Il naufragio di Pylos (giugno 2023), in Grecia, ci interroga ancora.
Post di Gian Maria ZavattaroAlessandro Leogrande.
Immagine di Alessandro Leogrande, dal sito di Feltrinelli |
Il padre così lo
tratteggia: “in difesa dei ferocemente sfruttati nei più diversi contesti:
nell'ambito del caporalato, degli immigrati, dei desaparecidos in Argentina, e
ovunque ci sia stato un sopruso”.
Rimando, in particolare, al suo La frontiera, Feltrinelli, Milano 2015: libro che
non dà adito all’ipocrisia e attraverso la voce dei migranti e le loro
inenarrabili vicende presenta la realtà impietosa e contraddittoria della
“frontiera”, la speranza-disperazione di chi tenta di cavalcare il mare e
scavalcare i muri per fuggire dall’inferno. Non provo neppure a riassumere le
storie, i vissuti individuali e collettivi descritti da Leogrande, riferiti
agli anni 1998-2015. Non c’è alternativa alla lettura diretta delle sue
pagine, se vogliamo “vedere” e non dissipare l’afflato e le testimonianze
interviste riflessioni che trasudano dal libro di questo scrittore-giornalista
morto a quarant'anni improvvisamente nel 2017, prima dunque delle ancor
più dolenti vicende di questo ultimo lustro, legate all’aggravarsi del contesto
globale. Mi limito a pochi interrogativi sullo sfondo emblematico dei 368 annegati
a Lampedusa il 3 ottobre 2013.
💥 Il significato simbolico della frontiera.
La “frontiera” con tutta la sua ambiguità è oggi
paradigma, personificazione-rappresentazione delle nostre contraddizioni: da
una parte le sofferenze umiliazioni di tutti gli ultimi, sfruttati disperati
perseguitati oppressi affamati abbandonati, che affollano il mare e sbarcano -
chi ce la fa - sulle nostre spiagge estive e dall’altra la spensieratezza dell'indifferenza.
Che cosa è la frontiera? “Una linea fatta di infiniti punti,
infiniti nodi, infiniti attraversamenti. Ogni punto una storia, ogni nodo un
pugno di esistenze. Ogni attraversamento una crepa che si apre. E’ la
frontiera. Non è un luogo preciso, piuttosto la moltiplicazione di una serie di
luoghi in perenne mutamento, che coincidono con la possibilità di finire da una
parte o rimanere nell’altra”¹.
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💥 Imparare a vedere.
Leogrande più volte avverte: ci vuole tempo per vedere e capire. Ci vuole molto tempo per comprendere che le notizie e le immagini non sono solo la violenza di un giorno preciso, di un momento, ma la storia di ogni giorno, spesso nascosta e non conosciuta.
“Bisogna farsi viaggiatori come loro: vedere ed ascoltare dalla voce di chi ha oltrepassato i confini come essi sono fatti, come sono fatte le città e i fiumi, le muraglie e i loro guardiani, le carceri e i loro custodi, gli eserciti e i loro generali, i predoni e i loro covi, come sono fatti i compagni di viaggio e perché a un certo punto li si chiama compagni. Come sono fatte le barche. Come sono fatte le onde del mare. Come è fatto il buio della notte. Come sono fatte le luci che si accendono nell’oscurità. Quelle voci sono plasmate con la stessa pasta dei sogni. Si riempiono di rabbia e utopia, desiderio e paura, misericordia e furore”².
Perché migrano? Bisogna scavare per riuscire a capire. Alla base di ogni viaggio c’è “un fondo oscuro, una zona d’ombra” che raramente viene rivelata: grovigli di pulsioni e ferite segrete appesantiti dalle violenze e dai traumi subiti, nauseati dall’odore della morte che ha sfiorato tutti, dalla violenza che non concede alternative: “motivi che hanno spinto tanti a partire e tanti altri ad andare incontro alla morte”³.
Leogrande più volte avverte: ci vuole tempo per vedere e capire. Ci vuole molto tempo per comprendere che le notizie e le immagini non sono solo la violenza di un giorno preciso, di un momento, ma la storia di ogni giorno, spesso nascosta e non conosciuta.
“Bisogna farsi viaggiatori come loro: vedere ed ascoltare dalla voce di chi ha oltrepassato i confini come essi sono fatti, come sono fatte le città e i fiumi, le muraglie e i loro guardiani, le carceri e i loro custodi, gli eserciti e i loro generali, i predoni e i loro covi, come sono fatti i compagni di viaggio e perché a un certo punto li si chiama compagni. Come sono fatte le barche. Come sono fatte le onde del mare. Come è fatto il buio della notte. Come sono fatte le luci che si accendono nell’oscurità. Quelle voci sono plasmate con la stessa pasta dei sogni. Si riempiono di rabbia e utopia, desiderio e paura, misericordia e furore”².
Perché migrano? Bisogna scavare per riuscire a capire. Alla base di ogni viaggio c’è “un fondo oscuro, una zona d’ombra” che raramente viene rivelata: grovigli di pulsioni e ferite segrete appesantiti dalle violenze e dai traumi subiti, nauseati dall’odore della morte che ha sfiorato tutti, dalla violenza che non concede alternative: “motivi che hanno spinto tanti a partire e tanti altri ad andare incontro alla morte”³.
💥 La globalizzazione dell'indifferenza.
La consegna di Leogrande mi pare racchiusa nel cap.13, dedicato a papa Francesco ed alle parole da lui pronunciate l’8 luglio 2013 nel corso del suo primo viaggio apostolico del suo pontificato a Lampedusa, tre mesi prima del grande naufragio: “Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: "Dov’è il sangue di tuo fratello, che grida fino a me?” Siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affar nostro”⁴.
Ecco la consegna: vedere, essere coscienti del dovere che ci tocca di creare del benessere per tutti gli uomini, non sopportare l'inganno intorno a noi, ridere in faccia a coloro che ci parlano di prudenza e di convenienza, perché si deve essere intransigenti quando si tratta di amare. Il tutto condensato nel grido di solidale fratellanza ed apocalittica speranza che ritrovo nella citazione in epigrafe a p. 5:
“Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo
e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più.
(Apocalisse 21,1)”
La consegna di Leogrande mi pare racchiusa nel cap.13, dedicato a papa Francesco ed alle parole da lui pronunciate l’8 luglio 2013 nel corso del suo primo viaggio apostolico del suo pontificato a Lampedusa, tre mesi prima del grande naufragio: “Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: "Dov’è il sangue di tuo fratello, che grida fino a me?” Siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affar nostro”⁴.
Ecco la consegna: vedere, essere coscienti del dovere che ci tocca di creare del benessere per tutti gli uomini, non sopportare l'inganno intorno a noi, ridere in faccia a coloro che ci parlano di prudenza e di convenienza, perché si deve essere intransigenti quando si tratta di amare. Il tutto condensato nel grido di solidale fratellanza ed apocalittica speranza che ritrovo nella citazione in epigrafe a p. 5:
“Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo
e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più.
(Apocalisse 21,1)”
Note.
1. Alessandro
Leogrande, La
frontiera, Feltrinelli, Mi, 5° ed. gennaio 2019, p.40. Che cosa
indica la parola frontiera? “Una linea lunga chilometri e spessa anni. Un
solco che attraversa la materia e il tempo, le notti e i giorni, le generazioni
e le stesse voci che ne parlano, si inseguono, si accavallano, si contraddicono,
si dilatano. Sinonimo di impazienza, per molti, per altri di terrore. Per altri
ancora coincide con gli argini di un fortino che si vuole difendere. La
frontiera corre sempre nel mezzo. Di qua c’è il mondo di prima. Di là quello
che deve ancora venire e forse non arriverà mai”. cfr. p. 314.
2. A. Leogrande, o.c., pp. 313-314.
3. o.c. p.313.
4. cfr. cap 13 di o.c. pp.130-133.
2. A. Leogrande, o.c., pp. 313-314.
3. o.c. p.313.
4. cfr. cap 13 di o.c. pp.130-133.
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Grazie, grazie di cuore della memoria, davvero necessaria, di questo illuminato giornalista e scrittore, purtroppo scomparso prematuramente. Ho preso nota dei suoi testi. Saluti cordiali.
RispondiEliminaGrazie, gent.ma Maria. Un caro saluto anche da parte di Rossana.
RispondiEliminaCommento “ a caldo”, facendomi trascinare dall’urgenza del tema e dalla provocazione che lanci con il post ( ricordo che qualche anno fa ti eri già dedicato a Leogrande). La provocazione è molto buona…e necessaria, perché da ormai troppo tempo ci muoviamo in questo tormento e la piega che prende “ il corso delle cose” ( qualcuno ricorda il disvalore di questa definizione?) rischia di portarci alla ratificazione del sistema di controllo demandato agli aguzzini. Si ripetono , con la varietà combinatoria dei numeri delle vittime, i naufragi. La responsabilità, come ricordi caro Gian Maria ricorrendo alle fonti evangeliche, è di ognuno di noi. Perché ognuno di noi è chiamato al cospetto di Dio, perché ognuno di noi, rimanendo in terra, è cittadino membro degli Stati che decidono il respingimento.
RispondiEliminaLe nuvole si addensano in questo periodo ed il pericolo che si corre è che diventino tempeste. Da Rosario un grosso abbraccio 🫂
Grazie, caro Rosario. In pieno accordo nel resistere alle tempeste che avanzano...
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