Riflessioni e interrogativi per una riformulazione dell'etica, nella sua dimensione civile.
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle sagaci vignette di Mauro Biani, noto illustratore di numerose testate italiane (qui il sito instagram), con gentile autorizzazione.
Riprendo da
un’angolatura diversa e complementare il tema morale sviluppato con passione
dall’amico Rosario nell’ultimo suo post (qui). Lo faccio senza pretese, come uno
che sa di essere “debole in filosofia, ma non nell’amore per essa” e che non
ama respirare l’aria irridente di coloro per i quali l’etica civile è obsoleto
residuato e inciampo ai propri affari.
Immagini delle sagaci vignette di Mauro Biani, noto illustratore di numerose testate italiane (qui il sito instagram), con gentile autorizzazione.
Mauro Biani, 2019 |
Forse è
opportuno capire subito di che cosa stiamo parlando. Provo a partire dall’etimologia:
“etica” dal gr. ἔθος ethos, lat. mos=abitudine,
costume, consuetudine, pratica di vita, usanza. Ma anche “etica” dal gr. ἦθος
(con la e lunga,eta): norma, regola di vita, convinzione-comportamento
pratico delle persone nella società, insieme di valori implicanti decisioni
valide per sempre, a prescindere da qualunque conseguenza. A quest’ultimo
significato intendo fare riferimento. L’aggettivo “civile” - termine introdotto
da M. Vidal, “teologo di frontiera” - denota, tramite la connessione e
l’apporto di elementi fondanti le buone pratiche ovunque presenti, un possibile paradigma morale fondato sul convivio
delle differenze, come dovrebbe essere per la stessa vita democratica.
Nel disincanto delle ideologie, nella frammentazione
degli egoismi e nella diaspora dei valori è possibile oggi un’etica civile e
- suo corollario - del servizio sociale? E’possibile insieme costruire e
riconoscere un minimo morale condivisibile e condiviso in cui coniugare
diverse istanze morali e attraverso cui salvaguardare la convivenza civile in
una società democratica e pluralista?
Se ne parla almeno da settant'anni, a partire in
particolare dall’Olocausto. (1) Nelle varie singole, concrete ed operative,
proposte mi pare possibile riscontrare decisivi elementi fondanti un comune
denominatore, che provo ad esplorare.
Mauro Biani, 2019 |
1. L’etica riguarda ciò che debbo fare assolutamente. Non è
ciò che fanno tutti, non è ciò che piace e ciò che desidero fare, non è ciò che
mi è utile, non è la mera scienza teorica come riflessione sistematica
sulle condizioni di possibilità di bene-male nelle scelte umane o nei singoli
comportamenti entro i vari ambiti dell’esistenza umana. E’ ciò che io debbo
fare assolutamente: è la mia coscienza come ultima istanza. È il dramma del
mio esistere, dell’esistere di ciascuno di noi come unico irripetibile. La
nostra vita è fatta di scelte, di una serie interminabile di scelte individuali
e collettive, nessuna delle quali è fatta a caso. Devo avere comunque un
criterio valutativo che la mia coscienza all’interno di me stesso mi intima di
definire come bene morale. Non accordo alcuno spazio al relativismo (per il
quale non esiste un bene morale ed io posso fare ciò che mi conviene e mi pare)
ma cerco appassionatamente di fare ciò che è buono per me e per gli altri. Non
posso accettare che ciò che debbo fare mi sia imposto dall’esterno. La mia
coscienza rifiuta di rinunciare alla dignità di disporre di me stesso,
delegando ad altri la mia esistenza, che non è più mia perché la sua
definizione è tutta fuori di me.
Ciò che debbo fare assolutamente implica e postula:
Mauro Biani, 2019 |
- la consapevolezza dell’esistere
dell’altro, che entra nel mio progetto di vita non come strumento per i
miei fini ma come il “tu-noi” determinante e condizionante il mio
progetto.
- la consapevolezza della mia responsabilità nel
rapporto con la natura e la cultura. Ognuno di noi vive immerso e
condizionato, ma non determinato, dalla natura e cultura e a sua volta può
incidere sul cosmo e sull’ambiente. La vita morale è sentirsi solidale e
corresponsabile con la famiglia umana e verso il cosmo (l’ecologia!).
- la consapevolezza del valore di universalità (comprese
le generazioni future) che risiede nel nesso che lega giustizia e verità:
una norma che vale universalmente prescrive una norma secondo verità, ovvero il
bene ed il giusto non sono altro che la forma della verità nella prassi. E’ la
garanzia emblematica del legame sociale.
- la consapevolezza del limite della certezza
morale. Il discorso su di essa non fonda ma presuppone che la vita abbia un
senso, che il significato positivo dell’esistere sia esperienza intrinseca del
vivere umano e che l’altro ne costituisce l’esperienza estrinseca.
L’etica
civile è consapevole di essere sempre esposta al rischio dell’errore soggettivo
e più radicalmente al non sussistere di quel significato che presuppone.
Proprio per questo è vita di tensione, intimamente inquieta, che
continuamente si interroga, tesa alla conferma o revisione della sua
interpretazione del senso della vita, misurandosi con l’esistenza stessa alla
ricerca di garanzie epistemologiche.
Mauro Biani, 2019 |
Se così è, guardiamo in noi ed intorno a noi e
chiediamoci quanta etica civile stiamo respirando...
2. L’etica del servizio sociale si può descrivere
come intreccio di tre paradigmi: interesse, dovere, gratuità.
a. Interesse. Svolgo la mia professione (sociale, politica,
economica….) perché ne ricavo un interesse. Ciò rientra legittimamente nel
paradigma oggi dominante del neoliberismo, sistema di produzione e di
circolazione delle cose e dei servizi nella società che si spiega a partire
dalle nozioni di scambio, interesse, razionalità, utilità, ottimizzazione come
concetto centrale. La forma codificata è il contratto. Il
contratto in sé non è una brutta cosa: ci permette di vivere, di prendere lo
stipendio… Esaminiamone la logica: è un atto libero, fondato sulla liquidazione
immediata e permanente del debito (l’impegno che assumo per contratto e che
devo assolvere nelle forme previste dal contratto: esempio 36 ore settimanali di
lavoro secondo un certo mansionario, diritti e doveri regolamentati e
consolidati…) e sull’equivalenza come modello del mercato (do ut des).
La libertà moderna è essenzialmente assenza di debito: “l’homo oeconomicus”
non ha alcun debito con nessuno in quanto si ha l’obbligo di contraccambiare:
il controcambio è certo ed obbligatorio, si dà per ricevere;
l’obbligazione è indipendente dai propri “sentimenti” nei miei confronti,
indipendente dal legame che esiste tra lui e me; il tipo di libertà del mercato
si realizza liquidando il debito, attraverso la
reciprocità-equivalenza in funzione dell’interesse di ciascuno. E’ il primo
aspetto, incontrovertibile, anche del lavoro-servizio sociale.
Mauro Biani, 2019 |
b. Il dovere. Svolgo la mia professione
(sociale, politica, economica…) perché è mio dovere rispettare l’impegno
assunto: faccio mio il paradigma sociologico di interiorizzare le norme,
obbedisco ad una regola sociale, mi conformo ad una convenzione sociale,
rispetto la legge, pratico la cultura della legalità. Anche qui ci si
conforma all’obbligo di contraccambiare: si dà per ricevere, ma
l’impegno contrattuale, sostenuto anche dall’interesse, è vissuto soprattutto
come impegno sociale, coerenza alla parola data, regola del dovere, regola di
tipo universale, anche qui caratterizzata dalla proprietà di obbligare
l’altro indipendentemente dai suoi “sentimenti” nei miei confronti,
indipendentemente dal legame che esiste tra lui e me.
c. La gratuità: conditio sine qua non per un
autentico servizio sociale. Svolgo la mia professione perché l’Altro non mi
è indifferente, non gli richiedo nulla in contraccambio, non do per
ricevere. Ci troviamo di fronte ad una asimmetria: non c’è la reciprocità
richiesta nell’interesse e nel dovere.
Eppure la gratuità e il suo
linguaggio appartengono al nostro mondo, costituendone a un tempo il lato
critico e alternativo. E’ esperienza comune, insieme complessa e paradossale:
l’amore, l’amicizia, la fiducia, dare ospitalità, assumersi responsabilità,
prendersi cura dell’altro sono esperienze che ciascuno di noi fa, riconducibili
alla gratuità ed alla sua logica, modalità relazionale che informa di sé e struttura
la vita di tante persone. Come sostiene Godbout (3), è parte “dell’armamentario
dei concetti che servono ad elaborare un modello alternativo a quello del
mercato” ed è indispensabile ad orientare il senso complessivo del lavoro sociale.
Esprime il legame profondo tra le
persone, le svincola dall’obbligo di conformarsi cioè di
contraccambiare, testimonia che non si dona per ricevere, semmai si
dona perché l’altro doni. E’ tutt’altro che bizzarra: il suo cuore, la non
reciprocità, si sottrae inevitabilmente al paradigma utilitaristico oggi
dominante, anzi si pone come sua alternativa. Perché in fondo è un donare se
stessi.
Mauro Biani, 2019 |
Note.
1. Tra i
tanti, mi limito a citare autori di cui ho letto qualcosa: il teologo
Vidal Marciano (Etica civile e società democratica Sei,
1992); A. Schweitzer (Rispetto per la vita, Claudiana, 1994);
A. Capitini (La compresenza dei morti e dei viventi, Saggiatore,
1966); H. Jonas (Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà
tecnologica, Einaudi, 2002); I. Illich (Nello specchio del passato,
ed. Boroli, 2005) perché “il desiderio possa fiorire ed i bisogni
declinare”; L. Boella - M. Augé (Etica civile: orizzonti, EMP, 2013); Z.
Bauman (La vita in frammenti. La morale senza etica del nostro tempo, Castelvecchi,
2018)…. Per approfondire il tema cfr. in particolare La Fondazione
Lanza (Centro Studi in Etica) di Padova e i suoi periodici forum
dedicati all’etica civile.
Al cospetto della profondità di pensiero, mi limito a sintetizzare. Etica è più di “ un minimo morale condiviso “; si propone come paradigma garante di un “ convivio delle differenze “ al fine di “ salvaguardare la convivenza civile “. Rimanda alla consapevolezza di se’ e dell’altra nel teatro cosmico più armonico, tipica di membro connaturato al Limite.
RispondiEliminaLa convivenza civile mette alla prova la capacità di tessere relazioni che si elevano dal grado minimo dell’Interesse all’amalgama superiore dell’Amore Donativo imbevuto di GRATUITA ‘.
Se ne richiede l’uso per la crescita del DIALOGO, per una POLIS LIBERA E PLURALE, per la PACE.
GRAZIE Gian Maria!
Sintetizzi efficacemente il significato di una vita, specie del credente: “La convivenza civile mette alla prova la capacità di tessere relazioni che si elevano dal grado minimo dell’Interesse all’amalgama superiore dell’Amore Donativo imbevuto di GRATUITA‘”. Dall’interesse, che è già una primo superamento dell’indifferenza, all’amore donativo. Ci sto provando. Idealmente insieme. Ogni giorno, Ciao.
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