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sabato 8 ottobre 2022

Animali che pensano.

Bernardo Zannoni, "I miei stupidi intenti", Premio Campiello.
Post di Rossana Rolando.

Un mondo duro, violento, istintuale, quello che viene raccontato nel libro di Bernardo Zannoni, vincitore del recente premio Campiello.¹  Certo, una storia di animali: Archy, la faina zoppa; Solomon, la volpe usuraia; Gioele, il cane servitore; David, il maiale insolvente, Tuck, il medico castoro, Gilles, la lince malvagia… e via dicendo; eppure una storia in cui ci si sorprende – durante la lettura – a considerare gli animali come fossero uomini.
 
💥 La trovata dell’animale come protagonista del romanzo ha il chiaro intento di mettere in scena tematiche dal sapore filosofico esistenziale.
Alcuni esempi: Dio, il tempo, la morte.
Dio. Solomon, la volpe usuraia, fa conoscere ad Archy - la faina a lui venduta dalla madre Annette e da lui resa schiava - il libro di Dio, trovato nei suoi vagabondaggi tra gli uomini. Anche se è piuttosto la parodia del teologico, ad essere evocata nella narrazione, tuttavia l’effetto è quello di introdurre la verticalità drammatica di una volontà superiore.
Il tempo. La stessa volpe usuraia insegna ad Archy come leggere e scrivere. La giovane faina imparerà ad affidare alla scrittura il suo tormento² e deciderà di consegnare alla carta la sua storia. E’ il tema della scrittura che fissa i pensieri sulla pagina e li destina a rimanere, salvandoli dal fluire dei giorni.
La morte. Archy, insieme al nome di Dio, viene a conoscenza della morte e perde così, da quel momento, la purezza animale di chi vive nel puro presente e, perciò, non muore mai davvero, poiché non anticipa col pensiero la propria morte e non sa di dover morire. La solennità della morte umana - prefigurata e consapevole - domina così nella descrizione della fine disperata di Solomon, assistito da Archy, ricordando in qualche modo le pagine immense dedicate da Tolstoj alla morte di Ivan Il'ič.³
 
💥 L’animale nell’uomo. Eppure c’è, nel romanzo di Zannoni, qualcos’altro che colpisce, qualcosa di sotteso che parla alla liquidità contemporanea.
Ho provato a pensare che cosa sia questo “qualcosa” e mi sono convinta che esso sia racchiuso nel filo sottile che unisce il mondo animale e il mondo umano. Non sono, infatti, gli animali ad essere rappresentati nel romanzo, ma l’animalità propria dell’uomo.
La crudeltà di Solomon o di Gioele non è prerogativa degli animali tutti, è un tratto che solo l’uomo sa esercitare. Così, Gilles, la lince malvagia, si diverte “nell’arrecare sofferenza al prossimo”. Come afferma Schopenhauer in un suo celebre passo: “l’uomo è l’unico animale che faccia soffrire gli altri al solo scopo di far soffrire. Gli altri animali lo fanno unicamente per soddisfare la loro fame o nel furore della lotta”.
E ancora, la sessualità di Archy, nei suoi veloci accoppiamenti giovanili, non ha l’innocenza animale: “Mi fu chiaro che il potentissimo legame tra me e lei era quell’attimo di godimento che provavamo, e dietro quello il nulla”.
Infine, la sollecitudine del medico castoro è sconosciuta al mondo umano più ancora che al mondo animale: “la pietà è cosa rarissima in un animale”.
L’animalità descritta è dunque quella umana, diversa dagli altri animali. Questo potrebbe spiegare una certa repulsione che a tratti si prova, vinta solo dalla felicità della scrittura che trascina rapida, pagina dopo pagina. Amori, terrori, dolore, violenza, sesso, morte: tutto viene descritto con asciuttezza priva di spessore psicologico, animalesca perché interamente risolta nell’immediato, nel presente. L’umano emerge quando all’animale viene prestato il senso del prima e del poi, il pensiero, il dubbio che rallenta l’azione, il riflesso interiore del sentire: “Non mi sentivo più un animale; avevo barattato i miei istinti per dubbi e domande, per esercitare la ragione, per contraffare la mia natura”.
Questo richiamo all’umano che può rimanere sepolto nell’animalità propria dell’uomo mi pare il messaggio più forte del libro.
 
💥 Note.
1. Bernardo Zannoni, I miei stupidi intenti, Sellerio, Palermo 2021.
2. Ibidem, p. 99: "Avevo intrappolato la mia prigione nella carta".
3. Lev Tolstoj, La morte di Ivan Il'ič, Feltrinelli, Milano 2014. 
4. Bernardo Zannoni, I miei stupidi intenti, cit., p. 206.
5. Arthur Schopenhauer, Supplementi al "Mondo come volontà e rappresentazione", cap. XLVI.
6. Bernardo Zannoni, I miei stupidi intenti, cit., p. 38.
7. Ibidem, p. 148.
8. Ibidem, p. 128.
 
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2 commenti:

  1. Cara Rossana, ti ringrazio tantissimo della recensione di questo libro intrigante, che voglio leggere. Grazie ancora. Buona domenica. Un abbraccio.

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  2. Grazie a te, Maria. Sì, un libro intrigante. 243 pagine che si leggono rapidamente e lasciano il segno. Un caro abbraccio e buona serata.

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