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martedì 26 dicembre 2017

J.L.Borges, l'enigma del Natale.

Commento alla poesia "Giovanni I, 14" di J.L.Borges.
Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Simone Martini (1285-1344).

Giovanni I, 14¹.
Non sarà questa pagina enigma minore
di quelle dei Miei libri sacri
e delle altre che ripetono
le bocche inconsapevoli,
credendole d’un uomo, non già specchi
oscuri dello Spirito.

Simone Martini, Frontespizio 
del commento di Servio a Virgilio, 
(Miniatura)
Sin dalle prime righe J.L.Borges restituisce il Natale al Mistero biblico e teologico.
La pagina, di cui si parla all’inizio, potrebbe essere quella richiamata nel titolo, Giovanni I, versetto 14: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”. Ma (la pagina) potrebbe anche essere la stessa del componimento di Borges, in cui si immagina Gesù che narra il proprio cammino tra gli uomini.
E’ comunque un racconto enigmatico, che le bocche inconsapevoli ripetono senza scorgervi l’eccesso in esso contenuto, il sovrappiù che non proviene dall’uomo, ma dallo Spirito. Il Mistero di Dio può rivelarsi soltanto in una forma oscura, rendendosi visibile all’occhio debole dell’uomo “per speculum et in aenigmate” (1 Corinzi, 13,12).

Io che sono l’È, il Fu e il Sarà
Accondiscendo ancora al linguaggio
Che è tempo successivo e simbolo.

L’enigma del Natale è l’Eterno che si fa linguaggio, entrando nel tempo della narrazione, nella successione del prima e del poi. L’Altissimo si consegna alle parole, “accondiscende” ad esse, quindi si abbassa e si racchiude in quei poveri segni che non riescono a contenerlo, ma possono soltanto rimandare a Lui come simboli.

Chi giuoca con un bimbo giuoca con ciò che è
prossimo e misterioso;
io volli giocare coi Miei figli.
Stetti fra loro con stupore e tenerezza.
Per opera di un incantesimo
nacqui stranamente da un ventre.
Vissi stregato, prigioniero di un corpo
e di un’umile anima.

Simone Martini, 
Angelo annunciante
(Polittico Portatile Orsini)
🌟Il primo simbolo della narrazione - “prossimo e misterioso” insieme -  è la natività. Dio si fa bambino, “stupore e tenerezza”: nulla di più vicino alla realtà umana e, nello stesso tempo, nulla di più imprevedibile per il modo umano di “pensare Dio”. L’enigma è continuamente richiamato (“per opera di un incantesimo, nacqui stranamente da un ventre, vissi stregato…”). Il corpo e l’umile anima sono i segni visibili dell’abbassamento: la kénosis divina.

Conobbi la memoria,
moneta che non è mai la medesima.
Il timore conobbi e la speranza,
questi due volti del dubbio futuro.
Ed appresi la veglia, il sonno, i sogni,
l’ignoranza, la carne,
i tardi labirinti della mente,
l’amicizia degli uomini,
la misteriosa devozione dei cani.

🌟Il secondo simbolo della narrazione è l’abitare di Dio nel tempo, uomo con gli uomini e con tutti gli altri esseri viventi. Gesù vive la temporalità di cui è intessuta l’esistenza. Conosce la memoria del passato, come durata e identità; sperimenta il dubbio del futuro, quale impasto di timore e speranza. Conosce i ritmi dei giorni (la veglie e il sonno), le altezze e gli abissi (i labirinti della mente), le profondità, le mancanze, i turbamenti… e sperimenta le dimensioni belle del vivere, come sono l’amicizia degli uomini e la fedeltà dei cani.

Fui amato, compreso, esaltato e sospeso a una croce.
Bevvi il calice fino alla feccia.

Simone Martini, 
Annunciazione
🌟Il terzo potente simbolo della narrazione cristologica, non disgiungibile dalla nascita, è la croce, il calice bevuto fino in fondo. Si toglierebbe ogni spessore teologico al Natale se non si unisse ad esso il destino del patire che il Figlio assume su di sé. Magnificamente lo ha espresso Massimo Cacciari nel suo ultimo Generare Dio, descrivendo la figura di Maria, il suo turbamento e la sua paura di fronte al saluto dell’angelo, iconicamente rappresentato dall’Annunciazione di Simone Martini². Nel bambino c’è già il crocefisso: questo sa Maria, fin dal principio.

Gli occhi Miei videro quel che ignoravano:
la notte e le sue stelle.
Conobbi ciò ch’è terso, ciò ch’è arido, quanto è dispari o scabro,
il sapore del miele e della mela
e l’acqua nella gola della sete,
il peso d’un metallo sul palmo,
la voce umana, il suono dei passi sopra l’erba,
l’odore della pioggia in Galilea,
l’alto grido degli uccelli.
Conobbi l’amarezza.

Simone Martini, 
Investitura di San Martino, 
dettaglio
🌟Il quarto simbolo è l’amore per la terra, espresso nella ricca gamma dell’esperienza umana. I particolari dicono l’esattezza della conoscenza (ciò ch’è terso, ciò ch’è arido…), la sottigliezza delle sensazioni (il sapore, il peso, il suono, l’odore…), la verità dei sentimenti (l’amarezza).
Su tutto un afflato lirico che avvolge ogni aspetto della terra (la notte e le stelle, il grido degli uccelli, la voce umana, la pioggia in Galilea…).

Ho affidato quanto è da scrivere a un uomo qualsiasi;
non sarà mai quello che voglio dire,
sarà almeno la sua eco.
Dalla mia eternità cadono segni
Altri, non questi ch’è il suo amanuense, scriva l’opera.


🌟Il quinto simbolo è l’eco.
Si ritorna qui alla limitatezza del linguaggio umano. L’uomo qualsiasi potrebbe essere il profeta della Scrittura, ma anche lo stesso poeta Borges che elabora la sua pagina.  In entrambi i casi l’amanuense sarà solo l’eco del Verbo.
L’Enigma non può essere detto in un sol modo e non si esaurisce nelle Scritture o in un ispirato componimento. “Dalla mia eternità cadono segni”: quindi molte sono le vie per raccontare Dio e giungere a Lui.

Domani sarò tigre fra le tigri
e dirò la mia legge nella selva,
o un grande albero in Asia.
Ricordo a volte e rimpiango l’odore
di quella bottega di falegname.

Simone Martini, Deposizione dalla croce 
(Polittico Portatile Orsini)
🌟Il sesto simbolo è la tigre. Per Borges questo fiero animale  - cui ha dedicato un’intera raccolta e molti componimenti - è simbolo della Vita, nella pluralità delle sue forme, ed è evocazione soterica (...io mi ostino/ a cercare nel tempo della sera/ un'altra tigre, che non sta nel verso)³. Qui diventa cifra della pienezza di Dio.
Il ricordo dolce e la nostalgia dell’odore di quella bottega di falegname chiudono - nella poesia - la vicenda, altissima e umanissima, di Dio tra gli uomini.

Note.
1. Giovanni I, 14, contenuta in Elogio dell'ombra, Mondadori, Milano 1985, vol. II, pp. 261-262.
2. Massimo Cacciari, Generare Dio, Il Mulino, Bologna 2017, p. 19.
3. L'altra tigre, contenuta nella raccolta L'artefice, Mondadori, Milano 1984, vol. I, p. 1207.

7 commenti:

  1. Brava Rossana. Bell'articolo.

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    1. Grazie di cuore Marco! Buona giornata.

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    2. grazie per questo BELLISSIMO articolo

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    3. Gentile Roberta, grazie per l'apprezzamento davvero molto gradito.

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  2. Grazie per il gradito apprezzamento. Buona giornata.

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  3. È la conferma della tua sensibilità, forgiata da costante ricerca, dotata di aerea libertà. Vedo che cominci a mettere a frutto il libro di Cacciari, Generare Dio. Presto vedremo la tua recensione. 🎄🍀

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    1. Grazie Rosario, trovo J.L. Borges (la sua vasta opera poetica e, direi anche, filosofica) una miniera di idee, prospettive, itinerari... labirintici e molto stimolanti. Un caro abbraccio a te e Liliana.

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