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martedì 7 gennaio 2020

I corpi, le piazze, la rete.

La ricchezza delle diversità in dialogo e il nascente movimento delle sardine.
Post di Rosario Grillo
Immagini delle vignette di Mauro Biani (con gentile autorizzazione).

“Nei linguaggi naturali tutte le voci del mondo chiedono la parola”
(Il bibliotecario di Leibniz).

Mauro Biani, 2019
Dei corpi, la politica moderna si è occupata seguendo la logica della biopolitica, ovvero togliendo gli ideali ed incrementando l’azione oggettiva ed oggettivante, per ridurre l’uomo a “nuda vita”.
L’analisi di Giorgio Agamben smossa dagli studi di Foucault, ha spostato l’inizio della biopolitica sull’intero corso della storia moderna, guardandolo come incubatore inconsapevole del potere assoluto di vita e di morte che nella gestione del potere totalitario è sottrazione di vita privata.
L’attenzione posta sul corpo sacer fa da battistrada, mentre diventa emblematico l’habeas corpus del 1215 in quanto, pur contemplando le libertà (particolari) concesse, le colloca su l’elemento corpo (nomen omen).
Più avanti, ma con il concorso della democrazia, che predica l’uguaglianza dei diritti introducendo il concetto di massa sociale (insieme di corpi), si estrinseca una politica concentrata a vigilare su tutto l’arco dell’esistenza del cittadino, dalla vita alla morte, fino a regolamentare ogni battito di vita di questi corpi. Compressi (o spostati nel retrobottega): individualità, sentimenti, differenze. (1)
La mia umile taglia non mi autorizza a sbilanciarmi nella valutazione se il “tempo di esercizio” della dottrina biopolitica sia di già esaurito.
Di certo, restringendo la visuale alla nostra ottica nazionale, abbiamo di recente osservato un passo falso del sovranismo nazionalista, che aveva messo in opera la capacità di manipolazione collegata alla biopolitica. Un sovranismo che ha pigiato i tasti funzionali alla sollecitazione del populismo: con la propaganda della paura, con lo sbandieramento della minaccia occupazionale e addirittura culturale.
Mauro Biani, 2019
Il passo falso è frutto solo di saturazione?
Un movimento si è nel frattempo contrapposto, mobilitando le piazze, rimpolpando la partecipazione, rivitalizzando la democrazia (qui dico democrazia come modo e luogo di cittadinanza attiva).
Dall’intervista rilasciata dai quattro ragazzi promotori, indice di una volontà di rimuovere la delega a un leader carismatico ed anzi stimolo a far rientrare la politica nei luoghi istituzionali, emerge una diversa considerazione sui corpi.
Sui corpi di coloro che hanno popolato spontaneamente le piazze, reagendo alla politica urlata vendicativa, faziosa, eterodiretta.
Ha fatto seguito un commento di Michele Serra, che ha evidenziato lo stesso elemento. “La fisicità, il corpo delle persone, come ‘unico elemento non manipolabile’. È una richiesta, anzi una pratica di ri-materializzazione della politica, della vita civica, del rapporto con gli altri. Di ritorno allo stato solido, visibile, udibile, ‘toccabile con mano’ di ciò che sembrava essere diventato gassoso, deforme, incontrollabile (2).
Se questi corpi sono veri, dimostrano libero arbitrio, forte e concreto libero arbitrio, portatore di entusiasmo che dilaga nelle piazze, ricco di sentimenti che non rifuggono dalla sempre vitale ironia.

Le piazze.
Mauro Biani,2019
Come tutti sanno, la democrazia è nata nelle piazze: l’agorà della polis greca è universalmente considerato il luogo topico, contrapposto al Palazzo, luogo del dispotismo orientale.
Nel corso della storia ritroviamo la piazza come luogo palpitante di vita, di richieste. Alla piazza, al foro precisamente, sono legati momenti peculiari della storia di Roma.
Nelle piazze, i Comuni medievali ritrovavano il luogo di attivazione di nuove libertà (nella accezione tipica medievale). Nelle piazze, le rivoluzioni, da quella francese a quella russa, hanno vissuto il loro epos.
Ho ritrovato - si noti - in un blog delle forze di polizia il senso autentico dell’importanza delle piazze, anche laddove l’intento è di mettere in guardia dal movimento no global. Per questo motivo ne riprendo un passo: “In piazza si son formati e si son fatti a lungo le ossa in lotte spesso sanguinose i movimenti operai storici;  in piazza è nato, a partire dall’esperienza delle suffragette, all’inizio del ‘900, il movimento delle donne; in piazza, si sono ritrovati, nel nostro paese, praticamente tutte le categorie, operai, studenti, omosessuali ecc. Scendere in piazza vuol dire vincere i pudori e le risorse, rendersi parte di un’identità collettiva superiore al singolo. Chi scende in piazza per la prima volta diventa un soggetto collettivo, riceve il battesimo della politica, diventa - come si dice - un soggetto politico. (3, 4)  
Con questi precedenti la scelta del nuovo movimento, di cui sto parlando, di eleggere la piazza come luogo di manifestazione, attraverso cartelli - sorrisi - canzoni, di riappropriazione della politica, mi sembra ben fatta.

Le differenze.
Mauro Biani,2019
Si ritrova qui l’inconveniente rappresentato nella prima parte, descritto sotto la logica della biopolitica. Perché di essa è tipico l’intervento volto alla omologazione, la reductio ad unum, che annulla coattivamente le differenze.
Su questa lunghezza d’onda si registra e si conferma una chiara convergenza con il modo di pensare dell’agitatore sovranista, che si batte contro il meticciato e contro il multiculturalismo.
Segnalo un filosofo, che si è concentrato sulla valorizzazione delle differenze chiamandole monadi, complete di tutto, armonizzandole in virtù della dottrina del Dio combinatore del migliore dei mondi possibili  (Leibniz). Un filosofo che potrebbe destare meraviglia se solo lo si conoscesse più a fondo.
Da lui riprendono molto Derrida, con la sua filosofia delle differenze, e molta letteratura del ‘900.
La novitas, irriducibile e feconda, della differenza è ben presente nella pastorale di Papa Francesco, che ha improntato il culto della Divinità, preservando la libertà delle fedi, proponendo l’unicità di Dio, coltivando il contributo della diversità.
Ai giovani di CL nel 2016, il Sommo Pontefice diceva: “...ci vuole coraggio. Troppe volte si cede alla tentazione di chiudersi nell’orizzonte ristretto dei propri interessi, così che gli altri diventano qualcosa di superfluo. Ma questo non è conforme alla nostra natura: fin da bambini noi seguiamo la bellezza del legame tra gli esseri umani, impariamo ad incontrare l’altro, riconoscendolo e rispettandolo come interlocutore e come fratello, perché figlio del comune Padre che è nei cieli. Invece l’individualismo allontana dalle persone e ne coglie soprattutto i limiti e i difetti indebolendo il desiderio e la capacità di una convivenza in cui ciascuno possa essere libero e felice in compagnia degli altri con la ricchezza della loro diversità”. (5)
Mauro Biani, 2019



Trovo ancora, nelle parole degli iniziatori del movimento delle sardine, una conferma della qualità delle differenze. “Nessuno è portatore di verità assolute e il dialogo, che passa dall’ascolto, è l’unica sintesi di quelle differenze che, contaminandosi, rimarranno tali anche dopo essersi confrontati”. (6)

Note.
(1)   Homo sacer di G. Agamben Einaudi
(2)   La Repubblica del 21/12/2019
(3)   qui. La piazza, una difficile maestra di democrazia
(4)   il Mulino, 5/19 , Il mito della politica e il ritorno del conflitto
(5)   qui
(6)   Lettera su Repubblica del 20/12/2019

2 commenti:

  1. La tua “umile taglia”, caro Rosario, ci sorprende ancora una volta con il suo acume che penetra - nella tua lucida carrellata storico-filosofica - sopra e sotto la superficie dei corpi, delle piazze e delle differenze, le tre categorie che Tu esamini. Così ci apri alle “sardine”, alla riscoperta della freschezza della giovinezza nella “volontà – come tu ben descrivi – di rimuovere la delega ad i leader carismatici, di un forte e concreto libero arbitrio portatore di entusiasmo che dilaga nelle piazze, ricco di sentimenti che, rifuggono dalla sempre vitale ironia” e che rifiutano “l’omologazione, la reductio ad unum, che annulla coattivamente le differenze”.
    Caro Rosario, sento profondamente la tua convinzione che l’incontro con Dio, il totalmente Altro, è garanzia per incontrare l’altro nella sua diversità, per entrare nel suo punto di vista, ascoltarlo, cioè – come ci narrava Bauman nell’intervista ad Assisi del 2016 – prendere l’altro sul serio e allontanare pregiudizi anche tenaci che impediscono l’accesso alla comprensione dell’altro, porre in dialogo identità ed alterità, io e l’altro, superando la soglia dello specchio per imparare ad arricchirci della diversità dell’altro. Grazie per questo tuo post, insieme lectio e testimonianza.

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  2. Il tuo commento è immenso ed io sono di “ corta taglia” Grazie Gian Maria è un doveroso ringraziamento a Rossana

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