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sabato 23 aprile 2022

Libertà è liberazione. Dostoevskij.

La libertà è sempre nuova conquista di liberazione.

 Post di Rossana Rolando.

Vincent van Gogh, La ronda dei carcerati, 1890, particolare, Mosca
Oggi, la parola liberazione, che ogni anno ricorre, legata al 25 aprile, si carica di nuovi pesanti fraintendimenti.

Festa civile fondativa della nostra convivenza, alla base dei valori della Costituzione italiana, essa è spesso motivo di divisione tra opposte parti politiche, segno di un rapporto irrisolto con il passato. La festa del 25 aprile risulta oggetto di rivendicazioni che molto svalutano il senso della liberazione: disdegnata da chi non si riconosce nella lotta dei partigiani, erroneamente considerati espressione di un solo ben connotato schieramento politico (essendo invece il risultato di molti e diversi partiti antifascisti); rifiutata  da chi guarda in modo nostalgico al ventennio fascista o addirittura all’ideologia nazista.

La guerra russo ucraina, e l’uso – da entrambe le parti - delle parole liberazione e resistenza, accompagna inoltre questo 25 aprile, inquinandolo con ulteriori polemiche: chi annovera la posizione dell’Ucraina nell’orizzonte semantico della resistenza e della liberazione dall’aggressore e chi non intende affatto applicare al fronte ucraino questi termini, interpretando il conflitto alla stregua di una guerra tra Nato e Russia.

Gustave Doré, Il cortile degli esercizi, 1872
Non entro in questa diatriba.

💥 Vorrei invece ripensare i concetti di resistenza e liberazione, alla luce di un grande classico della letteratura, anch’esso oggetto di recenti polemiche e censure, frutto di barriere ideologiche che non dovrebbero toccare l’ambito della cultura vera, profonda, umanizzante. Intendo riferirmi a Fёdor Dostoevskij e alla sua Leggenda del Grande Inquisitore.¹

Il contenuto è noto: Gesù torna sulla terra nel periodo spagnolo degli autodafé e tutti, inspiegabilmente, lo riconoscono e lo venerano come operatore di prodigi. Il vecchio Inquisitore, che detiene il potere, lo fa immediatamente incarcerare. Nella notte si reca da lui esordendo così: “Perché sei venuto a disturbarci?”² Lo redarguisce per aver sopravvalutato gli uomini, pretendendo da loro l’esercizio della libertà. Essi però sono deboli e non reggono il peso terribile della scelta. Stanno meglio quando sono guidati da altri: “per quanto creati ribelli, essi sono degli schiavi”.³ L’Inquisitore è convinto che Gesù avrebbe conquistato l’umanità se avesse accettato di utilizzare il miracolo, il mistero e l’autorità, come consigliato dallo “spirito intelligente e terribile”, il grande tentatore. Egli, invece, ha voluto lasciare liberi gli uomini, non costringendoli ad aderire a lui, con l’uso di poteri straordinari. L’Inquisitore ha fatto quello che Gesù non ha voluto mettere in atto: ha assoggettato lo spirito degli uomini, decidendo per loro, scambiando il peso intollerabile della libertà con la servitù soddisfatta del pane e del benessere.

Il racconto si chiude con il bacio di Gesù, silente per tutta la scena.

Vincent van Gogh, La ronda dei carcerati, 1890, Mosca
💥 C’è una lettura politica di questa narrazione che permette di cogliere il nesso tra libertà, resistenza e liberazione. L’Inquisitore è il detentore del potere. Egli ha capito che il vero modo per assoggettare gli uomini non è ridurli esteriormente in schiavitù o in prigionia, ma è dominare le coscienze, guidare le menti rendendole succubi.

Questo hanno compreso anche i regimi totalitari del Novecento, sottraendo la libertà, in cambio dell’ideologia: fascista, nazionalista, antisemita, comunista.

Questo opera ogni potere - anche oggi, si pensi al dominio del mercato - quando scambia libertà con sicurezza, benessere, vita soddisfatta.

Perché gli uomini, dice l’Inquisitore, cercano “a chi inchinarsi, a chi affidare la propria coscienza e in qual modo, infine, unirsi tutti in un formicaio indiscutibilmente comune e concorde, giacché il bisogno di unione universale è l’ultimo tormento degli uomini”.⁵

In questo senso la libertà è anche sempre resistenza e liberazione dalle varie forme di schiavitù che sottomettono le coscienze, in ogni tempo e in ogni luogo.

Questa mi pare una grande suggestione. Questo ci ricorda il 25 aprile. 

💥 Note.
1. Fёdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Garzanti, Milano 1974, vol. I, pp. 263-282.
2.  Ibidem, p. 267.
3. Ibidem, p. 273.
4. Ibidem, p. 268.
5. Ibidem, p. 274.

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7 commenti:

  1. Netto e fulmineo, va diretto allo scopo. La servitù che pesa è quella della coscienza ed i regimi lo sanno e di conseguenza…
    Grazie infinite Rossana💥💥💥✨✨✨🌹☮️

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    Risposte
    1. Ciao Rosario, grazie a te, sempre sollecito e attento.
      Su questo tema, trasferito nella nostra attualità, Gustavo Zagrebelsky ha scritto un saggio molto interessante, "Liberi servi. Il Grande Inquisitore e l'enigma del potere", uscito nel 2015.
      Ancora una volta, la resistenza e la liberazione non appartengono solo a determinate fasi storiche, ma sono categorie sociali ed esistenziali, valide per ogni tempo. Un abbraccio.

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  2. Opportuna e assai efficace la ri-proposizione di questo immenso testo letterario. Scrivi bene, nel commento: "la resistenza e la liberazione non appartengono solo a determinate fasi storiche, ma sono categorie sociali ed esistenziali, valide per ogni tempo". Grazie. Un abbraccio.

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