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domenica 27 ottobre 2019

Don Antonio Balletto e don Lorenzo Milani: un dialogo a distanza.

Don Milani (1923-1967) nella lettura di Don Antonio Balletto (1930-2008), religioso genovese, teologo, presidente della casa editrice Marietti.
Post di Martina Isoleri, docente di lettere, autrice del libro Don Antonio Balletto e la sua biblioteca (qui), già intervenuta su questo blog qui.
Fotografie di Marinella Azzoni, pittrice e fotografa (qui).

Fotografia di Marinella Azzoni
 “C’è chi semina e chi raccoglie”.
Inizia così uno dei tanti “schemi di lavoro” – se così vogliamo definirli – di Don Antonio Balletto.
Accanto ai quasi 20 mila volumi presenti in biblioteca ci sono infatti numerosissimi appunti con i quali Don Antonio preparava le sue lezioni.
Uno di questi, diviso in due parti, mette in contatto il sacerdote genovese con un altro “collega” d’eccezione: Don Lorenzo Milani¹.
Don Milani non ha bisogno di molte presentazioni. La sua vita, il suo impegno politico, sociale ed educativo possono essere riassunti in quell’I CARE ancora oggi affisso alle pareti della scuola di Barbiana. Don Balletto sceglie di raccontarne sia gli aspetti culturali e i rapporti con il mondo socio-politico sia quelli relativi al mondo religioso-spirituale, due realtà che in entrambi i sacerdoti sono sinergicamente sintetizzabili in una frase: amore per l’uomo e per Dio.
Fotografia 
di Marinella Azzoni

Tra gli appunti vengono ripercorsi gli anni nei quali Don Lorenzo opera, mettendone in luce i cambiamenti, le problematiche ma anche le potenzialità. Lo immaginiamo preparare questi appunti con l’aiuto dei suoi preziosi libri, con lo sguardo sempre rivolto al mondo sociale e al Vangelo. In questi schemi noi possiamo intuire il taglio delle diverse conferenze e, non avendo il testo completo o la registrazione, costituiscono un possibile spunto di ricerca e di riflessione.
Riporto alcuni passi (segnalati con il colore viola) estrapolati dalle pagine manoscritte in corsivo da Balletto e organizzate secondo una impaginazione schematica, ai quali allego in anteprima alcune delle meravigliose fotografie realizzate da Marinella Azzoni, appassionata ricercatrice del Bello e del Vero.

La buona terra....
“C’è chi semina e chi raccoglie”. Se questo avviene per ogni uomo, tanto più si compie per uomini fuori dal comune e anticipatori. Così penso sia avvenuto anche per Don Milani. Se oggi siamo qui a ricordarlo è perché vogliamo vedere questi semi, vedere da che terre venivano e in quali terreni sono stati buttati. Vogliamo seguirne la nascita, la crescita, gli esiti visibili. Vogliamo continuarne, nella nostra modestia, l’opera. 
Fotografia  
di Marinella Azzoni
La mia vita ha avuto la fortuna d’essere stata attraversata e solcata da amicizie e conoscenze che hanno dato respiro e consistenza ai miei giorni. Sarebbe troppo lungo l’elenco e sarebbe anche di poca utilità. Per me è importante, vi ritorno spesso con gratitudine grande. La vita si fa anche un CANTO DI RICONOSCENZA per avere avuto questi amici e conoscenti. (...) Non vogliono queste note essere una storia e nemmeno riassunto di avvenimenti. Il mio discorso vuole richiamare alcune condizioni degli anni ’50-’80. Direi così:
a) si incrinano i monolitismi sociali, culturali, politici, religiosi e trema la stabilità sociale;
b) ci si affida ad un blocco unico affinché l’identità si rifaccia;
c) con questo possono coprirsi i problemi che continuano a fermentare sotto l’unità politica;
d) i grossi problemi:
๏la avviata mutazione di identità comporta una problematizzazione del credere nella sua soggettività e nella sua oggettività.
Fotografia  
di Marinella Azzoni



๏ questo è legato a una mutazione di cultura un po' strisciante più che eclatante, ma reale
๏si comincia a sentire la necessità di un nuovo modo di capire e vivere l’Esistenziale  cristiano e la misura della moralità cristiana
la “pratica” routinaria
la nuova Evangelizzazione (missioni, lavoratori, modernità)

La terra di cui era fatto:
a) l’origine e la struttura vetero-testamentaria;
b) l’enigma dell’essenziale;
c) un sentire con Ethos profondo
d) una Libertà ribelle e obbediente
e) una fede sicura e tenera
f) la struggente necessità di servire
g) una Ecclesialità dallo sguardo acuto, tenero e profondamente critico
h) un Amore bruciante per Cristo, i Vangeli, la dignità umana.

La parola chiave che percorre invece la seconda parte del suo intervento è Fedeltà, declinata nel doppio risvolto della fedeltà al cielo e alla terra; all’Escaton e all’Incarnazione, al vivere concreto con tutte le contraddizioni, al volto singolo che sta nella luce del Dio unico in Cristo; all’umano e al più che umano; all’espressività concettuale-discorsiva e a quella non verbale.
Fotografia  
di Marinella Azzoni
Interessante è quella che Don Antonio definisce la fedeltà all’aula, intesa come Chiesa e scuola e alle aule umane: vi sono aule che hanno una speciale deputazione, ma guai se escludono altre possibilità. I tempi portano delle dislocazioni per l’annuncio, per la realizzazione del vivere cristiano.
Queste parole ci riportano sicuramente alle problematiche che come insegnanti viviamo ogni giorno nelle nostre scuole. Solo concependo l’aula come luogo di incontro e di vita insieme allora l’educazione e l’insegnamento possono assumere contorni meglio definiti. Oggi più che mai è necessario compiere questo passaggio, soprattutto di fronte ad una didattica che punta sempre di più sul sapere ma accompagnato al saper fare e al saper essere.
In conclusione, cosa può dire Don Lorenzo all’uomo di oggi?
Prima di tutto Don Antonio ci ricorda che è assurdo copiare o, peggio, fotocopiare la sua immagine. Don Milani è riuscito a tenere gli occhi e il cuore aperto su Dio che si fa uomo, dimostrando di avere la prontezza e il coraggio libero e umile di scrutare i segni dei tempi.
L’uomo di oggi, sulla scia dei semi gettati da coloro che hanno saputo cogliere i cambiamenti della storia, ha bisogno di ritrovare quel coraggio capace di farci tornare ad essere, di nuovo e ancora, sentinelle del mattino.


Gli appunti presentano i seguenti titoli: Una ripresa del seme gettato da Don Milani, Rapallo 6 febbraio 2003; e I sentieri tracciati da Don Milani Rapallo 21 febbraio 2003.

1 commento:

  1. Cara Martina, ho riletto il tuo post del 16.4.14 e con vivo interesse questo tuo ultimo su don Balletto e don Milani, “uomini fuori dal comune e anticipatori”. Sento profondamente il “c’è chi semina e chi raccoglie”. Io ho raccolto molto dai miei “maestri”, sia quelli da me incontrati de visu (amo citare almeno d. G. Girardi, d. Lutte…), sia quelli con cui ho dialogato e dialogo spiritualmente, al di là del tempo e dello spazio (Mounier, Péguy, Freire, don Milani…), sia tanti amici e tanti miei allievi (di Biella e di Albenga) e non ultimi, da quando sono in pensione, gli amici “migranti” ai quali cerco di insegnare l’italiano, ben sapendo che in-segnare è anche imparare e che i nuovi ragazzi di don Milani sono proprio i migranti (cfr. E. Affinati, L’uomo del futuro. Sulle strade di Don Lorenzo Milani). Quanto al mio seminare, il mio piccolo “canto di riconoscenza”, è bene che siano altri a dire se qualcosa è germinato. Condivido infine le tue riflessioni dell’aula come luogo di incontro e di vita insieme: così vuole essere la nostra scuola “Migrantes” che cerca di interpretare liberamente lo spirito di don Milani, senza scimmiottarlo come giustamente sottolinei, ed in particolare il ruolo profetico del docente da lui splendidamente descritto: “La scuola siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità […], dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico […]. E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare “i segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso” (Lettere di don Milani priore di Barbiana, Mi, Mondadori,1970, p. 222-223). Grazie, cara Martina.

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