle  elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria con la giornata della Shoah. Era il banco di prova  circa la consapevolezza degli italiani, uomini e donne di oggi, del rischio tremendo della democratura. Era il test sul non dimenticare, sul resistere all’assordante frastuono degli spargitori di virus (paura, odio, ostracismo degli “altri”), dei manipolatori della parola, ipnotizzatori di bassa lega che con mille astuzie seduttive e spettacolari colpi di mano vogliono trascinare noi italiani nella sedazione profonda continuata del non pensare. (1)
Domenica 26 gennaio nessun partito ha vinto. Semplicemente è rinata la speranza democratica, perché i giovani coralmente hanno deciso di assumere il compito al quale troppi di noi adulti ed anziani hanno abdicato: essere “testimoni-passatori” del resistere.
Nicola Gobbi, 2019
Ogni generazione ha la sua Resistenza da praticare. Allora era opporsi al fascismo ed al nazismo, alla guerra, alla violenza, alla mancanza di libertà. Oggi per prima cosa è pensare, cioè non dimenticare e conservare la memoria contro il rischio del razzismo e dell’intolleranza. E poi re-sistĕre, fermarefermarsi, riaffermare con la parola e l’azione i diritti-doveri di ogni persona, cioè il nostro “obbligo verso l’umanità” (2). Vuol dire essere “testimoni-passatori” capaci di futuro, perché le grandi trasformazioni si compiono  con il convergere delle piccole trasformazioni quotidiane che scavalcano l’egoismo, scelgono la libertà della gratuità e l’accoglienza. E’ così che viene alla luce il profilo di una  società più umana ed umanizzante: lezione che  stanno impartendo i giovani agli adulti che pare abbiano abdicato al loro compito resistenziale. Perché la resistenza, oggi come ieri, è alleanza tra generazioni, fatta di consegne tra testimoni-passatori. La generazione dei nonni dovrebbe passare la consegna a quella dei padri e madri  e loro ai figli e così via nella grande bella avventura di riprendere e trasmettere sogni e speranze, fedeltà ai valori ed agli ideali espressi dalla nostra Costituzione.
Nicola Gobbi, 2019
Resistere, ricominciare da capo di fronte allo sfacelo, è dei giovani. C’è un’evidente correlazione tra giovani e Resistenza: sono i giovani che hanno ieri fatto la resistenza e oggi la riprendono. “Giovinezza” non solo anagrafica, ma anche categoria esistenziale aperta a tutti, ad ogni età:  quella  che  sa indignarsi con tutte le sue forze, che non si preoccupa né di deferenze né di referenze, che conosce l'avventura della gratuità e del dono senza calcolo, disdegna le sicurezze vili, l’indifferenza e la rassegnazione.
I rapporti Eurispes degli ultimi 15 anni ci presentano  il mondo degli adulti sfuggente disilluso spaesato inavveduto: scarso è il possesso dei requisiti minimi per orientarsi nelle decisioni, metà degli adulti non legge né libri né giornali e fatica a decifrare uno scritto, anzi una scritta… In questo desolante panorama rimane unico baluardo decisivo  per le giovani e future generazioni il ruolo determinante della scuola (parlo soprattutto della scuola primaria e secondaria e solo dopo l’Università): luogo della educazione ma anche dell’incontro quotidiano delle  generazioni, dove si è obbligati alla verità delle parole che si usano, a svelarne il significato profondo, a trovare parole nuove fatte di I Care e di forti relazioni di accoglienza reciproca, di fioritura silenziosa di vita comune.
Nicola Gobbi, 2019
Mi sovviene la lezione di don Luisito Bianchi, contenuta nel suo splendido libro La messa di un  uomo disarmato (ed. Sironi), quasi un itinerario liturgico in tre tempi: il gemito della parola, il silenzio della parola, lo svelamento della parola. Oggi ci rintrona ancora il gemito della parola manipolata ed asservita. I giovani ci stanno rinfacciando la nostra irresponsabilità: quella di non uscire dal silenzio, di non  svelare la parola, sia la parola della fede per il credente (la presenza di Dio, della Parola capace di dare senso agli eventi anche tragici ed alla propria vita) sia la parola laica, annuncio di possibile liberazione da ogni forma di oppressione e violenza.
Resistere è un atto ed un fatto di gratuità (3), dunque una grande cosa. E’“il gioco della vita” che ritrova la terra, si apre all’esistenza degli altri, partecipa alle loro sofferenze e gioie, crea un legame tra solitudine e solidarietà perché si schiera e prende parte, perché  costruisce a poco a poco l’utopia della fraternità, facendo crescere nel corpo sociale uno spirito comunitario forte. E’ tormento e com-passione per il travaglio del mondo, ma insieme consapevolezza in sé e negli altri della possibilità di errori e cedimenti in questa nostra società imperfetta. Perciò dà tempo, riconosce a tutti il diritto-dovere di ricominciare, accoglie, non cede, rifiutando la politica ridotta a show e il cittadino trasformato in semplice spettatore. Soprattutto respira il coraggio della speranza “che ama quel che non è ancora e che sarà” (4). Grazie ai nostri giovani! 

Note.
1. Il pensiero unico che sconfina nel “cretinismo”, espressione coniata, per quel che ricordo, da Severino e ripresa da Galimberti.
2. cfr. Gabriella Caramore, La parola Dio, Einaudi,2019, Cap. III. Che cosa resta?,  in part. pp.104-105.
3. Chi ha espresso con magistrale forza letteraria e passione civile questo concetto è LUISITO BIANCHI:  “La Resistenza è un fatto di gratuità. La vera: la Resistenza al potere, non per instaurare un altro potere ma per la libertà dell’uomo… Per questo Resistenza è Gratuità, e Partigiano  l’uomo gratuito. Il Dio gratuito non è forse il Dio Partigiano, che prende le parti di chi, in un modo o nell’altro, è perseguitato dal potere?”. (Luisito Bianchi, Monologo partigiano sulla Gratuità). 
4. Ch. Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù, Mi, Jaca Book, 1978.

8 commenti:

  1. Ho il piacere di iniziare qui i commenti al tuo stimolante post, caro Gian Maria. Parto da quella Speranza “ che ama quel che non è ancora e che sarà “ : disegno di una vita, della Vita, della Resistenza al Potere, visto che la vita è intrecciata al Potere ( Agamben). Continuo con la ri-valutazione ( ri-valorizzazione) della parola, che , come abbiamo visto, ha un valore sacro, ed anche nel consorzio laico, richiede temperanza controllo comprensione alterita’.
    Vado infine a quel tuo ripetere “ resistenza-passare” che volge in operosità, veglia democratica, responsabilità e solidarietà con accoglienza, la trasmissione della vita, la generazione attraverso le generazioni. Abbiamo individuato questa scintilla tra le “ giovani sardine “ : facciamola scoccare!

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    1. La speranza: Resistenza non svilita ad instaurazione di nuovi poteri; la grande parola laica di gratuità, ogni qualvolta si resiste al potere dell’uomo in nome dell’uomo”; il passare scintille che possono generare focolai inestinguibili di vera e libera fraternità. Caro Rosario, una bella sintesi efficace la tua.

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  2. Maria Antonietta la Barbera8 febbraio 2020 alle ore 11:09

    Fermarsi, pensare, ricordare, agire con gratuità, dando forma a "parole nuove" e creando "forti relazioni di accoglienza reciproca"...
    Condivido ogni parola. Grazie, Gian Maria.

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    1. Cara Maria Antonietta, con lei ci sentiamo in piena sintonia ed è per noi stimolo e conforto a resistere. Grazie.

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  3. Elena Emanuela Ciampoli8 febbraio 2020 alle ore 11:27

    Proprio così! Ciascuno di noi deve agire ,deve sporcarsi le mani.

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    1. Gent.le Elena, condivido pienamente il suo invito e richiamo all’imperativo categorico: “dobbiamo”!

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  4. Abbiamo bisogno di umili, creative, lungimiranti e costanti resistenze quotidiane perchè non siano necessarie resistenze più drammatiche come quella di un Dietrich Bonhoeffer o dei martiri partigiani, ad esempio. Grazie. Saluti cordiali.

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    1. Sì, gent.le Maria, ad ogni giorno la nostra quotidiana resistenza, senza particolari clamori, piena di speranza, di ringraziamento, di coerenza. Grazie. Ricambiamo di cuore i suoi graditi saluti.

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