E’ la sua intensità imprevedibile che fa della scuola un avvenimento vivo e un’ora di lezione può valere una vita, come ci ricorda Recalcati.
Post di Gian Maria Zavattaro.
Illustrazioni di Monica Barengo (qui il sito instagram).
Illustrazione di Monica Barengo |
"Avanti la Brigata Leggera!" C'era qualcuno sgomento? No, anche se i soldati sapevano che qualcuno aveva sbagliato. Loro non fecero domande, loro non si chiesero perché, loro non fecero altro che farlo e morire. Nella valle della Morte cavalcarono i seicento. (Tennyson Alfred)
La scuola non ha bisogno dell’antitesi tra scienza, tecnologia e studi umanistici. Il mondo è un enigma che ogni scuola dovrebbe esplorare tramite plurime letture tra loro complementari, base del futuro bagaglio di tutti gli studenti: capacità di pensiero convergente e divergente, stupore e pragmatismo, poesia e prosa, arte e formule matematiche, affermazione personale e solidarietà, gratuità ed utilità, humanitas e tecnologia. Ci vogliono docenti dal doppio coraggio: non rinchiudersi nel mala tempora currunt e non cadere nella spirale delle sirene di moda, destinate a svaporare nel cimitero del demodè. Il rinnovamento della didattica, l’aggiornamento tecnologico sono imprescindibili doveri dei docenti, ma non sono fini a se stessi, bensì strumenti per conseguire le finalità della scuola: insegnare (da insĭgnare) imprimere segni nella mente e nel cuore, istruire (da in-struere) inserire/portare dentro conoscenze e competenze, educare (da ex-ducere), condurre fuori dalla frammentazione, dal caos, dall’insignificanza uomini e donne consapevoli di sé e del mondo).
Illustrazione di Monica Barengo |
L'aggettivo "frontale" è ambivalente: può significare essere su fronti opposti di due schieramenti oppure essere ben presenti nel volgere la fronte verso qualcuno. Anche nella pratica la lezione “frontale” è stata ed è vissuta in duplice significato: sguardo fiduciario e conviviale oppure rapporto antagonista conflittuale. In effetti per non pochi docenti la lezione era ed è monologo-soliloquio senz’anima, parodia della vera lectio. Ovvio il rifiuto di questa modalità. Ed ecco la proposta (e dietro le quinte interessi più o meno nobili), panacea di tutti mali: capovolgere la classe, risolvere il fronte dell’insegnante in istruttore tecnologico. Il problema non è sostituire o capovolgere la lezione frontale. La vera sfida è nel rispondere a precisi interrogativi: Che cosa significa insegnare? Che ruolo hanno gli insegnanti nella vita di ogni loro alunno? Ogni giorno la scuola deve fare i conti con nuove e vecchie fragilità individuali e collettive: ragazzi/e troppo protetti o troppo soli; comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattativi o al contrario aggressivi, come i bulli “predatori dei propri compagni”; moltitudini di adolescenti iperconnessi, prigionieri delle influenze dei social, impreparati a gestire in rete vessazioni minacce pericoli simili a quelli che s’incontrano per strada, segno di troppi genitori incapaci di capire cosa sta accadendo ai figli; disagi a volte così gravi da suggerire la tentazione del suicidio in una società liquida segnata dal vuoto, dalla mancanza di fiducia e di sicurezza; adolescenti senza profondità di memoria e di futuro in un presente precario scosso dalla pandemia, dalla guerra e dallo spettro della scarsità …
Illustrazione di Monica Barengo |
La risposta non può essere la classe capovolta. Che piaccia o non piaccia è l’ora di rivendicare fortemente l'ascolto e la parola della lezione faccia a faccia come centro attorno al quale gravitano tutti i momenti dell’esperienza scolastica, perché lì avviene il passaggio dall’insignificanza al significato. E’ la sua intensità imprevedibile che fa della scuola un avvenimento vivo e un’ora di lezione può valere una vita, come ci ricorda Recalcati. Non certo la didattica “polverosa”. In quelle ore si invera l’intreccio tra la passione di educare del docente e l’emozione dell’apprendimento dello studente: da una parte la capacità di guardare gli alunni negli occhi, leggerne i bisogni, dare il giusto risalto ad ogni individualità perché ognuno possa imparare a conoscersi apprezzarsi emozionarsi fare un passo avanti nella scalata delle difficoltà; dall’altra l’apertura della mente e del cuore ad ogni incontro e conoscenza, nel gusto-sorpresa di “Io ci sono”. E tutto ciò succede nella scuola, luogo imperfetto sempre perfettibile, in cui si annuncia la speranza e si fa cultura.
In verità da sempre moltitudini di docenti nel corso dei secoli hanno capovolto e continuano a capovolgere quotidianamente la lectio “frontale” con la socratica arte maieutica: scelta di campo del docente che guida i propri allievi alla comprensione di sé, degli altri e del mondo attraverso il silenzio nell’ascolto della parola, il dialogo, la riflessione, il ragionamento e li sollecita a cercare, ad apprendere ed esplicitare il sapere scoprendolo in se stessi nella propria anima.
Illustrazione di Monica Barengo |
Il problema è allora “salvare la scuola nell’era digitale” (cfr. G. Reale, ed. La Scuola, 2013), salvarne l'essenza: l'intreccio del reciproco ascolto-silenzio-parola tra insegnante e alunni in una relazione tra persona e persona. La scuola, incontro delle generazioni nel reciproco scambio di silenzio e di ascolto (i grandi assenti nel mondo d’oggi), è la casa della parola: non una qualsiasi parola di conversazione banale, che non impegna chi la dice e non serve a nulla in chi l’ascolta, ma "parola scuola, parola che arricchisce”.
Mai come in questi ultimi anni vissuti nella pandemia quanto scritto nell'articolo si è rivelato semplicemente VERO! La DAD è stata la cartina di tornasole di quanto le RELAZIONE "dal vivo" sia fondamento costitutivo della VERA SCUOLA! La tecnologia può senza dubbio rappresentare un vsaido supporto, che può e deve però venire 'dopo' che tra docente e discente si è instaurata la relazione, che è anche di 'fiducia reciproca'. Metodologie come la 'classe rovesciata' (la 'flipped classroom') si possono applicare solo DOPO che si è aperto un canale comunicativo diretto fra le due componenti e non si può 'delegare' a loro tutta la didattica. La 'flipped classroom'' prevede che ci sia un 'prima' e soprattutto un 'dopo' in cui quanto appreso venga sottoposto a 'critica', che non può esimersi dalla dialettica e dal confronto. Grazie!
RispondiEliminaGRAZIE!
EliminaMolto semplicemente dico che arrivare a questo risultato sarebbe un sogno. Da la sensazione di sentirsi accolti portati a realizzare se stessi e collaborare con gli altri realizzando una società nuova. Diminuire gli scontri accettando il pensiero degli altri che può aiutare a confermare il nostro.Evitare le prevaricazioni, gli sgomitamenti che portano avanti i più scaltri non i più preparati.
RispondiEliminaLa sua riflessione ci arricchisce. Grazie.
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RispondiEliminaCaro Rosario, sono con te nel riconoscere che l’insegnante autentico è colui/lei che vive la scuola come luogo della responsabilità della relazione: credo che si possa considerare la sua componente "profetica". Possedere e far possedere la parola come annuncio e denuncia: inquieta ricerca di ogni forma di sapere, del bello e del vero; apertura agli incontri nella diversità e complessità del mondo; promessa (di riconciliazione e di perdono) che riconosce l'amicizia come bene raro da custodire e confida in un futuro possibile campo di modi alternativi di vivere.