Don Milani (1923-1967) nella lettura di Don Antonio Balletto (1930-2008), religioso genovese, teologo, presidente della casa editrice Marietti.
Post di Martina Isoleri, docente di lettere, autrice del libro Don Antonio Balletto e la sua biblioteca (qui), già intervenuta su questo blog qui.
Fotografie di Marinella Azzoni, pittrice e fotografa (qui).
Inizia così uno dei tanti “schemi di
lavoro” – se così vogliamo definirli – di Don Antonio Balletto.
Accanto ai quasi 20 mila volumi presenti
in biblioteca ci sono infatti numerosissimi appunti con i quali Don Antonio
preparava le sue lezioni.
Uno di questi, diviso in due parti,
mette in contatto il sacerdote genovese con un altro “collega” d’eccezione: Don
Lorenzo Milani¹.
Don Milani non ha bisogno di molte
presentazioni. La sua vita, il suo impegno politico, sociale ed educativo
possono essere riassunti in quell’I CARE ancora oggi affisso alle pareti
della scuola di Barbiana. Don Balletto sceglie di raccontarne sia gli aspetti
culturali e i rapporti con il mondo socio-politico sia quelli relativi al mondo religioso-spirituale, due realtà che in entrambi i sacerdoti sono
sinergicamente sintetizzabili in una frase: amore per l’uomo e per Dio.
Tra gli appunti vengono ripercorsi gli
anni nei quali Don Lorenzo opera, mettendone in luce i cambiamenti, le
problematiche ma anche le potenzialità. Lo immaginiamo preparare questi appunti
con l’aiuto dei suoi preziosi libri, con lo sguardo sempre
rivolto al mondo sociale e al Vangelo. In questi schemi noi possiamo intuire il
taglio delle diverse conferenze e, non avendo il testo completo o la
registrazione, costituiscono un possibile spunto di ricerca e di riflessione.
Fotografia di Marinella Azzoni |
Riporto alcuni passi (segnalati con
il colore viola) estrapolati dalle pagine manoscritte in corsivo da
Balletto e organizzate secondo una impaginazione schematica, ai quali allego in
anteprima alcune delle meravigliose fotografie realizzate da Marinella Azzoni,
appassionata ricercatrice del Bello e del Vero.
La buona terra....
“C’è chi semina e chi raccoglie”. Se
questo avviene per ogni uomo, tanto più si compie per uomini fuori dal comune e
anticipatori. Così penso sia avvenuto anche per Don Milani. Se oggi siamo qui a
ricordarlo è perché vogliamo vedere questi semi, vedere da che terre venivano e
in quali terreni sono stati buttati. Vogliamo seguirne la nascita, la crescita,
gli esiti visibili. Vogliamo continuarne, nella nostra modestia, l’opera.
La
mia vita ha avuto la fortuna d’essere stata attraversata e solcata da amicizie
e conoscenze che hanno dato respiro e consistenza ai miei giorni. Sarebbe
troppo lungo l’elenco e sarebbe anche di poca utilità. Per me è importante, vi
ritorno spesso con gratitudine grande. La vita si fa anche un CANTO DI
RICONOSCENZA per avere avuto questi amici e conoscenti. (...) Non vogliono
queste note essere una storia e nemmeno riassunto di avvenimenti. Il mio
discorso vuole richiamare alcune condizioni degli anni ’50-’80. Direi così:
Fotografia
di Marinella Azzoni |
a) si incrinano i monolitismi sociali,
culturali, politici, religiosi e trema la stabilità sociale;
b) ci si affida ad un blocco unico
affinché l’identità si rifaccia;
c) con questo possono coprirsi i
problemi che continuano a fermentare sotto l’unità politica;
d) i grossi problemi:
๏la avviata mutazione di identità comporta una problematizzazione del credere
nella sua soggettività e nella sua
oggettività.
Fotografia
di Marinella Azzoni |
๏si comincia a sentire la necessità di un nuovo modo di capire e vivere
l’Esistenziale cristiano e la misura
della moralità cristiana
๏la “pratica” routinaria
๏la nuova Evangelizzazione (missioni, lavoratori, modernità)
La terra di cui era fatto:
a) l’origine e la struttura vetero-testamentaria;
b) l’enigma dell’essenziale;
c) un sentire con Ethos profondo
d) una Libertà ribelle e obbediente
e) una fede sicura e tenera
f) la struggente necessità di servire
g) una Ecclesialità dallo sguardo acuto,
tenero e profondamente critico
h) un Amore bruciante per Cristo, i
Vangeli, la dignità umana.
La parola chiave che percorre invece la
seconda parte del suo intervento è Fedeltà, declinata nel doppio risvolto della
fedeltà al cielo e alla terra; all’Escaton e all’Incarnazione, al
vivere concreto con tutte le contraddizioni, al volto singolo che sta nella
luce del Dio unico in Cristo; all’umano e al più che umano; all’espressività
concettuale-discorsiva e a quella non verbale.
Fotografia
di Marinella Azzoni |
Queste parole ci riportano sicuramente
alle problematiche che come insegnanti viviamo ogni giorno nelle nostre scuole.
Solo concependo l’aula come luogo di incontro e di vita insieme
allora l’educazione e l’insegnamento possono assumere contorni meglio definiti.
Oggi più che mai è necessario compiere questo passaggio, soprattutto di fronte
ad una didattica che punta sempre di più sul sapere ma accompagnato al saper
fare e al saper essere.
In conclusione, cosa può dire Don
Lorenzo all’uomo di oggi?
Prima di tutto Don Antonio ci ricorda
che è assurdo copiare o, peggio, fotocopiare la sua immagine. Don Milani
è riuscito a tenere gli occhi e il cuore aperto su Dio che si fa uomo,
dimostrando di avere la prontezza e il coraggio libero e umile di scrutare i
segni dei tempi.
L’uomo di oggi, sulla scia dei semi
gettati da coloro che hanno saputo cogliere i cambiamenti della storia, ha
bisogno di ritrovare quel coraggio capace di farci tornare ad essere, di nuovo
e ancora, sentinelle del mattino.
Gli appunti
presentano i seguenti titoli: Una ripresa del seme gettato da Don Milani,
Rapallo 6 febbraio 2003; e I sentieri tracciati da Don Milani Rapallo 21
febbraio 2003.
Cara Martina, ho riletto il tuo post del 16.4.14 e con vivo interesse questo tuo ultimo su don Balletto e don Milani, “uomini fuori dal comune e anticipatori”. Sento profondamente il “c’è chi semina e chi raccoglie”. Io ho raccolto molto dai miei “maestri”, sia quelli da me incontrati de visu (amo citare almeno d. G. Girardi, d. Lutte…), sia quelli con cui ho dialogato e dialogo spiritualmente, al di là del tempo e dello spazio (Mounier, Péguy, Freire, don Milani…), sia tanti amici e tanti miei allievi (di Biella e di Albenga) e non ultimi, da quando sono in pensione, gli amici “migranti” ai quali cerco di insegnare l’italiano, ben sapendo che in-segnare è anche imparare e che i nuovi ragazzi di don Milani sono proprio i migranti (cfr. E. Affinati, L’uomo del futuro. Sulle strade di Don Lorenzo Milani). Quanto al mio seminare, il mio piccolo “canto di riconoscenza”, è bene che siano altri a dire se qualcosa è germinato. Condivido infine le tue riflessioni dell’aula come luogo di incontro e di vita insieme: così vuole essere la nostra scuola “Migrantes” che cerca di interpretare liberamente lo spirito di don Milani, senza scimmiottarlo come giustamente sottolinei, ed in particolare il ruolo profetico del docente da lui splendidamente descritto: “La scuola siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità […], dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico […]. E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare “i segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso” (Lettere di don Milani priore di Barbiana, Mi, Mondadori,1970, p. 222-223). Grazie, cara Martina.
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