Essere consapevoli della crisi che viviamo è la premessa necessaria per poter decidere di agire, nella direzione di una rinascita collettiva.
Post di Gian Maria Zavattaro
Disegni del noto illustratore Doriano Solinas, per gentile autorizzazione.
Doriano Solinas, Crisi |
(Michele Serra, Repubblica
del 8.11.19)
“τα μεγάλα πάντα επισφαλή…
“τα μεγάλα πάντα επισφαλή…
Tutte le grandi imprese
comportano dei rischi e, come vuole il proverbio, le cose belle sono
davvero difficili”.
(Platone, Repubblica, VI, 497 D)
✴️ Crisi: parola enigmatica, conturbante e per questo abusata. Indubbiamente è “tempo di privazione” e di confuse incertezze che non risparmia nessuno, soprattutto i tanti - molti - che non l’avvertono, non ne hanno coscienza, non odono e non vedono, perché incoscienza avarizia sordità cecità sono l’espressione più terribile della crisi.
(Platone, Repubblica, VI, 497 D)
✴️ Crisi: parola enigmatica, conturbante e per questo abusata. Indubbiamente è “tempo di privazione” e di confuse incertezze che non risparmia nessuno, soprattutto i tanti - molti - che non l’avvertono, non ne hanno coscienza, non odono e non vedono, perché incoscienza avarizia sordità cecità sono l’espressione più terribile della crisi.
Illustrazione di Doriano Solinas |
Ci sono giorni in cui mi capita, in
un’accorata fusione di turbamento e speranza, di avvertire con particolare
intensità questo qualcosa che incombe su tutto e su tutti. Stiamo vivendo una
permanente stagione di trasformazioni sovvertimenti smarrimenti inquietudini
non solo a livello politico e sociale (nazionale, planetario e globale), ma a
livello culturale, e segnano ognuno di noi, separano od uniscono ed anche
straziano le nostre singole esistenze (2).
Guardiamo
in noi stessi ed attorno a noi: nevrosi individuali e collettive, dirompenti
tensioni sociali, violenze sui minori, donne e uomini sfruttati al pari di
schiavi, disperanti suicidi, insensati omicidi, nichilismo nelle più svariate
forme, giovani arrabbiati, adulti senza lavoro, anziani soli, generazioni che
non riescono a capirsi, nuove povertà galoppanti, mendicanti di ogni colore in
tutti gli angoli, migranti ghermiti dal mare, popoli affamati…
✴️ E noi? Cittadini delle più ricche società mai esistite, scontenti del presente e spaventati del futuro, sentiamo il terreno franare, non sappiamo a chi credere, a che cosa attenerci. Intanto la “macchina della paura”(3), manovrata da prezzolati strateghi ed orchestrata da abbietti registi all’interno della labirintica ragnatela dei social network, diffonde il virus della paura: mescola spudoratamente carte truffaldine, ci confonde con dati truccati e miriadi di slogan martellanti, ci rifila senza ritegno fraudolenti notizie,fabbrica nemici e complotti che attenterebbero alla nostra sicurezza e benessere. Mi pare l’espressione di un cinico disprezzo che non teme di addormentare la nostra coscienza critica, di spogliarci del diritto-dovere di vagliare e discernere la verità dal falso, di ridurci a sprovveduti compiacenti minorati per ghermire senza ritegno il nostro consenso - il nostro voto! - e perdutamente rubarci la nostra comune humanitas.
Illustrazione di Doriano Solinas |
✴️ E noi? Cittadini delle più ricche società mai esistite, scontenti del presente e spaventati del futuro, sentiamo il terreno franare, non sappiamo a chi credere, a che cosa attenerci. Intanto la “macchina della paura”(3), manovrata da prezzolati strateghi ed orchestrata da abbietti registi all’interno della labirintica ragnatela dei social network, diffonde il virus della paura: mescola spudoratamente carte truffaldine, ci confonde con dati truccati e miriadi di slogan martellanti, ci rifila senza ritegno fraudolenti notizie,fabbrica nemici e complotti che attenterebbero alla nostra sicurezza e benessere. Mi pare l’espressione di un cinico disprezzo che non teme di addormentare la nostra coscienza critica, di spogliarci del diritto-dovere di vagliare e discernere la verità dal falso, di ridurci a sprovveduti compiacenti minorati per ghermire senza ritegno il nostro consenso - il nostro voto! - e perdutamente rubarci la nostra comune humanitas.
Illustrazione di Doriano Solinas |
Ma crisi non è tanto il nostro languire individuale e collettivo, soprattutto è dover rendere conto a noi stessi di noi stessi, renderci consapevoli e decifrare il malessere che segna la nostra esistenza per scorgere, con la speciale intensità che questo tempo amletico ci può svelare, l’urgenza di decisioni personali e collettive che sciolgano la nebbia, ci aprano a nuovi orizzonti liberanti, ci facciano sentire creature nuove e respirare sollevati. “Crisi” non è agonizzare nelle incertezze, è rinascere, perché è decidere, come ci rivela non a caso l’etimologia: dal lat. crisis, gr. krìsis “scelta-decisione”.
Essere dentro la crisi vuol dire decidere di agire e ripensare il significato delle cose: dobbiamo decidere adesso, perché oggi dobbiamo vivere, non domani. Decidere è scegliere una possibilità (una direzione, una rotta, in altre parole da che parte e con chi stare) ed escludere tutte le altre. Ma decidere è anche scegliere la possibilità di non decidere e di non fare.
Doriano Solinas, La responsabilità e i silenzi della borghesia italiana |
✴️ C’è chi decide di cavalcare il palcoscenico dei demagoghi ed è sempre “contro”. Per lui la crisi è catastrofe pauperistica operata dagli “altri” (nemici, diversi, migranti…). Per lui il benessere e la sicurezza della gente per bene si garantiscono solo innalzando muri, respingendo gli indesiderati ed indesiderabili, ripristinando il dogma di un capo carismatico con pieni poteri, pronto ad invocare la palingenesi universale, ad eccitare con la “macchina della paura” (3) l’ansia della pauperizzazione e dell’insicurezza, incitando all’ostracismo degli “altri”ed allo smantellamento di ogni pletora democratica. Così ti affidi ciecamente all’uomo o donna la cui professione è incantarti, sedurti, ammaliarti con il canto delle sirene, cioè stordirti e soprattutto carpirti tramite il voto il tuo libero pensare. E ti precipiti, in fuga dal duro confronto con la realtà, a fagocitare l’illusione che l’agitazione sia vita, che gli slogan che ti rintronano le orecchie risolvano i problemi. E prima o poi scopri che urlare contro, imprecare, sfogarsi in ordinarie e straordinarie trasgressioni null’altro sono che il programmato ottundimento di chi è caduto in trappola, gabbato, perdutamente raggirato.
Doriano Solinas, Rafforzare l'argine dell'antisemitismo |
Ognuno di noi dunque di fatto con le sue decisioni contribuisce ogni giorno alla crescita o della speranza democratica o dell’immobilismo nichilista e del sovranismo individualista. Ognuno di noi, nel suo piccolo, cambia di fatto il mondo nel bene e nel male e, inconsapevole o consapevole, volente o nolente, è di ciò responsabile.
Doriano Solinas, Saltimbanchi con poltrona |
Leggo e rileggo le Beatitudini (Mt 5,1-12). Leggo le conclusioni del recentissimo sinodo dell’Amazzonia. Rinasce la speranza. Con essa la certezza che questa è precisamente l’ora del coraggio di “non avere paura - noli timere - nolite timere!”. Leggo, da inquieto credente, che “non avere paura” è scritto 365 volte nella Bibbia: come i giorni dell’anno, uno per ogni giorno. So bene che “a ciascun giorno basta la sua pena” (5): proprio per questo ogni giorno dell’anno è buono per rafforzare il coraggio di non avere paura di pensare, di interrogarsi, di interrogare, di impegnarsi ad operare coerentemente. E magari assistere un giorno non lontano ad una loro crescita a dismisura…
✴️ Note.
Doriano Solinas, I libri sulla Shoah, tanti e necessari |
2. Forse sono i costi di questa nostra ambivalente globalizzazione: a una parte la galoppante crescita della rete digitale, delle comunicazioni delle conoscenze, l’invasione delle neotecnologie, lo sviluppo inarrestabile del dominio della finanza sull’economia, l’aumento del benessere (solo per qualcuno, come ci rassicurano proditoriamente i dati statistici: vecchia storia dei due che statisticamente mangiano in media un pollo al giorno, ma in realtà chi lo mangia tra i due è uno solo e l’altro niente…); dall’altra la forbice sempre più ampia tra ricchi e poveri, la crescita delle disuguaglianze sociali, sfruttamento, ingiustizie di ogni genere, migrazioni forzate, espansione dei muri e dell’indifferenza…
3. cfr. report: qui.
4. cfr. la recentissima pubblicazione di Luca Ricolfi, La società signorile di massa, ed. La Nave di Teseo, 2019. Ricolfi è un sociologo che non ama la sinistra perché “ non capisce più il paese”, ma ama l’Italia e proprio per questo le sue analisi sono impietose. L’Italia è “una società opulenta in cui l’economia non cresce più e i cittadini che accedono al surplus senza lavorare sono più numerosi dei cittadini che lavorano”. Il paradosso tutto italiano della “società signorile di massa” secondo Ricolfi è contraddistinto dalla ricchezza immobiliare e finanziaria accumulata dalle generazioni precedenti, dalla perdita di produttività ormai cronica,dalla crescita di massa dei consumi opulenti (non quelli di base), dal record europeo di giovani Neet, dalla formazione di un’infrastruttura schiavistica” (il “paraschiavismo”, circa 3 milioni di persone, per lo più stranieri, che svolgono i lavori che non facciamo più e sorreggono a basso costo i consumi opuli). Non si può continuare così all’infinito, bisogna svegliarsi, ammonisce Ricolfi: “Il nostro stupefacente equilibrio è destinato a rompersi, la stagnazione diverrà declino. La società signorile è un prodotto a termine”.
5. cfr. Mt 6, 34. Il versetto del Vangelo di Matteo è: Ảρκετὸν τῇ ἡμέρᾳ ἡ κακία αὐτῆς (arketòn tè hemèra he kakìa autès). La traduzione latina di S. Girolamo è “Sufficit diei malitia sua”; la traduzione italiana CEI di kakìa-malitia è “A ciascun giorno basta la sua pena”, che è anche il significato che attribuisce S. Tommaso “idest afflictio sollicitudinis” (Summa Theologiae Secunda Secundae, 1-91).
4. cfr. la recentissima pubblicazione di Luca Ricolfi, La società signorile di massa, ed. La Nave di Teseo, 2019. Ricolfi è un sociologo che non ama la sinistra perché “ non capisce più il paese”, ma ama l’Italia e proprio per questo le sue analisi sono impietose. L’Italia è “una società opulenta in cui l’economia non cresce più e i cittadini che accedono al surplus senza lavorare sono più numerosi dei cittadini che lavorano”. Il paradosso tutto italiano della “società signorile di massa” secondo Ricolfi è contraddistinto dalla ricchezza immobiliare e finanziaria accumulata dalle generazioni precedenti, dalla perdita di produttività ormai cronica,dalla crescita di massa dei consumi opulenti (non quelli di base), dal record europeo di giovani Neet, dalla formazione di un’infrastruttura schiavistica” (il “paraschiavismo”, circa 3 milioni di persone, per lo più stranieri, che svolgono i lavori che non facciamo più e sorreggono a basso costo i consumi opuli). Non si può continuare così all’infinito, bisogna svegliarsi, ammonisce Ricolfi: “Il nostro stupefacente equilibrio è destinato a rompersi, la stagnazione diverrà declino. La società signorile è un prodotto a termine”.
5. cfr. Mt 6, 34. Il versetto del Vangelo di Matteo è: Ảρκετὸν τῇ ἡμέρᾳ ἡ κακία αὐτῆς (arketòn tè hemèra he kakìa autès). La traduzione latina di S. Girolamo è “Sufficit diei malitia sua”; la traduzione italiana CEI di kakìa-malitia è “A ciascun giorno basta la sua pena”, che è anche il significato che attribuisce S. Tommaso “idest afflictio sollicitudinis” (Summa Theologiae Secunda Secundae, 1-91).
✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱
✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱✱
Ogni volta ciò che scrive è un dono.
RispondiEliminaProprio vero! Grazie Professore!
EliminaGrazie davvero, per gli spunti di riflessione che offre nel post e per i suggerimenti di lettura presenti in nota.
EliminaGrazie, Ilaria Gambardella, per le gentili parole.
EliminaGrazie, gentile Paola Graffigna, per la lettura accurata. Un caro saluto.
EliminaGrazie di cuore! Buona giornata.
RispondiEliminaI suoi scritti sono prodigiosamente illuminanti! La sua abilità nel dare voce a quello che in molti pensano e non sanno esprimere è meravigliosa. La ringrazio di cuore. Dopo averla letta posso iniziare questa giornata con una speranza in più. Grazie!
RispondiEliminaGrazie davvero per le sentite, graditissime parole e buona giornata "con una speranza in più".
EliminaTesto illuminato e illuminante. La fotografia del contesto attuale non si limita ad essere pienamente compiuta nella descrizione, ma è animata da una consapevole e sapiente riflessione sull'ieri e sull'oggi e soprattutto si propone come un urgente richiamo ad una presa di coscienza della personale responsabilità di ciascuno. Tutti coinvolti e chiamati a scegliere da che parte stare, come rischiare i propri talenti.
RispondiEliminaUn grande grazie, Gian Maria.
Gent.le Maria Antonietta, grazie per la precisa puntualizzazione, che coglie l’anima di quanto mi proponevo di comunicare. Rimane per me il problema quotidiano di perseverare nella coerenza, di non sprecare il tempo che mi rimane e i pochi talenti che mi sono stati donati. Buona domenica ed un caro saluto da parte anche di Rossana.
EliminaMi hai preannunciato il tema , non il contenuto e quest’ultimo è giustamente impietoso.
RispondiEliminaNel senso proprio non c’è tempo senza crisi, essendo la crisi gestazione del nuovo ( ed intendo : nuovo non come l’effimero, ma come elemento dotato di uova vita, vita che si sviluppa).
La casistica da te descritta dei “ colpiti dalla crisi” rappresenta in gran numero coloro che subiscono, riservando un segno a coloro che interagiscono attivamente con la crisi.
Nei primi : la supinita’ è causata dalla indifferenza, che sguazza nell’individualismo - così spesso esecrata da Papa Francesco ( si leggano anche le pagine di Cecità di Saramago).
Nei secondi : la linfa è data dalla Fiducia, dalla Speranza.
Grazie di questa appropriata esortazione 🍀
Caro amico, raccolgo il tuo invito a guardare, con gli occhi e la voce di Saramago, questo nostro tempo pieno di contraddizioni, dove la cecità diventa un’epidemia e rischia di rendere tutti uguali, - i cosiddetti buoni e i cosiddetti cattivi, gli indifferenti e i cosiddetti impegnati di destra o di sinistra – tutti uguali perché ugualmente ciechi, nella misura in cui vivono in un mondo dove non c’è più speranza. Faccio perciò mia la tua conclusione: “la linfa è data dalla Fiducia, dalla Speranza”. Ciao.
EliminaDelle sue riflessioni, che condivido in toto, sottolineo in particolare due passaggi: “Crisi” non è agonizzare nelle incertezze, è rinascere, perché è decidere, come ci rivela non a caso l’etimologia: dal lat. crisis, gr. krìsis “scelta-decisione”. Essere dentro la crisi vuol dire decidere di agire e ripensare il significato delle cose: dobbiamo decidere adesso, perché oggi dobbiamo vivere, non domani. Decidere è scegliere una possibilità (una direzione, una rotta, in altre parole da che parte e con chi stare) ed escludere tutte le altre."
RispondiEliminaE ancora:
"C'è chi (...) vuole pensare, ascoltare, capire e vuole fare, collaborare con chiunque sia disposto a praticare nuovi modelli di vita comunitaria e di sicurezza, basati su dialogo accoglienza reciproca inclusione, tutelando tutti compresi i non garantiti. E’ sempre a favore, non contro; non perde tempo in polemiche sterili; accetta con coraggio la sfida di crescere insieme agli “altri” e di condividere non solo a parole il loro dramma, rispettando il principio costituzionale e il precetto morale che chi ha di più deve dare di più. Sa bene che la sua singola isolata decisione non sconvolgerà l’assetto mondiale, ma che insieme mille decisioni analoghe alla sua, diecimila, centomila, un milione cambieranno il mondo. Anzi già sta succedendo."
Grazie.
Gentile Maria, felice sintesi dei concetti-chiave che intendevo esprimere e… bell’esempio di stile attico, che – ahimè ! – purtroppo non mi è molto congeniale …. Grazie, come sempre.
Elimina