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martedì 22 dicembre 2020

L'albero di Natale di Gesù.

Natale 2020, l'albero e il sottosuolo di ieri e di oggi. Da una favola di Dostoevskij: il richiamo al Natale come liberazione e riscatto.

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini delle opere di Carl Larsson (pittore e illustratore svedese, 1853-1919).

Carl Larsson, edizione natalizia di Idun, 1901
“Io sono un romanziere e, a quanto pare, ho inventato una “storia” io stesso. Perché scrivo “pare” quando so di sicuro che ho inventato? Eppure ho come l’impressione che ciò sia accaduto in qualche luogo una volta e, precisamente, alla vigilia di Natale, in una non so quale immensa città, mentre faceva terribilmente freddo” (F. Dostoevskij, Diario di uno scrittore, Bompiani, 2017, p.224).

Pensavo in un primo tempo di dar conto della mia lettura di alcune omelie natalizie di p. Balducci finora inedite, fresche di stampa (1). Innegabile l’attualità di pagine quasi proposte per questo tempo di covid: un invito a raccogliere nella nostra concreta situazione l’appello a riscoprire la verità del Natale fatta di infanzia spirituale, gioia autentica congiunta a “severità”, luce che vince le tenebre, speranza (“la via attraverso cui Dio ci si rivela”(2), fede nell’indicazione perentoria di Dio per cui “il fatto che Gesù sia morto come è morto e nato come è nato non è una circostanza contingente ma è invece strutturalmente eloquente riguardo a Dio”, alla Pasqua di Resurrezione, alla salvezza del mondo (3).

Poi ho capito che non potevo pretendere di presentare in sintesi gli ardenti richiami e suggestioni del libro, perché in quelle pagine si ritrova un’aria che ognuno deve respirare da sé. Posso però rivolgere un caldo invito a leggerlo, partendo dalla “verità di fondo: che Dio si manifesta contestato e ripudiato. Non è invenzione nostra, è il dato essenziale su cui dovemmo costruire anche il messaggio di consolazione. Ma se noi eliminiamo l’estraneità di Dio nei rapporti del tessuto della nostra vita, poi niente più torna. Bisogna cominciare da qui, da questo scandalo:“venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”(Gv 1,11)” (4).

Carl Larsson, Decorando l'albero, 1917
Scandalo denunciato da p. Zanotelli pochi giorni fa: “Sofferenze, vite spezzate, affetti che vanno via, speranze finite, e noi pensiamo alle luminarie. Ma cosa siamo diventati? Provo lo stesso male che provavo quando ero a Nairobi, a Karogocho, sentivo il Natale che si preparava in Europa, mentre la mia realtà era fatta di gente che cercava il cibo in una discarica. E allora, lo confesso, mi viene una sorta di rifiuto a festeggiare. Dio è negli ultimi, negli sfruttati, in chi non ha una casa e un lavoro, in quei disperati che muoiono in mare. Dio è negli occhi dei deboli” (5).

Infine Rossana mi rifila “Il diario di uno scrittore” e mi invita a leggere “Il bambino da Gesù all’albero di Natale” e rifletterci sopra. Mi convince: Dostoevskij ci è particolarmente caro e anche in questa sua novella, poco nota, lo troviamo in linea con le nostre inquietudini di ricerca e la nostra passione cristocentrica (6). Così ci siamo ritrovati coinvolti e partecipi dell’atmosfera del “sottosuolo” natalizio: quello dostoevskijano emblema di ogni sottosuolo, quello denunciato da Balducci, da Zanotelli e tanti altri amici. Sottosuolo del tempo di covid: quello feroce di migliaia (in Italia) e di milioni (nel mondo intero) di persone e di famiglie inchiodate alla croce della derelizione e della solitudine; quello atroce di centinaia di bare che non fanno notizia e che ogni giorno instancabilmente si ammassano non si sa dove, nascoste agli occhi di tutti soprattutto dal disincanto, dalla rimozione e indifferenza; infine il sottosuolo grottesco terribile dei plateali insensati mortiferi assembramenti nelle corse allo shopping natalizio.

* Tento la parafrasi…

Carl Larsson, Pensieri di madre, 1893
Non ha nome il bambino - forse ha meno di 6 anni - arrivato la sera prima, al buio, con la madre ammalata, che si è sdraiata su un pancaccio. La padrona di casa è stata portata via dalla polizia; gli inquilini sono via; in un angolo un ubriaco fradicio; in un altro una vecchietta di ottant’anni sta morendo sola. Il bimbo senza nome si sveglia tremante in un sottosuolo umido e freddo. Ha fame, da bere ha trovato, ma da mangiare nulla. Non c’è luce e ha paura del buio. Più volte prova a svegliare la madre, poi tasta a tentoni il suo viso, ma ella non si muove, fredda come il muro. Il bimbo trattiene la mano sulla sua spalla, poi per il freddo si soffia sui ditini per scaldarli, recupera a tentoni il berrettino ed adagio esce dal sottosuolo. Non c‘è più il cagnaccio che gli aveva fatto paura. Lo colpisce la città, Non ha mai visto nulla di simile: chiasso, frastuono, luce, folla, cavalli e carrozze, tanto freddo e i ditini che fanno male. Quanta neve, tutti si spingono. Che fame! Un poliziotto tira vanti e fa finta di non averlo notato. Ecco un’altra strada, larghissima: tutti gridano, corrono e c’è tanta luce. Che cos’è quel gran vetro e dietro una stanza in cui c’è un albero fino al soffitto? è un abete pieno di lumi, carte dorate, mele, bamboline, cavallucci. E tanti bambini ben vestiti corrono intorno, ridono, giocano, bevono, mangiano. Dietro la finestra lui sente la musica, guarda, ride e piange perché gli dolgono i ditini dei piedi e delle mani. Corre via: ecco un altro vetro, un’altra stanza, un altro albero di Natale e sui tavoli torte di ogni tipo, mentre quattro ricche signore a chi entra - in un via vai continuo  - danno le torte. 
Carl Larsson, Vigilia di Natale, 1904
Anche il bambino entra: subito tutti gridano e gesticolano, una signora in fretta gli mette in mano una copeca e via, fuori. Pieno di spavento perde la monetina che tintinna sui gradini e non può recuperarla con le sue manine intirizzite. Via di fretta dove non sa: è solo, ha paura, corre, soffia sulle manine. Ecco là una folla che ammira dietro il vetro di una finestra tre bambole così graziose che paiono vive; un vecchietto suona un gran violino, altri due suonano con violini più piccoli, si guardano l’un l’altro dondolando la testa per battere il tempo, muovono le labbra ma non si sentono. Poi il bimbo, che non aveva mai visto pupazzi simili, capisce che non sono vivi, scoppia a ridere, pur nel pianto, tanto sono divertenti. Un ragazzaccio cattivo all’improvviso lo afferra per il cappottino, lo colpisce alla testa, lo prende a calci, gli strappa il berretto. Il bimbo a terra sente gridare, smarrito si alza, scappa via non sa dove, s’infila in un portone e in un cortile, si nasconde dietro la legna, si raggomitola tutto, cerca di calmarsi dalla paura. Ad un tratto si sente bene: manine e piedini non fanno più male, sente tanto caldo come sulla stufa, quasi si addormenta. “Starò un poco qui e tornerò a guardare le bamboline - pensa e sorride - sono proprio come vive”. Gli pare che la mamma canti per lui una canzone. “Mamma, come si dorme bene qui!”.
Carl Larsson, La mattina di Natale, 1894
“Vieni al mio albero di Natale” gli bisbiglia una tenue voce. La mamma? No, chi l’ha chiamato si china su di lui, nel buio l’abbraccia, lui gli porge la mano e … tanta luce e l’abete, mai visto un albero così bello! Tutto risplende e attorno tante bamboline…no, sono bambini e bambine pieni di luce, gli girano intorno, volano, lo baciano, lo portano con loro e anche lui vola e vede la sua mamma che lo guarda e gli sorride con gioia…“Mamma, come sto bene qui” le grida e vorrebbe raccontare a tutti delle bamboline dietro la vetrina. “Ma chi siete voi bambini?” domanda e ride con amore.
“Questo è l’albero di Natale di Gesù, che sempre in questo giorno ha un albero per i piccoli bambini che là non hanno un albero loro…”. Capisce che questi bambini e bambine erano tutti come lui, morti per il freddo, l’incuria, le carestie la miseria…Tutti qui come angeli, tutti da Gesù che è in mezzo a loro e benedice loro e le madri, anch’esse tutte qui, ciascuna riconoscendo il suo bimbo o la sua bimba ed essi volano a baciarle, asciugano le loro lacrime, supplicandole di non piangere perché stanno così bene qui…

L’indomani, laggiù, vengono trovati il cadaverino di un bambino nascosto dietro la legna e anche la mamma, morta prima di lui. Così conclude Dostoevskij: “Si sono ritrovati tutti e due in cielo presso il Signore Iddio”.

“Ma perché ho composto una tale storia, che non è per nulla adatta a un comune, ragionevole diario, per di più d’uno scrittore! E per di più dopo aver promesso di raccontar prevalentemente degli avvenimenti reali! Ma il fatto è che mi sembra che tutto ciò possa essere accaduto in realtà, quello che avvenne nel sottosuolo e dietro la legna; quanto all’albero di Gesù, non so veramente come dire, poteva questo avvenire o no? Proprio per questo sono un romanziere, per inventare” (F. Dosoevskij, o.c., p.229).

Carl Larsson, Rose di Natale

Leggo Balducci: “La salvezza totale, che vince la rovina della morte non può essere che nella mano potente di Dio. Ma di quale Dio? Appunto un Dio che dobbiamo riconoscere al di fuori dei condizionamenti in cui siamo prigionieri.[…] Ed è proprio contro quel sistema che ci parla il Natale. E’ l’evidenza, almeno mi sembra, del messaggio evangelico. E’ nato un bambino, un povero bambino senza nessuna sicurezza. In quella nascita, la più umile fra le umili, Dio si manifesta. Questo è il fatto di enorme importanza. La vita di Gesù di Nazareth in tutti i suoi momenti fu del tutto coerente con questo cominciamento. […] Ha chiamato beati i poveri, beati i vinti, beati i pacifici, prendendo di petto la realtà culturale esistente. […] Ma è evidente che questa scelta, questo giudizio, implica un percorso di conversione, di dissociazione dalle complicità tradizionali nei confronti del mondo esistente” (7)

Note.

1. Ernesto Balducci, LA NOSTRA INFANZIA e altre omelie sul Natale (1955—1976), ed. S. Paolo in collaborazione con la fondazione Balducci, 2020. 2. “Noi oggi davvero viviamo un po’ come aggirandoci dentro le rovine. Siamo in un mondo impaurito; anche questo giorno di Natale in cui le parole grandi sono ripetute a tutti i livelli:pace,fraternità,giustizia...è un giorno insanguinato”.(pp.82-83) 3. p.88 4. p. 68

5. art. del quotidiano Domani 19.12.20 “ha senso festeggiare il Natale in tempi di Covid-19?”.

6. cfr. il bel libro di Divo Barsotti, Dostoevskij la passione per Cristo, ed. S.Paolo, 2018. Barsotti (1914-2006), sacerdote, unanimemente riconosciuto come mistico, amico di La Pira, predicatore e scrittore.

7. E. Balducci, o.c., pp.89-90. Così prosegue: “Noi dobbiamo certo vivere nel mondo in cui siamo e amare gli strumenti culturali di questo mondo, ma tutto contenendo dentro un severo giudizio d’insufficienza. Non è da questa parte che noi avremo la salvezza Continuiamo a fare i professori a scuola, gli operai in fabbrica, i magistrati nella magistratura e così via. Però con la convinzione che non da questo mondo verrà la salvezza. Lavoriamo in questo mondo ma giudicandolo severamente, perché tutti aspettiamo l’alternativa radicale che è proprio questo riconoscimento che la salvezza di Dio viene da fuori. E viene nelle forme della debolezza, dell’insufficienza, della povertà, cioè sotto le forme di tutto ciò che è escluso perché non ha valore. Questa è la cognizione evangelica” (pp. 90-91).

9 commenti:

  1. carissimi, non ho parole, vi mando il mio cuore

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  2. Bello e struggente!

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    1. Grazie. Struggente come la realtà nascosta di oggi. Penso ad es. ai bambini morti annegati nel Mediterraneo ieri...

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  3. Se è vero che Gesù, con l'incarnazione volle " entrare nel mondo", è tanto più vero che non riconobbe "le cose del mondo"( risposta a Pilato : il mio regno non è di questo mondo ). Il mondo rinvia al carico di contingenza , di calcolo ed utilità che stride con la purezza dello spirito...
    Ma quanto difficile : la testimonianza dello spirito ( amore cura disinteresse ) dentro il mondo!. Un abbraccio 🤗

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    1. Condivido in pieno: la testimonianza cristiana implica una conversione continua, fatta di denuncia, nelle parole e nelle azion, delle "cose del mondo" pur nella fedeltà alla terra e di annuncio della "purezza dello spirito" e del Regno che non è di questo mondo. Un caro saluto.

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  4. Grazie di questo post davvero struggente.
    Auguri di un sereno Natale e un abbraccio a Rossana!!!

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    1. Grazie, gentile Annamaria. “struggente” è quel sentimento intenso, tormentoso e dolce insieme, che ci apre gli occhi ed il cuore di fronte alla tenerezza di un bimbo solo, impietosamente oltraggiato e lasciato morire assiderato. E’ il modo di Dostoevskij di porre interrogativi inquietanti, di costringere a diventare consapevoli dell’esistenza delle più svariate sofferenze negli altri, di rendere visibile ciò che prima era invisibile, di sollecitare a prendere posizione e non sottrarsi dalle proprie responsabilità, non importa se piccole o grandi.

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  5. Veramente triste la vita per tanti bimbi

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