Post di Rosario Grillo.
Pierre Puvvis de Chavannes, Il sogno, 1883, particolare |
Con le imperfezioni intrinseche ad un patito della argomentazione proverò ad imbastire delle note sulle proprietà della poesia e, a più larga raggio, della comunicazione a-logica.
Il pensiero occidentale ha subito il peso onnivoro della logica. È risaputo invece che nella tradizione orientale è stato più largo il ruolo assunto dal l’espressione non logica.
Sono stato provocato dalla lettura di un recentissimo contributo di F. Berardi Bifo, concepito nel contesto della piena pandemia ed interrogativo sulla relazione tra reclusione indotta dall’epidemia ed effusione dei rapporti sessuali. (1)
Pierre Puvvis de Chavannes, Il sogno, 1883 |
Il discorso di Bifo è articolato con rimandi alla dottrina psicanalitica e con la messa in rilievo delle virtù comunicative della poesia (il campione scelto: la produzione di W.H.Auden).
Si apre uno scenario composito, dove l’analisi sociale si mescola alla disamina culturale, avviando sondaggi sui circuiti della civilizzazione e tenendo la barra dritta sul primato del linguaggio.
Il trait d’union è la concezione dell’uomo come essere desiderante. Da qui, le opzioni restano aperte: se appiattire il desiderio sui bisogni o se riconoscerlo irriducibile, ferma restando la compenetrazione di corpo e psiche.
Pierre Puvvis de Chavannes, La fantasia, 1866 |
È dentro l’excursus della psicanalisi che si dispiegano le modifiche apportate dalla scuola di Jung e di Lacan, individuate nel richiamo di un “profondo” (anima mundi) meno caotico, accostabile ad una “voce interiore”.
Nello specifico, Lacan s’interroga sulla valenza del desiderio, rintracciandolo nel rapporto che il soggetto vive con l’altro da sé, parabola di una rincorsa incessante motivata dal superamento dell’egocentrismo. Egli rivisita così l’unilaterale natura sessuale della libido, scovando nella dialettica “io-tu” la sorgente insoddisfatta del desiderio.(2)
Si esplora, in questo senso, piuttosto che la vena aggressiva della natura umana, la sua propensione alla tenerezza e alla gratuità. Vi corrispondono, nel potenziale delle facoltà, più il sentimento che la ragione, più l’intuizione che l’argomentare; nelle performance: più la poesia che la prosa.
Si ritrova qui il filamento della affabulazione: comunicativo, condotto più per immagini che per concetti. Una specie di svelamento, in simbiosi con la ri-velazione, che è documento di creatività, nel senso della creazione continua.
Ecco Hölderlin...alla ricerca “dell’unità perduta” nel viaggio verso l’Ellade, cantore del Dio nascosto. (3)
Ecco Heidegger, lettore di Hölderlin, l’ultimo Heidegger, che ci parla del “pastore dell’Essere”, che indaga l’intimità della Cosa (assenza-presenza), che nella poesia vede l’ “organon” della Verità (arte, per estensione).
Rilke, un poeta della compagnia dello svelamento/nascondimento, evoca l’Angelo. (5)
Nell’insieme, ci si accorge che predominante è il linguaggio e, nella chiave ermeneutica appena seguita, si può forse trovare il senso del Silenzio wittgensteniano (“di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”) e magari provare la poesia come: la voce del Silenzio. (6)
La mia conclusione, infine, è che la piega da assumere e condividere è quella di un Destino colorato con il pennello di 'un re spirituale', meno tragico, più ottimista: potenziato dalle risorse continuamente sorgive.
Voglio così trasmettere fiducia ai giovani, confortato che la “gioventù” abita ogni età.
Pierre Puvvis de Chavannes, Le arti e le muse, 1884-1889 |
Note
Mi auguro che lo leggeranno in tanti.
RispondiEliminaGrazie 🌋
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