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giovedì 22 settembre 2022

Parlanti veritieri, "fanti".

Il pudore della parola misurata e pesata.
Post di Gian Maria Zavattaro. 
Immagini delle opere di Marco Melgrati (qui il sito).

Marco Melgrati, Disegnare se stessi
“Faccio sempre domande, eppure ne so già in anticipo la risposta. Ma quella che adesso faccio è proprio una domanda la cui risposta solo la Parola custodisce nel suo scrigno di silenzio: affermando quanto affermo, la riconosco veramente mia signora assoluta? In fondo, la mia domanda alla Parola ricorda quella del giovane della pagina evangelica d’oggi: “Maestro che cosa debbo fare di buono per ottenere la vita eterna?”. E la risposta è, allo stesso tempo, una domanda e un’affermazione: “Perché m’interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono”. Ma anche uno solo perfetto, aggiungo, per non disperare del mio niente, mentre tu dici "Siate perfetti come è perfetto il Padre nostro”. Signora assoluta, a te l’onore, a me la vergogna sul volto”. (Luisito Bianchi, PAROLA TU PROFUMI STAMATTINA, ProManuscripto offerto agli amici,Viboldone MI,1999)
 
Essendo ben consapevole dei miei limiti, questo post non farà altri espliciti riferimenti alla PAROLA (“La Parola era in principio, la Parola era presso Dio, la Parola era Dio; essa era in principio presso Dio”(Gv 1, 1-2) (1), dalla quale sono stato tentato di partire. È però nel riverbero della PAROLA che esprimerò le mie idee sulle parole umane che abitualmente ma soprattutto in questa inqualificabile campagna elettorale usiamo, ascoltiamo scriviamo leggiamo gridiamo. Riflessioni sul dovere di essere parlanti veritieri (cioè pensanti), etimologicamente “fanti”, dal verbo lat. fari, dire, parlare.(2) Tanto che infante (infans, muto) è il bimbo che non sa ancora parlare e analoga derivazione hanno molte parole (fanciullo fantesca famoso infanzia afasia ineffabile…).
Marco Melgrati, Politica e finanza
Ognuno di noi dunque dovrebbe essere “fante”, parlante: colei/lui che ama la parola umana, dice e dà la parola che “non è un puro mezzo espressivo, ma relazione “efficace, comunicatrice, creatrice addirittura”(3). In questa inquietante campagna elettorale, nella fiera-mercato dei bramosi di carpire i nostri voti, non so quanti - pochi, misera percentuale - hanno dimostrato e testimoniato la volontà di dire e dare parole efficaci, comunicatrici, creatrici. Tutti noi anziani adulti giovani, ci troviamo a scegliere i cadidati tra fanti parlanti o  pifferai in-fanti (in piemontese blagueur).
Scrutiamo l’etimologia di parola (dal greco παραβολή parabolè, lat. parabŏla, paràula nel volgare): unità linguistica costituita da insieme di suoni, rappresentabili graficamente che, articolati e organizzati secondo le leggi di una determinata lingua, rimandano a un significato. La parola, scritta od udita, è un significante che trasmette un significato e denota sempre una realtà oggettiva o soggettiva (oggetto evento relazione azione stati d’animo…) in un contesto connotativo mutevole: un significante dunque che comunica e decifra il significato di un contenuto entro una mutevole angolatura connotativa, nella duplice percezione del parlante e del ricevente (lettore o interlocutore), interpretando, anche trasformando o addirittura distorcendo. In ogni caso la parola non dovrebbe trasmettere unicamente sensazioni e pulsioni tranciate dai significati, come oggi succede. Dammi e dimmi le tue parole e ti dirò, da come le esprimi, chi sei.
Marco Melgrati, Politica e clientele
Come ogni fenomeno umano il termine parola è dunque ambivalente: “parola d’onore” che, dice e dà, nel rispetto di sé e dell’altro; oppure insieme di fonemi che non dicono e non danno nulla, ma prendono carpiscono raggirano e magari ingannano. Eppure queste parole - scritte o udite, oggi soprattutto virtuali - incidono a fondo sulla nostra vita, le nostre conoscenze, le nostre idee, le nostre scelte, i nostri orientamenti, le nostre emozioni, i nostri sentimenti, il nostro pensare fare agire essere. Lo sanno fin troppo bene i mestatori di professione, abili sirene del girotondo parolaio volto a trascinarci nelle volute di suggestioni, emozioni, pulsioni irrazionali: segno di scadimento e degrado nefasto della politica attuale che sta producendo inenarrabili guasti per il presente e per il futuro. Esattamente il contrario di ciò che mio padre e mia madre facevano, di ciò che figli e nipoti si aspettano dai genitori e dai nonni, gli amici dai veri amici. Una tremenda responsabilità che gli educatori autentici (in primis gli in-segnanti) ben conoscono ed ogni giorno vivono con timore e tremore: responsabilità di dire e dare significati, cioè di parlare e far pensare.
Numerosissime espressioni linguistiche italiane, che normalmente usiamo, testimoniano due mondi e modi della parola, tra loro incompatibili, inconciliabili. Provo un’ipotesi, problematica, tutt’altro che assiomatica, come ogni riduzione a schematismi:
Il mondo ed il modo dei parlanti: hanno una sola parola che mantengono, non si sottraggono agli impegni presi; misurano e pesano le parole; ascoltano e fanno attenzione a ciò che l’altro dice; usano le parole nel loro significato proprio senza doppi sensi e scomposte ironie; conoscono il pudore della parola; promuovono l’esercizio della libertà di parola, perché tutti esprimano le proprie idee senza divieti e censure; considerano assolutamente impegnativo ciò che hanno promesso…                      
-->verbi chiave: unire non dividere; essere solidali come unica via possibile; dialogare ascoltare, essere responsabili di sé e degli altri; riflettere in silenzio e pensare; rispettare chi ha opinioni diverse, essere intransigenti nel fare  quanto  promesso.
-->obiettivo: convincere, persuadere tramite la ragione  perché il voto sia “pensato”
Marco Melgrati, Politica e bugie
Il mondo ed il modo dei parolai
(2): tutto fa brodo; divide et impera tramite video grossolane immagini battute accattivanti studiosamente orchestrate
; non hanno una sola parola, dicono tutto e il contrario di tutto con chiacchiere promesse aspettative le più improbabili; vogliono avere sempre l’ultima parola e mai stanno zitti; mai un rispettoso invito all’elettore di riflettere in silenzio e di pensare con la propria testa…                            
-->verbi chiave: promettere mari e ponti, deridere e irridere, accusare,  confondere ed infondere paure per fomentare intolleranza sui “diversi” indifesi capri espiatori,  creare  muri e barriere…
-->obiettivo:  irretire accalappiare  circuire indurre, con il turbinio di sensazioni turbamenti paure palpitazioni eccitazioni  apprensioni suggestioni,  il voto di pancia.

Sono un povero “fante” qualsiasi (senza cavallo né cavaliere), che nelle schiere dei costruttori di pace si sforza di bonum certamen certare con la parola della denuncia e dell’annuncio:
- denuncia di un generale disordine costituito da liquidi stili di vita, dalla cultura dell’indifferenza e dello scarto, da modalità di relazione interpersonale schiave del disincanto conformista e consumista, di cui il disordine verbale e il caos parolaio sono indicatori emblematici                                                                                            - annuncio di speranza di un futuro possibile che sfidi la società liquida; che anticipi possibili nuovi stili di vita e modalità di relazione alternativi al modello del mercato e del profitto individualistico; che renda tutti consapevoli delle estese zone d’ombra e vaste sacche di povertà verbale e linguistica, di esclusione sociale ed economica nel nostro pianeta e nelle nostre città, ampiamente evidenziata dal covid e dalle guerre in atto; che ci solleciti a salvaguardare il creato e vivere accanto a chi non ha speranze, senza rinchiuderci nei bunker del nostro egocentrismo, senza rinunciare a dire e dare la parola.
Ascoltiamo doverosamente tutti, chi parla e chi straparla. Poi, nella imperscrutabile cabina elettorale decidiamo di votare secondo la nostra coscienza.
 
Note
1.”Giovanni, quando parla della “Parola” di Dio, pensa decisamente a Gesù, alle “parole” di salvezza che Gesù rivolgerà al mondo, e di cui è pregno il quarto vangelo: e pensa alle “parole” dei profeti mediante i quali Dio stesso si è rivolto a Israele. Per lui questa “parola” di salvezza risuona, con amore, fin dall’eternità, nel senso stesso della vita divina. Da sempre, prima che il modo esistesse, Dio ha pensato all’uomo, al suo destino, anche ai drammi della sua storia; pensa e parla di lui nella sommessa intimità della sua vita infinita; lo pensa con amore, ne parla con amore, preparando quel discorso di amore – la “parola” evangelica -, che, pronunciata in Gesù, lo potrà salvare. E’ come se fin dall’eternità Dio facesse progetti per l’uomo, vivamente interessato al suo destino.[…] Giustamente è stato osservato: in questo passo “Parola” praticamente equivale a”progetto”. (. Mauro Làconi, Il racconto di Giovanni, Cittadella Editrice, Assisi 1989, p.24).
2. Per secoli continue guerre volute dai potentati  hanno stravolto il linguaggio  quotidiano, inducendo ad abbandonare in ambito militare il significato originale  e trasformando i  “fanti” (non più bambini, giovincelli che sanno parlare) in poveracci servitori di chi  possiede almeno un cavallo: soldatipiedato, poi confluito  nelle schiere di fanteria, carne da cannone in ogni guerra. Fante: soldati appiedati, provenienti dal “popolino”(“la parte meno abbiente e culturalmente memo evoluta del  popolo”), che non contano praticamente nulla, non  hanno alcun potere e in contraddizione al loro etimo non possono né devono parlare ma solo obbedire: poveracci. In un contesto totalmente lontano dalla furia militare che, tra  innumerevoli guasti nei secoli, impunemente ha rapinato il significato etimologico della parola, anch’io - uno del popolo, senz’armi se non la parola – mi sento servitore, ma a servizio della  parola. Con una precisazione: “fante”  richiama  non solo la  parola, ma anche l’infanzia, la giovinezza.  E allora – io anziano  in vista dei 78  anni -  rimando al giovane Mounier che dalla pagine di Ésprit ainvitava a "RISCOPRIRE LA GIOVINEZZA", per ricominciare da capo di fronte ad una civiltà in sfacelo e faceva appello alla virtù dell’"eterna infanzia", alla freschezza della gioventù:“ Io non difendo qui la nostra giovinezza, quella determinata dall’età della carne ma quella che trionfa sulla morte delle abitudini ed alla quale accade che si pervenga se non lentamente negli anni. È questa che fa il pregio dell’altra giovinezza e ne giustifica la sua irruzione un po’ violenta nei ranghi calmi degli adulti.[…] In altre parole, quando accetteremo infine che la grandezza dell’uomo sta nel non rompere con la propria infanzia, con l’avventura, la fragilità, le indignazioni totali, le ingenuità e il dono senza calcolo dell’eterna infanzia? Le puerilità hanno un loro tempo. L’infanzia non ne ha. Nella misura in cui gli anni passano bisogna, per poterla mantenere, riconquistare sull’ostilità degli anni. Infanzia matura, infanzia lucida, infanzia grave,infanzia dolorosa”. Giovinezza o dunque che decide DI SEMPRE PARLARE E NON TACERE MAI di fronte a Comportamenti e decisioni altrui che ci rendono meno cittadini e più sudditi:tenera verso le persone, intransigente contro i conformismi gli  ostracismi le chiacchiere assordanti i pregiudizi le menzogne e le mezze verità assolutizzate.(Le citazioni di E. Mhounier  sono tratte da “Rivoluzione personalista e comunitaria, Mil, ed. Comunità) In questo senso mi valgo del significato etimologico di “fante”.
3. M. Laconi, ibidem.
4  eufemismo pifferai, fanfaroni, imbonitori prezzolati.

"Nella pace mi corico e presto mi addormento solitario nella speranza mi fai riposare, Signore" (Sal 4, 9, cit. da Chr. Albini in uno dei suoi ultimi scritti, pochi giorni prima della sua prematura morte).

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