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lunedì 26 giugno 2023

Ricordo di Alessandro Leogrande. Denuncia e annuncio.

Il naufragio di Pylos (giugno 2023), in Grecia, ci interroga ancora.
Post di Gian Maria Zavattaro

Alessandro Leogrande.
Immagine di Alessandro Leogrande, dal sito di Feltrinelli
Nato a Taranto nel 1977, muore a Roma improvvisamente nel 2017. Scrittore e giornalista, ha collaborato con molte riviste e giornali e con Radio Rai3 e Radio svizzera italiana. Per dieci anni vicedirettore del mensile Lo straniero (diretto da G. Fofi, suo “maestro”). Numerosi i suoi saggi, tra i quali Uomini e caporali (vite maledette dei braccianti stranieri della Capitanata), Fumo sulla città (ancora ambientata nella sua Puglia),  Il naufragio (affondamento di una nave albanese speronata dalla corvetta Sibilla della Marina militare italiana: 57 morti, 24 dispersi, 34 superstiti).  Chi lo conosceva lo ricorda sempre dalla parte degli ultimi, narratore serio, pieno di passione, dalla grande capacità di ascolto, con “il coraggio dei buoni e la tempra di reporter di razza, il migliore della sua generazione”. 
Il padre così lo tratteggia: “in difesa dei ferocemente sfruttati nei più diversi contesti: nell'ambito del caporalato, degli immigrati, dei desaparecidos in Argentina, e ovunque ci sia stato un sopruso”.
Rimando, in particolare, al suo La frontiera, Feltrinelli, Milano 2015: libro che non dà adito all’ipocrisia e attraverso la voce dei migranti e le loro inenarrabili vicende presenta la realtà impietosa e contraddittoria della “frontiera”, la speranza-disperazione di chi tenta di cavalcare il mare e scavalcare i muri per fuggire dall’inferno. Non provo neppure a riassumere le storie, i vissuti individuali e collettivi descritti da Leogrande, riferiti agli anni 1998-2015. Non c’è alternativa alla lettura diretta delle sue pagine, se vogliamo “vedere” e non dissipare l’afflato e le testimonianze interviste riflessioni che trasudano dal libro di questo scrittore-giornalista morto a quarant'anni improvvisamente  nel 2017, prima dunque delle ancor più dolenti vicende di questo ultimo lustro, legate all’aggravarsi del contesto globale. Mi limito a pochi interrogativi sullo sfondo emblematico dei 368 annegati a Lampedusa il 3 ottobre 2013.

💥 Il significato simbolico della frontiera.
La “frontiera” con tutta la sua ambiguità è oggi paradigma, personificazione-rappresentazione delle nostre contraddizioni: da una parte le sofferenze umiliazioni di tutti gli ultimi, sfruttati disperati perseguitati oppressi affamati abbandonati, che affollano il mare e sbarcano - chi ce la fa - sulle nostre spiagge estive e dall’altra la spensieratezza dell'indifferenza.
Che cosa è la frontiera? “Una linea fatta di infiniti punti, infiniti nodi, infiniti attraversamenti. Ogni punto una storia, ogni nodo un pugno di esistenze. Ogni attraversamento una crepa che si apre. E’ la frontiera. Non è un luogo preciso, piuttosto la moltiplicazione di una serie di luoghi in perenne mutamento, che coincidono con la possibilità di finire da una parte o rimanere nell’altra”¹. 
 
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💥 Imparare a vedere.
Leogrande più volte avverte: ci vuole tempo per vedere e capire. Ci vuole molto tempo per comprendere che le notizie e le immagini non sono solo  la violenza di un giorno preciso, di un momento, ma la storia di ogni giorno, spesso nascosta e non conosciuta.
Bisogna farsi viaggiatori come loro: vedere ed ascoltare dalla voce di chi ha oltrepassato i confini come essi sono fatti, come sono fatte le città e i fiumi, le muraglie e i loro guardiani, le carceri e i loro custodi, gli eserciti e i loro generali, i predoni e i loro covi, come sono fatti i compagni di viaggio e perché a un certo punto li si chiama compagni. Come sono fatte le barche. Come sono fatte le onde del mare. Come è fatto il buio della notte. Come sono fatte le luci che si accendono nell’oscurità. Quelle voci sono plasmate con la stessa pasta dei sogni. Si riempiono di rabbia e utopia, desiderio e paura, misericordia e furore”²
Perché migrano? Bisogna scavare per riuscire a capire. Alla base di ogni viaggio c’è “un fondo oscuro, una zona d’ombra” che raramente viene rivelata: grovigli di pulsioni e ferite segrete appesantiti dalle violenze e dai traumi subiti, nauseati dall’odore della morte che ha sfiorato tutti, dalla violenza che non concede alternative: “motivi che hanno spinto tanti a partire e tanti altri ad andare incontro alla morte”³. 
 
💥 La globalizzazione dell'indifferenza.
La consegna di Leogrande mi pare racchiusa nel cap.13, dedicato a papa Francesco ed  alle parole da lui pronunciate l’8 luglio 2013 nel corso del suo primo viaggio apostolico del suo pontificato a Lampedusa, tre mesi prima del grande naufragio: “Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: "Dov’è il sangue di tuo fratello, che grida fino a me?” Siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affar nostro”⁴.
Ecco la consegna: vedere, essere coscienti del dovere che ci tocca di creare del benessere per tutti gli uomini, non sopportare l'inganno intorno a noi, ridere in faccia a coloro che ci parlano di prudenza e di convenienza, perché si deve essere intransigenti quando si tratta di amare. Il tutto condensato nel grido di solidale fratellanza ed apocalittica speranza che ritrovo nella citazione in epigrafe a p. 5:
Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo 
 e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più.
(Apocalisse 21,1)”

Note.
1. Alessandro Leogrande, La frontiera, Feltrinelli, Mi,  5° ed. gennaio 2019, p.40.  Che cosa indica la parola frontiera? “Una linea lunga chilometri e spessa anni. Un solco che attraversa la materia e il tempo, le notti e i giorni, le generazioni e le stesse voci che ne parlano, si inseguono, si accavallano, si contraddicono, si dilatano. Sinonimo di impazienza, per molti, per altri di terrore. Per altri ancora coincide con gli argini di un fortino che si vuole difendere. La frontiera corre sempre nel mezzo. Di qua c’è il mondo di prima. Di là quello che deve ancora venire e forse non arriverà mai”. cfr. p. 314.
2. A. Leogrande, o.c., pp. 313-314.
3. o.c. p.313.
4. cfr. cap 13 di o.c. pp.130-133.

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4 commenti:

  1. Grazie, grazie di cuore della memoria, davvero necessaria, di questo illuminato giornalista e scrittore, purtroppo scomparso prematuramente. Ho preso nota dei suoi testi. Saluti cordiali.

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  2. Grazie, gent.ma Maria. Un caro saluto anche da parte di Rossana.

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  3. Commento “ a caldo”, facendomi trascinare dall’urgenza del tema e dalla provocazione che lanci con il post ( ricordo che qualche anno fa ti eri già dedicato a Leogrande). La provocazione è molto buona…e necessaria, perché da ormai troppo tempo ci muoviamo in questo tormento e la piega che prende “ il corso delle cose” ( qualcuno ricorda il disvalore di questa definizione?) rischia di portarci alla ratificazione del sistema di controllo demandato agli aguzzini. Si ripetono , con la varietà combinatoria dei numeri delle vittime, i naufragi. La responsabilità, come ricordi caro Gian Maria ricorrendo alle fonti evangeliche, è di ognuno di noi. Perché ognuno di noi è chiamato al cospetto di Dio, perché ognuno di noi, rimanendo in terra, è cittadino membro degli Stati che decidono il respingimento.
    Le nuvole si addensano in questo periodo ed il pericolo che si corre è che diventino tempeste. Da Rosario un grosso abbraccio 🫂

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    1. Grazie, caro Rosario. In pieno accordo nel resistere alle tempeste che avanzano...

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