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sabato 1 febbraio 2025

Mania identitaria

L’assurda connotazione unitaria e identitaria di entità mutevoli e multiformi come i popoli.

 Post di Rosario Grillo

Umberto Boccioni, Movimento di un corpo umano, 1909

Circola un virus parimenti dannoso di quello del COVID: è imputabile alla “mania identitaria”. Sarebbe opportuno parlare di ideologia. Dando ascolto a quanti hanno considerato chiusa l’epoca delle ideologie, adotto questa definizione che trapassa dalla maniera alla mania descrivendo così l’orbita di qualcosa che qualcuno ha chiamato “buon senso comune”. Ho con piacere notato che da qualche parte si è rilevato che lo spessore di questo senso comune collima fatalmente con la banalità, mettendo di seguito la specificazione: del male, cosicché H. Arendt ha potuto leggere un triste fenomeno storico. Fatali echi di parole e costrutti che ritornano nel tempo (1).

Più specificamente, guidato dallo storico Claudio Vercelli (2) metto in mostra le considerazioni avanzate da alcuni studiosi per rilevare un “codice di chiamata, ovvero un incipit di conformismo ai principi della nuova destra, un gas iniettato nelle vene dei presidi della Democrazia. Scrive Vercelli (il Manifesto del 21/01/25): “ci stiamo esercitando sul nesso tra antisemitismo come ideologia della modernità e deliri del presente… Non a caso, l’anti-intellettualismo (‘non pensare se non attraverso gli schemi di senso comune, quelli governati dalla comunicazione’) è uno dei paradigmi strategici del dominio delle destre odierne… Il vero fuoco [della diffusione odierna dell’accusa di antisemitismo], infatti è semmai l’abuso del podere di interdizione. Tale agire sta paradossalmente divenendo una sorta di piattaforma dalla quale disintegrare ogni spirito critico”. (3)

Umberto Boccioni, La città che sale, 1910-11

Identità: parola evocatrice; per troppi: parola -simbolo. Nell’impianto etimologico rinvia ad un “idem”, ritrovandosi in un ταυτότης greco che gira a vuoto visto che ripete se stesso. Dà corpo ad un “principio di identità”, capitale nella logica, ma che marca una stabilità pericolosamente esposta alla stasi più viziosa, ad a-cosmismo: la negazione del pluralismo e, per esso, di alterità.

L’identità è un momento importante del processo evolutivo dell’individuo umano sul fine di completare il distacco dall’età infantile e dalla famiglia: in questa dimensione viene indagato dalla psicanalisi.

Non va incoraggiato mai invece il suo spostamento verso il campo dei corpi collettivi mettendo in opera “una pratica del lavoro storico come ricerca delle origini di ciò che vivo o tale appare nel presente, sotto l’impulso di una ‘memoria storica’ che è la fallace immagine del passato fungibile dagli assetti di potere”. (4)

Comunque, questa combinazione è già avvenuta nell’età degli imperialismi (1870-1915) quando il colonialismo occidentale ha celebrato i suoi fasti: la sua linfa scaturiva dal nazionalismo. Prendendo spunto da questa parola, mi spingo a valutare il nesso che può unire il nazionalismo al populismo propalato dai sovranista di oggi. Dovendo assumere alcune cautele, suggerisco di intendere una sorta di neo nazionalismo che è stato capace di aggiornarsi al recente costume mass mediale e di integrarsi nel nuovo ordine economico (multinazionali come Amazon Facebook Apple Google Twitter).

Umberto Boccioni, Dinamismo di una testa di uomo, 1913

Adriano Prosperi, lo storico sopra richiamato, ha credenziali acquisite nelle lunghe e probanti analisi storiche condotte sui secoli moderni, affinate fino a svelare i circuiti dell’immaginario collettivo, ben addestrate a smontare gli ingranaggi d’azione dei poteri istituzionali. Sua la stesura di un piccolo libro per mettere in guardia su questa mania identitaria diffidando la manipolazione storiografica in essa incorporata. Basta seguirlo nella segnalazione della tonalità comune, sostrato de “i selvaggi“ evocati dai colonizzatori europei dell’età moderna, “i migranti“ ostracizzati oggi da tutti gli Stati, cosiddetti civili. Della serietà dell’operazione storiografica suscitata egli diffida; ne elabora le ragioni, mettendo in guardia in quanto “tipico della nostra epoca… in cui… le merci e gli oggetti si mondializzano mentre gli esseri umani si tribalizzano”. (5)

Soprattutto, l’insigne storico si preoccupa di criticare l’assurda connotazione unitaria e identitaria di entità mutevoli e multiformi come i popoli, operata per estensione infelice dell’immaginario collettivo. Non esiste permanenza, quindi identità, di soggetti come le civiltà.

Azzeccato il richiamo dell’espressione usata da Thomas Mann per svelare l’incongruenza della propaganda nazista tesa a plasmare il consenso della nazione tedesca chiedendosi: “se esiste il popolo come figura storica, come personalità collettiva con un carattere e un destino. Chiosa perciò il Nostro: “il problema è proprio questo, se esiste il popolo come entità collettiva, individuo dei molti corpi e da una sola testa”. (6)

Note
Umberto Boccioni, Rissa in galleria, 1910
(1) E’ sempre il tempo, infatti, ad essere termometro e cassa di risonanza, magnetofono della Storia.
(2) Egli stesso, di appartenenza ebraica, ha dovuto fronteggiare l’impeto di questa aggressione pubblica condotta in nome di un ibrido marchio di antisemitismo.
(3) Identità di A. Prosperi.
(4) Rinvio ad articolo citato
(5) Cito da versione eBook del libro di Prosperi.
(6) Ibidem. Prosperi ha scandito l’analisi in tre comparti: uno (l’identità di ogni singolo individuo), nessuno (l’identità anonima, in chiave universale), centomila (l’identità dei soggetti multipli). Se scorro le indicazioni della riforma scolastica improntata dal ministro Valditara (e dalla commissione da lui istituita) trovo già applicazione di tale assurdità.

2 commenti:

  1. Caro Rosario, ancora grazie! Hai veramente toccato il punctum dolens et pruriens. “Non a caso, l’anti-intellettualismo (‘non pensare se non attraverso gli schemi di senso comune, quelli governati dalla comunicazione’) è uno dei paradigmi strategici del dominio delle destre odierne”. Che cosa nasconde la maniacale “mania identitaria”? La volontà dei marpioni al potere di disintegrare il nostro spirito critico (capacità di pensare, leggere, interpretare, capire, decidere per il sì o per il no, convenire o rifiutare, in sintesi essere o non essere liberi) esaltando, idolatrando, adorando come feticcio “un non so che” proclamato come “identità” (quid est? ) con il rischio (o l’intento?) di ridurci a replicanti = servi non pensanti incapaci di ribellarsi...

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  2. Grazie Gian Maria dell’incoraggiamento! Batti e ribatti cercheremo di smentire la vulgata nazionale e mondiale. Almeno saremo il contrappunto. 🍀🤗Rosario

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