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domenica 24 gennaio 2021

Memoria e speranza ostinata.

Il 27 gennaio non è alienante retorica ma “speranza ostinata” se...

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini della pittrice ceca di origine ebraica Malva Schalek, deportata prima nel campo di Terezin e poi ad Auschwitz (dove muore).
 
Malva Schalek, Arrivo nel campo di Terezin
“2 febbraio1943. Gli Stubendienste gridano: avanti, avanti a letto. Lasciare le scarpe sotto. Ci arrampichiamo sulle tavole. Tavole senza paglia e senza coperte. Non riusciamo a dormire. Uno propone di pregare. Preghiamo. Shema Israel Adonaj Elobenu… Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio…” Deuter. 6,4-9. (1)

Ogni giorno si consumano drammi e tragedie di migliaia di persone: morti di covid (oltre 2 milioni a tutt’oggi nel mondo), ma anche di solitudine, freddo, fame, guerre di cui nessuno parla, disperati annegamenti, atti terroristici, schiave schiavi e bambini sfruttati, rigurgiti razzisti e tanto altro. Di contro l’indifferenza globale e, in troppi decisori dei destini nostri e del mondo, mediocrità, improvvisazione, incapacità, irrisione truffaldina.

Mia moglie ed io ci siamo tormentati su vari interrogativi: quest’anno nel nostro blog c’è posto per la Shoah? Perché continuare a parlarne? Perché partecipare all’annuale memoria di più di 6.000.000 di ebrei assassinati?

Perché ancora, sempre, e ancor più nel tempo del covid, occorre non dimenticare, occorre pensare e far pensare. Perché il paradosso del covid, se ci obbliga al distanziamento fisico, nel contempo ci fa scoprire l’altro e ci impone di “rispondergli” in senso etimologico, di dedicarci cioè alla “responsabilità” reciproca, perché ognuno di noi è per gli altri un altro.

Malva Schalek, Preghiera nel campo di Terezin

Il 27 gennaio non è alienante retorica ma “speranza ostinata” se crediamo che senza memoria non c’è consapevolezza del presente e responsabilità del futuro:
❋ se il paradigma Shoah illumina il nostro convivere e ci fa riscoprire l’altro e quindi noi stessi, 
se non dimentichiamo le vittime del nazismo (e quelle di oggi), 
se ci adoperiamo a “riparare il mondo”, 
se in Italia chi decide prenderà sul serio il compito educativo della scuola.

✴️ Il paradigma. “Ecco la domanda di fondo: “Fu o non fu, Auschwitz, una rottura di civiltà, deflagrante implosione di tutto ciò che l’illuminismo aveva definito civiltà europea, gli ideali di libertà e di uguaglianza per tutti i cittadini, il valore della tolleranza religiosa, il controllo reciproco dei poteri per evitare gli abusi di assolutismo e totalitarismo?” (2) La barbarie di Auschwitz è evento unico, senza precedenti, di una portata non immaginabile, quasi impossibile da credere. Fondamentale è la differenza rispetto ai tanti genocidi e stermini perpetrati in tutti i continenti “La Shoah fu compresa, pianificata e resa operativa come soluzione finale di un “problema”[…] Ecco perché la Shoah può essere annoverata insieme ad altre catastrofi alla categoria giuridica del genocidio. In tale categoria, definita appunto come messa in opera di una decisione intenzionale e sistematicamente sterminatrice, essa è senza precedenti e, almeno fino ad oggi, senza nuova applicazione. Dunque la Shoah è stata, e qui l’aggettivo va davvero usato, un evento unico. Parimenti unici sono stati i mezzi senza i quali tale progetto non avrebbe potuto essere pianificato o messo in opera.(3) “Mai prima d’ora nella storia uno Stato aveva tentato di rimuovere completamente da un intero paese, anzi da un intero continente, ogni singolo appartenente a un intero popolo, che fosse uomo, donna o bambino. E mai prima d’ora tentativi simili all’Olocausto vennero perseguiti con metodi così coordinati e con tale determinatezza nel raggiungimento dello scopo, senza deviazioni di sorta. E’ difficile da immaginare e quasi impossibile da credere che, una volta accaduto tutto ciò, la storia del mondo possa mai essere la stessa. E tuttavia è stato ed è parte della storia del mondo”(4). Per i nazisti la stessa esistenza degli Ebrei era un crimine da punire con l’assassinio collettivo, il fine primo dell’anti-mondo, l’Olocausto(5): “male assoluto”,qualcosa di inaudito e mai visto.

Malva Schalek, In coda per il cibo, campo di Terezin

✴️ Le vittime dimenticate del nazismo: migliaia di disabili, malati mentali, malati incurabili; decine di migliaia di prigionieri di guerra considerati “sottouomini”; 500.000 Rom ritenuti “pericolosi, asociali con tendenze criminali, ariani decaduti, razza degenerata”; ca 50.000 omosessuali; migliaia di testimoni di Geova… (6). E non dimentichiamo le vittime di oggi, perché non ci siano più quelle di domani.

✴️ “Riparare il mondo” (tiqqun‘olam) è sostanza di ogni atto di resistenza, è - Fackenheim cita e riporta un testo di Rav Sacks (7) - “l’imperativo di migliorare la condizione umana impegnandosi in modo costruttivo nel mondo. Esso conferisce dignità religiosa a quanti, ebrei e non ebrei alla pari, lavorano per rimuovere i mali del mondo un passo alla volta, gesto dopo gesto, nel quotidiano. Come insegnano i saggi del giudaismo, ogni generazione ha le sue sfide e i suoi leader e ciascuno di noi ha il suo compito, i suoi doni che sono unici, il suo specifico contributo da offrire. Per ciascuno di noi c’è qualcosa che nessun altro può fare al nostro posto, e questa è la ragione per cui siamo stati creati. […] Vivere una vita di fede è saper ascoltare il grido silenzioso dell’afflitto, della persona sola e marginale, del povero, del malato e del senza potere, e rispondergli (8).
La “riparazione” riguarda ogni persona di ogni razza religione età, ogni cittadino, ogni famiglia e comunità, ogni responsabile della res publica ad ogni livello politico socioeconomico culturale. Ed ogni scuola! 
 
Malva Schalek, Bambini del campo di Terezin

✴️ La scuola: luogo in cui si annuncia la speranza e si forma la cultura del “riparare il mondo”. Ciò comporta per ogni docente, in questo tempo di covid, la responsabilità tutt’altro che scontata di reinventare l’ambiente classe e riempire in presenza la relazione interattiva di forti richiami alla promozione della persona, alla cittadinanza attiva e responsabile, all’ospitalità ed integrazione reciproca, alla realizzazione del diritto di ogni persona all’apprendimento sino all’eccellenza, al dovere di in-segnare senza facili pressappochismi, in un clima lietamente serio, incompatibile con la DAD promossa a sistema. Docenti con lo sguardo lungo, ben consapevoli che molti giovani studenti - a causa del covid esclusi dalla comunità locale, sofferenti del presente alieno e dal futuro a dir poco incerto - non a caso fanno uso intensivo dei loro smartphone come difesa dal loro isolamento e rifugio che in qualche modo li rassicura, li informa, li fa sentire inclusi nella loro comunità virtuale che offre nel pullulare dei social emozioni e informazioni in dismisura, disperse, irrelate, spesso inaffidabili. E’ dunque oggi in questo tempo di covid compito urgente della scuola insegnare in presenza ad ordinarle, interpretarle, criticamente discuterle in modo da fornire una mappa veritiera del mondo in cui vivono, affinando la loro sensibilità per tutti gli aspetti della vita umana. Il vantaggio della scuola in presenza riposa in qualcosa che la Rete non potrà mai dare e fare: insegnare-imparare a non subire le informazioni passivamente, promuovere e proteggere la libertà di pensare e soprattutto imparare a “riparare il mondo” sollecitando ognuno a costruirsi un pensiero strategico personale di conversione del mondo.

Malva Schalek, Dal campo di Terezin

✴️ Note.

1. Max Mannheimer, UNA SPERANZA OSTINATA, a cura di C. Cumani, pref.di P.Rumiz, add,To,2016, p.56. Deuteronomio 6,4-9: Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.  Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi  e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.
2. M. Giuliani, Introduzione, p.7 in Emil L.Fackenheim, Olocausto, a cura di M. Giuliani, Morcelliana, 2011.
3. Max Mannheimer,o.c. p.19. “Tra tali mezzi vanno inclusi: una definizione scientificamente precisa delle vittime; le procedure giuridiche - che richiesero la collaborazione delle migliori menti della professione legale - necessarie ad eliminare totalmente i diritti delle vittime; un apparato tecnologico che va dal sistema dei trasporti alle camere a gas; e, forse l’elemento più importante, un autentico esercito non solo di assassini ma anche di complici più o meno volenterosi, tipo impiegati, avvocati, giornalisti, dirigenti d’azienda, ufficiali, autisti e controllori delle ferrovie, imprenditori, e la lista potrebbe continuare a lungo. Tutti questi mezzi e questa rete collaborativa erano indispensabili per il come della soluzione finale. Ma ci voleva anche un esercito di storici, filosofi e teologi onde assicurarsi il perché” (pp.19-20).
4. Max Mannheimer o.c. p.21.
5. Illuminanti ed amare le pagine 24 e 25 dell’o.c. Si capisce allora l’afasia, il rifiuto di raccontare di tanti testimoni reduci dai lager, le loro croniche depressioni, il peso insostenibile dei loro ricordi tormentosi. Alcuni a fatica seppero reagire, come Max Mannheimer (1920-2016) che fino al 1964 tacque. Nel ‘64 deve essere operato, pensa che sia la fine, si rende conto di dover scrivere le sue memorie per la figlia che non sa nulla e lavora freneticamente temendo di non fare in tempo. In realtà il medico si era dimenticato di consegnargli i buoni risultati degli esami. Le memorie sono pubblicate nel 1985 e da allora comincia a tenere conferenze e a parlare nelle scuole con i giovani sino all’ultimo suo giorno. “Sapevo che dovevo prima di tutto chiarire a me stesso il mio atteggiamento nei confronti dei potenziali ascoltatori. Cosa provavo nei confronti del popolo dei carnefici in mezzo al quale ormai io stesso vivo da trent’anni? Non provavo alcun odio verso i tedeschi. Non lo avevo mai provato. Questo mi permetteva di mettermi anche nei loro panni.[…]Non mi era mai venuto in mente di rinfacciare loro le colpe dei padri o dei nonni. Mi vedevo e mi vedo solamente come un testimone, non come un pubblico ministero o u giudice. Volevo instaurare un dialogo con le persone, non chiedere loro conto di crimini che non avevano commesso” pp.120-121.
6. v. Giorgio Giannini, VITTIME DIMENTICATE Lo sterminio dei disabili, dei Rom, degli omosessuali e dei Testimoni di Geova, stampa alternativa, 2011. Migliaia e migliaia di persone soprattutto prigionieri di guerra polacchi slavi russi considerati “sottouomini”, internati nei lager e utilizzati come manodopera a bassissimo costo, “schiavi di Hitler” sottoposti allo “stermino tramite il lavoro” o alla “dieta di  fame” se incapaci di lavorare. Circa 500.000 Rom, considerati “pericolosi, asociali con tendenza criminali, ariani decaduti, razza degenerata”  che  ad Auswitz ed in altri lager avevano tatuati sul braccio la lettera Z (Zigeuner, zingaro) e sull’abito il triangolo marrone o  nero dei criminali (pp.28-76); internati migliaia di alcoolisti, senza fissa dimora. ca 50.000 omosessuali che invece portavano un  triangolo rosa (intento dispregiativo) vessati con i lavori più ripugnanti, stuprati (pp.78-91). Disabili, malati di mente, malati incurabili,  anche l’eutanasia dei bambini, ritenuti “vite non degne di essere vissute”, inutile peso economico per la società, la cui eliminazione fu avviata con il programma di eutanasia denominato Aktion T4, primo programma di eliminazione collettiva nel quale si sperimentò la “gassazione” poi utilizzata su larga scala (pp. 6-27). I testimoni di Geova perseguitati fin dal 1933, perché considerati “oppositori” e un pericolo per il loro modo di vivere e di essere: su circa 20.000 fedeli oltre 6.000 furono arrestati, 2.000 internati nei lager, ca 700 morirono di stenti e malattie,  ca 300 assassinati mediante impiccagione o decapitazione. Erano considerati “prigionieri volontari”, perché se avessero abiurato sarebbero stati liberati, ma rimasero saldi nella fede. La loro divisa di internati era contrassegnata dal  triangolo viola (pp.92-116). Ed anche in Italia il  fascismo  non fu da meno…
7. Rav Jonathan Sack (Londra, 8.3.1948 - Londra, 7.11.20) Rabbino, politico, Lord, maestro, professore, pensatore, considerato la massima autorità spirituale e morale ebraica ortodossa in Gran Bretagna, col titolo di Rabbino capo della Gran Bretagna e del Commonwealth delle nazioni. Con il suo accattivante sorriso conciliante sapeva entrare in dialogo e far dialogare tutti, ebrei e cristiani, laici ed ortodossi, umili e potenti.
8. Mannheimer o.c p. 46. “Riparare il mondo” traduce un concetto religioso ebraico, il tiqqun ‘olam: atto di fede non solo e non tanto in Dio quanto nell’uomo e nella ragione umana; atto di fiducia verso il mondo che non si crede condannato a soggiacere alle forze del male; atto di speranza in virtù del quale lavorare per il bene nonostante il male si può e si deve. “Esiste un nesso profondo tra il tiqqun ‘olam come impegno a riparare e a rendere migliore il mondo dopo la barbarie di Auscwitz e l’idea biblico-talmjdica che l’uomo è imago Dei, tzelem Elohim, icone del suo Creatore… tali eccellenze e valore e dignità sono più un compito che un principio, più una responsabilità che un titolo di gloria, proprio perché la “gloria di Dio” dipende tutta ed esclusivamente dalla capacità umana di esercitare quella responsabilità, amministrando il mondo e le sue limitate risorse per il bene dell’umanità, non per la sua rovina” cfr. Giuliani in Fackenheim,o.c.pp.12-13 e 52.

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10 commenti:

  1. Sembra che finalmente il dialogo ecumenico si sia portato avanti ( per l’azione maieutica divina, per la spinta del Vaticano II, per la ferma convinzione di Papa Francesco, per l’azione efficace di molti operatori).
    In questo sfondo colloco la tua commemorazione, caro Gian Maria, perché si avvale di tale afflato, e ci sprona ad assumere ognuno la nostra parte, confortata dall’invito di Gesù : “ Alzati e cammina!” .🤗🎈

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    1. Hai colto perfettamente, con la tua sensibilità di cittadino del mondo di credente di amico, “lo sfondo” della commemorazione. Grazie di cuore per la tua esortazione a ritrovare tutti la strada della maieutica divina, la spinta del Vaticano II, il dialogo ecumenico, l’esempio e la Parola di papa Francesco e l’azione di tanti che su questa strada stanno camminando ed operando.

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  2. Profonda e bella riflessione, ma ancor più pressante si pone l'irrisolta questione palestinese, come pure quella dell'Europa verso i profughi dalle guerre e devastazioni socioambientali prodotte, proprio alla luce potente, che continua a illuminare quell'atroce, unica, esperienza di disumanità: la possibilità insita nella nostra stessa civiltà, che ancora, l'indifferenza e l'interesse egocentrato, riproducano il mostro.

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    1. Quanta verità nella disumanità odierna che lei, gentile Patrizia, apertamente rinfaccia. E quanti rischi l’indifferenza e gli egoismi collettivi nascondono e possono produrre. Non si può non provare una giusta e santa collera nei riguardi del disinteresse, ignavia gretti calcoli complicità di troppi decisori dei destini altrui …

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  3. Parole vere, nitide, profonde, che è raro sentire e che fanno bene.
    Grande lavoro e servizio il vostro!
    Giuseppe Grosso

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    1. Caro Giuseppe, grazie di cuore per quanto scrivi, che ci rimotiva a resistere e continuare il nostro servizio. Un caro abbraccio a te e Patrizia.

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  4. Sottoscrivo ogni parola, ogni riflessione. Domani - giorno canonico della memoria - riporterò il link di questo scritto così prezioso e così necessario nel mio blog. Grazie. Saluti cordiali.

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    1. Cara e gent.le Maria, grazie della costante attenzione dei nostri riguardi e dell’onore che ci attribuisci. Ci sentiamo veramente in profonda reciproca sintonia e comunione ed in questi momenti per tanti motivi difficili non è poca cosa. Un caro saluto anche da parte di Rossana e Rosario.

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  5. Ho appena letto in una mia classe è i ragazzi hanno apprezzato molto il messaggio di “speranza ostinata” che sorvola la stucchevole retorica e invita ad alzare lo sguardo, andare avanti prestando ascolto e cura a chi ci è prossimo. Grazie di cuore. Un abbraccio. E spero tanto di poterci vedere presto.

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    1.  Cara Patrizia, grazie a te, per il tuo coraggio. La speranza ostinata si costruisce e si sviluppa proprio nella e dalla scuola. E anche nella nostra speranza ostinata c’è, anelante, il desiderio di non tardare ad incontrarci, discorrere dei massimi e dei minimi sistemi, godere insieme le bellezze del creato, sorridere alla vita ed al mondo.

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