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sabato 14 luglio 2018

Africa, che fare?

Ripensare responsabilmente il continente Africa alla luce della storia (non della cronaca).
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini dei dipinti di George Lilanga (1934-2005) con i suoi Shetani o spiriti del profondo (dalla collezione di Cesare Pippi, per gentile autorizzazione, qui il sito).


George Lilanga
🌟Hi-Zerbo (1922-2006) - originario del Burkina Faso, militante politico, insegnante, padre della  storiografia africana, uno dei maggiori intellettuali africani del 900 - ha pubblicato numerosi saggi (tradotti da Einaudi, Jaca Book, EMI) ritenuti fondamentali per le concrete proposte di convivenza, integrazione e scambio tra il suo continente e il resto del mondo. In questi giorni di tragiche emergenze per cercare di capire è più utile individuare dei 'punti fermi' che inseguire la cronaca”.¹  
Vorrei pertanto riproporre brevemente alcune riflessioni sul suo “Punti fermi sull’Africa”, già presentate su questo blog tre anni fa, ma divenute nuovamente di urgente attualità, a seguito dei respingimenti italiani ed europei dei fuggitivi nel mar Mediterraneo. Ogni giorno l’Africa è sistematicamente  violentata  da infinite guerre regionali,  da carestie e siccità in gran parte frutto di una cinica  globalizzazione che si esprime nella violenza perpetrata sull'ambiente da multinazionali di ogni colore politico le quali, complice la corruttela di tanti  governanti, si accaparrano  terre, sfruttano e spogliano intere nazioni delle loro  ricchezze naturali, generano una quotidiana sopraffazione che si tramuta in fuga disperata soprattutto per donne e bambini, che non hanno più nulla da perdere. Le nostre coscienze sono senza scampo interpellate. La storia, implacabile, non farà sconti alla nostra generazione.
George Lilanga
🌟Primo. 
E' vergognosamente arbitraria e faziosa  la visione eurocentrica che relega l’Africa nella periferia del mondo, così come lo sguardo paternalistico o discriminatorio che attribuisce agli africani solo tradizione orale e cultura folkloristica ed agli occidentali invece civiltà e  storia.
🌟Secondo. 
L’Africa, culla e speranza dell’umanità, ha generato la civiltà umana durante il più lungo periodo della storia del mondo. Poi per quattro secoli circa 100 milioni di persone sono state brutalmente schiavizzate come carne grezza per la prosperità di altri popoli. Il posto degli africani nella storia umana non è quello servile in cui finora sono  stati confinati.
🌟Terzo. 
Non c’è una identità africana pura. L’identità africana non è una struttura fossile: è vita, storia in cammino,  processo che, inglobando il passato e il presente ed in qualche misura anche il futuro, si costruisce dalle molteplici identità africane.
George Lilanga
🌟Quarto.  
Non c’è sviluppo “chiavi in mano”. L’unico sviluppo percorribile  è lo sviluppo “chiavi in testa”, sviluppo endogeno, “ubuntu”, antidoto alla mercantilizzazione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, espressione di “volere vivere non gli uni con gli altri, ma gli uni attraverso gli altri”. Lo sviluppo esogeno genera povertà e pauperizzazione: vi sono paesi africani che importano il 50% del loro cibo e ricevono dall’estero l’85% dei loro budget di investimento; l’85% della ricerca sull’Africa si fa fuori dell’Africa; i 2/3 dei paesi meno avanzati sono africani; i 2/3 dei malati di Aids e il 50%  dei rifugiati sono africani; ai giovani non resta che emigrare verso il “paradiso europeo” o essere gettati a migliaia agli incroci delle città africane. Si esce dalla spirale delle vittime programmate del mercato mondiale solo ricorrendo alla pratica dello sviluppo endogeno, che richiede come condizione l’integrazione  tra i vari paesi africani.
🌟Quinto. 
La sovranità nazionale non esiste nella carestia e nella mendicità. L’aiuto umanitario “costituisce una menzogna sulla struttura mondiale degli scambi, perché il flusso netto dei capitali va da Sud a Nord”; sviluppa inoltre il complesso di mendicità e la dipendenza dagli avanzi del Nord,  trasformando il Sud in discarica del pianeta. Numerosi dirigenti svolgono un ruolo nefasto in questa discesa agli inferi dove  le  reti di complicità e di corruzione Nord-Sud interessano spesso le strutture statali.
George Lilanga
🌟Sesto. La globalizzazione non è innocente. Mentre i paesi africani vegetano al limite della sopravvivenza, il Nord accumula tesori senza limiti:“un gigantesco prelievo di minerali, pietre preziose, energie non rinnovabili, risorse genetiche, sportivi, ricercatori, scienziati, informazioni, artisti e prodotti culturali (musica, arti plastiche), medici, medicine, rimborsi del debito ecc.”. Scandalo intollerabile è il land grabbing, l’accaparramento delle terre “inutilizzate”, vendute ad  aziende o governi di altri paesi senza il consenso delle comunità che ci abitano, spingendo alla fame migliaia di contadini, lasciati senza terra né  futuro.
🌟Settimo.
Che fare? La globalizzazione pilotata dalla logica del capitalismo neoliberista è un sistema totalizzante che governa tutte le dimensioni della vita individuale e collettiva. L’unica risposta è “prenderla in contropiede in tutti i settori del pensiero e dell’azione”, tramite una strategia di alleanze delle società civili, che con i loro progetti alternativi già operanti in tante parti del mondo possono riuscire a “sovvertire” le leggi di mercato per metterle al servizio potenzialmente di tutti i paesi del Sud e del Nord: per   condividere in circuiti  sempre più vasti  una economia solidale ed un mercato equo che sappiano aggirare le strutture dello scambio disuguale; per  educare le vecchie e nuove generazioni  al valore del lavoro, del bene sociale, del sentimento civico di appartenenza ad una comunità corresponsabile del bene comune; per rivendicare il rispetto delle differenze e la solidarietà sociale verso i gruppi più deboli del corpo sociale... In questa “resistenza” determinanti sono gli intellettuali nei vari settori della cultura, dell'istruzione, dell'economia e del sociale.
George Lilanga
🌟Per Hi-Zerbo l’interdipendenza umanitaria, cioè il prenderci carico gli uni gli altri, è l’unica strada percorribile per salvare il creato: “Il rimedio dell’uomo è l’uomo stesso. L’uomo sono gli altri” (cit., pag.111). Altrimenti, come dichiarava Z. Bauman ad Avvenire il 20.10.14, non rimane che l’alternativa di spararci a vicenda. 

 Nota.
(1) Retrocopertina di Joseph Hi-Zerbo, Punti fermi sull'Africa, EMI, 2011.

18 commenti:

  1. Articolo veramente molto interessante, da condividere in pieno.
    Buona giornata.

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  2. Molto interessante questo articolo che condivido in pieno!! Grazie mille!!

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  3. accogliere ora ma sviluppare sul posto la loro realtà.

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  4. ci vuole un piano Marshall per loro eliminando armi , fazioni ribelli, una nuova cultura partendo dalla loro realtà, sviluppo agricolo dove è possibile, costruzioni di abitazioni in villaggi o città piccole. Sviluppo artigianale e industria di base. Istruzione generalizzata fino ad arrivare alle università. Eliminare colonizzazione economica delle multinazionali e di certe nazioni. Per fare questo bisogna andare sul posto per avviare e sostenere questo tipo di sviluppo: ci vogliono decenni!

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    1. Caro Silvano, concordo con te nel ritenere lunghi i tempi di realizzazione tecnica-poltica-economica dello sviluppo che auspichiamo. Ma solo se oggi, da subito, ognuno di noi, tutti insieme - ciascuno nel suo campo e con le sue responsabilità personali, professionali, istituzionali … - ci riconvertiamo ad avere cura gli uni degli altri. E’ la speranza che ci accomuna. Grazie. Un caro fraterno saluto.

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    2. Siamo già in ritardo di almeno 50 anni ma come dici tu bisogna partire al più presto. Penso che più che il mondo politico sia quello della solidarietà, dei missionari che potranno (e già stanno facendo) innescare il rinnovamento. Ricambio fraterno saluto.

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  5. " Prendersi cura l' uno dell' altro..." infatti tra tante notizie di guerra....fame....crisi...esodi..ci sono i " Medici con l' Africa " che operano in 7 Paesi dell'Africa ed essi dicono " noi ci siamo...non non scappiamo " .Le difficoltà sono molte ma formano operatori e attivisti territoriali per sostenere sfollati e rifugiati....
    Questo aiuto umanitario dei Medici con l' Africa non fa scalpore.... è una goccia che va valutata perché diventi un mare...un oceano che salva la vita umana....

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    1. Gent.le Teresa, fa bene a rammentarci l‘impegno di tanti medici. Aggiungerei le migliaia di volontari (giovani , donne, missionari, suore, associazioni laiche e cattoliche, ordini religiosi e congregazioni come i Salesiani, i Conboniani…) che sono già oggi “un mare… un oceano che salva la vita umana”. Grazie.

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  6. Premesso che il problema ma è dello sviluppo diseguale ( voluto - guarda caso- dai corifei dello Sviluppo) si può aggiungere che il “volto distorto del Potere “, non la politica in quanto tale che nasce dall bisogno umano di “ correggere cammin facendo” non ha avuto e non avrà mai spinta per affrontare L’Ingiustizia. Bisogna andare al concetto di Giustizia, derivando da quella Divina.
    L’Africa e gli africani non portano nessuna colpa. Avrebbero dei meriti, visto che da lì è partita l’Avventura umana, se solo si ha l’onesta’ per ammettere e il desideri di continuare l’avventura nello spirito della pace e della fraternità.

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  7. Caro Rosario, credo fermamente che bisogna gridare ai quattro venti la necessità di riscoprire tutti insieme il concetto di giustizia, non quella fraudolenta ed ipocrita oggi pervasiva, ma quella che è fondamento e condizione della carità, della fraternità e della pace. Il nostro impegno è continuare, nei nostri limiti, a non desistere. Ciao.

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  8. Dopo aver letto il bell'articolo, prima di esternare il mio parere, come è mia abitudine, ho letto tutti i commenti di coloro che mi hanno preceduto. E' proprio dai commenti che mi sono reso conto che il contenuto non è stato pienamente compreso anche se lo riengo solo uno spiraglio sulla reale portata della questione "Africa". Forse richiede un ulteriore sforzo di approfondimento partendo da un un singolo paese per poi coinvolgere tutti gli altri. L'Africa è immensa come tante sono le cause che hanno provocato la sua arretratezza economica unite alla quasi totale mancanza di consapevolezza che l'Africa non è fatta di tribù o popoli in un coacervo senza regole e, anche laddove esistono, non vengono rispettate ma, soprattutto è ancora scarso, se non totalmente assente, il senso di appartenenza allo Stato o meglio al continente africano. Ritengo, pertanto, che si debbano cambiare, almeno in parte, le metodologie degli "aiuti cosiddetti umanitari", diretti il più delle volte a fornire beni non sempre di prima necessità (il più delle volte si tratta di surplus alimentari o produttivi), fornendo, invece, beni che durino nel tempo e cioè aggiornare e istruire le popolazioni su nuove metodologie di sfruttamento e coltivazione della terra (tipo operazione Mato Grosso). Fornire nuove sementi in grado di sopperirte alle carenze idriche (non OGM beninteso!) unite ad una cultura di aggregazione dei popoli con l'intento di debellare le continue lotte intestine, che asorbono quasi il totale delle risorse economiche per l'acquisto delle armi. Vanno individuati giovani africani da formare per poi impiergarli nel territorio, una "sorta di scuola serale" come avvenne in Italia in tempi della nostra storia nemmeno tanto remoti. Grazie per l'attenzione.

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    1. Condivido appieno le Sue riflessioni, che dovrebbero diventare pane quotidiano per coloro che hanno specifiche responsabilità in merito. E seguo da anni l’Operazione Mato Grosso…. Grazie.

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  9. Mi permette una battuta, GianMaria? Visto il "vento politico" di oggi, qualcuno potrebbe etichettarla come un inguaribile uomo di sinistra senza se e senza ma! Condivido in pieno l'analisi proposta: è infatti più che mai necessaria per la salvezza dell'Africa e della sua umanità (e, direi, di tutto il pianeta) la lettura della Storia da lei utilizzata. Grazie. Buona giornata.

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    1. Gent.le Maria, Le rispondo anch’io con un battuta: anche Lei mi pare “inguaribile” da quanto leggo con mia moglie, per la sua assoluta coerenza ed adamantina fermezza. Mi sento in buona compagnia - a parte mia moglie e Rosario - con tanti credenti e non credenti di ogni fede sparsi nel mondo, desiderosi di nuove terre e nuovi cieli. Un caro saluto.

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