Il giuramento come "sacramento del potere" fondato sul "sacramento del linguaggio", vincolo e promessa di fedeltà.
Post di Rosario Grillo.
✱ PREFAZIONE.
Giorgio Agamben, Il sacramento del linguaggio |
In definitiva prezioso wunderkammer in
miniatura.
✱ LINGUAGGIO E GIURAMENTO.
Con una complessa argomentazione “sulla
punta di fioretto” Agamben mette a punto il senso che va riconosciuto alla “componente
religiosa” del giuramento.
La ricchezza dei rimandi (alle radici
indoeuropee, alla civiltà greca da Omero al periodo ellenistico, al diritto
romano innestato nella celebrazione dell’imperatore, pontifex maximus, a studi
etnografici) non oscura la centralità della tesi principale: la natura religiosa
del giuramento è di tipo formale, è inscritta non nella rivelazione divina ma
nell’inerenza tra il divino e la parola, sigillo del giuramento. A tal punto da
autorizzare l’affermazione: il giuramento è Dio.
Si comprende del tutto se si traduce con
l’idea del pieno. Al contrario, la
bestemmia è il vuoto. Ecco perché di essa si parla come di nominazione di Dio:
frustra, vana, inconsistente, vuota.
Jacques-Louis David, Il giuramento della Pallacorda (1791), particolare |
Il sacro, quando viene ipostatizzato
come il nascosto conduce al tremendo, connesso al mysterium (Rudolph Otto).
Elementi di questa sorta sono nella
religione ebraica e nel culto della Torah.
Agamben prende le distanze da questa
tradizione, rigetta ogni alone di teologia e si concentra sulla qualità
giuridica, implicitamente confermando l’asserto aristotelico della naturale
essenza politica dell’uomo, riconoscendovi la duplicità di bene-male; nel
mentre va esplorando tutta la gamma della compresenza autoriale del divino nel “pactum servandum”.
Jacques-Louis David, I deputati giurano, 1791 |
Vien confermata l’equivalenza nomen-deus
concepita, alle origini o tra i primitivi, politeisticamente, soprattutto
prendendo atto della natura non semantica dei nomi. Essi sorgevano contestualmente
ai Sondergotter (Usener ne parla come divinità speciali invocate per ogni
pratica elementare e basilare dagli antichi come erpicare concimare ecc.)
Allo stesso tempo è confermata la natura
della blasfemia, identica del tutto alla imprecazione, senza nessun intento
denotativo, quindi aperta alla funzione della male-dizione.
Mi impressiona, su questa falsariga, l’evocazione
che i romani facevano, per nome, delle divinità avversarie, sul terreno di
battaglia, onde ingraziarsene i favori, promettendo loro di includerli nel
proprio pantheon e di fare sacrifici. (2)
Jacques-Louis David, Il giuramento della Pallacorda (1791), particolare |
Per questa ragione, l’esistenza non si
aggiunge a Dio, ma è tutt’uno con il suo logos.
In conseguenza, Agamben si dilunga sulla
natura performativa della parola, che consente al giuramento di valere per sé,
prescindendo dalla conferma della realtà. La verità vi è coessenziale: così
risulta assurda ogni prova di verificazione. In questo modo si risale a
Wittgenstein, registrando il senso autentico del legame tra linguaggio e
mondo delle cose discendente dalla certezza inclusa nei nomi
propri. Si tratta di un atto di fede, con l’intesa che non si tratta di
“supremo irrazionale” ma di difforme vetta della sapienza. (3)
✱ CONCLUSIONE.
Ho già detto che Agamben ha lavorato sul
concetto di sacer, sospinto dalla biopolitica di Foucault incistata
sull’assunto: l’uomo è un animale nella cui politica ne va della sua vita di essere
vivente. Data l’equivalenza di politica e linguaggio, si potrà dire: l’uomo è
un animale nella cui lingua ne va della vita di un essere vivente.
Ecco la pista battuta da Agamben. Egli è
risalito alla pregnanza della parola, alla sua capacità di implicare
l’esistenza: tra logos ed esse non passa differenza.
Jacques-Louis David, Il giuramento della Pallacorda, 1791 |
Risulta confermata la qualità
responsabile – impegnativa - piena della
parola.
Responsabile, perché il soggetto ne
risponde di persona con la vita (fondamento del giuramento).
Impegnativa, perché richiama la sacratio:
letteralmente la somma di denaro che davanti al giudice veniva promessa e che
al reo toccava pagare.
Piena, perché richiama la statura
divina, in quanto “ogni nominazione è, infatti, duplice: è benedizione o
maledizione. Benedizione, se la parola è piena, se vi è corrispondenza fra il
significante e il significato, fra le parole e le cose; maledizione se la parola
resta vana, se permangono, fra il semiotico e il semantico, un vuoto e uno
scarto” (p. 95).
✱ NOTE.
Jacques-Louis David, Il giuramento della Pallacorda, 1791 |
(2) Idem p.67
(3) Sono andato a “ curiosare “ nella
storia della matematica, seguendo la bussola, fondamentale per me profano,
dell’iter compiuto da Wittgenstein, dalla scuola viennese a Russell. Così ho
chiarito la difformità del procedimento del filosofo viennese da “platonismo
alla Cantor” e la saldezza della sua scelta circa l’orizzonte del linguaggio .
“Nella prospettiva teologica di Cantor il regno del possibile è più ampio di
ciò che può essere detto perché tra pensiero e linguaggio non c’è coincidenza;
nella prospettiva di Wittgenstein invece il concepibile coincide con
l’orizzonte grammatico-pragmatico del linguaggio. Questa tesi, che si esplicherà
al meglio negli scritti dopo il ’29, è gia presente in nuce nella Prefazione
del Tractatus: non è possibile tracciare un limite al pensiero, quindi esso
verrà tracciato nel linguaggio.”
Da riviste.unimi noema
Direi di considerare la differenza che passa
tra i neopositivisti che si muovevano con il principio di verificazione e Wittgenstein che utilizzava il principio di
veridizione.
Caro Rosario, ci stupisci sempre per gli orizzonti che ogni volta ci dischiudi, offrendoci muovi squarci di riflessioni e sentieri ben poco esplorati, almeno da me, che ci aprono alla “rivelazione di molti arcani”. Da profano quale sono, trovo originale e pertinente alla nostra temperie non solo culturale ma sociopolitica quanto ci suggerisce l’archeologia del giuramento sia in rapporto al sacro sia al profano. Mi convince in particolare l’endiadi “sacramento del potere”- “sacramento del linguaggio” e “la qualità responsabile -impegnativa - piena della parola”. E guardandomi in giro, ascoltando parole irresponsabili fatue vuote, mi pare che proprio nell’ambito politico oggi aleggi sopratutto la maledizione e la bestemmia, “la parola che resta vana”. Grazie.
RispondiEliminaPrima voglio riservare due parole al segreto ma prezioso lavoro di Rossana, che con l’impaginazione appresta il commento e complemento iconico al contenuto del post. Il suo lavoro, talvolta improbo ( come questa volta), è sempre svolto nel modo più intelligente possibile. Associare David, con il giuramento della pallacorda è stato azzeccatissimo. Grazie.
RispondiEliminaGrazie anche a te delle parole di encomio.
La parola, il linguaggio è frequentemente argomento dei nostri interessi, e non è certo un fatto casuale.
Thannks great post
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