Per una politica pensata come "diaconia", nel segno dell'I care.
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Carlo Stanga, illustratore (qui il sito), per gentile autorizzazione.
Carlo Stanga, Visione globale |
Definire la politica. Restaurare la città e la vita pubblica in disfacimento significa innanzitutto rifare i cittadini e i piccoli gruppi: compito squisitamente politico. La "politica" - come democrazia, libertà, uguaglianza, giustizia - è parola che ha ricevuto tantissime definizioni spesso contrastanti. Definire la politica non è asettica disputa teorica: se la definisco è per cercare di capire che relazione c’è tra lei e me.
Forse in senso stretto la politica è
la capacità di una persona, specializzata nel campo delle responsabilità e
delle decisioni, di operare con successo secondo le regole della conquista del
potere, della formazione del consenso e della soluzione dei conflitti. Il
panorama odierno è da questo punto di vista per nulla confortante.
Carlo Stanga, Piazza italiana |
La politica in senso lato. Ma
se la concepiamo in modo più aperto, perché riteniamo che ogni persona è tale
solo se realizza la sua identità lungo la strada della partecipazione di
tutti i cittadini al potere ed alle responsabilità sociali, allora non
incontriamo la politica solo quando un bel giorno decidiamo di "scendere
in campo", quando votiamo, quando diamo vita ad un movimento od
associazione.
La politica è il nostro stesso
difficile mestiere di vivere, maturare, crescere; è un aspetto di ogni
situazione ed ogni istituzione (famiglia, gruppo, scuola, impresa, sindacato,
partito, stato…) in cui trascorriamo l'intera nostra vita quotidiana. Insomma
la politica è dentro ognuno di noi, è inevitabile. Dire "la politica non mi
riguarda" è affermazione discutibile, anzi proposizione falsa.
L'interdipendenza
reciproca. Per
costruirci come persone e costruire la comunità non bastano sdegno ed
indignazione morale, occorre incidere concretamente sui processi decisionali,
assumerci le nostre responsabilità, com-prometterci, uscendo dalla comoda
paratia del "piove governo ladro". La comunità non si costruisce a parole. Se
la politica abita nelle situazioni che quotidianamente viviamo, questa scomoda
consapevolezza ci obbliga ad una quota relativa di responsabilità in un mondo
sempre più interdipendente: le mie azioni buone o cattive e le mie omissioni
ricadono sugli altri anche se in tempi e distanze che non so prevedere. La
politica è la consapevolezza dell’unicità del nostro destino: siamo
interdipendenti e non possiamo esimerci dal prenderci cura degli altri.
Carlo Stanga, Mondo |
Scuola
di politica. Occorre,
oggi più che mai, impegnarci e tornare nei luoghi dove si decide
l’andamento e il futuro della società - la politica l’economia la finanza la
scuola - per non lasciare il posto vuoto "alla mercé di cattivi
coppieri", come direbbe Platone.
Certo non è facile esercitare la politica - lo constatiamo ogni giorno sulla nostra pelle -, perché è relazione estremamente complessa con gli altri e il mondo.
L'inestricabile nodo
problematico si può sciogliere solo attraverso l'impegno corale nel formare noi
adulti ed anziani (impresa quasi disperata e disperante), i giovani e le nuove
generazioni a pensare la politica ed il potere come "diaconia", gratuito amore
per gli altri. Ciò vuol dire collocarsi agli antipodi - sia ben chiaro -
delle attuali cosiddette scuole di partito (nel passato molto diverse!), che
appaiono e sono sempre più patinate congreghe di indottrinamento ideologico
volte alla perpetuazione del partito stesso (cioè dei suoi interessi
di parte), dove assoldati "professionisti dell'inganno mediatico"
insegnano non a servire ma a servirsi della credulità degli altri, a
turlupinare e non a "coscientizzare", a manipolare e non a liberare e
liberarsi, ad espellere ogni sentore di diversità, ad occupare a tempo pieno
tutti gli spazi televisivi e virtuali, a clonare gli incauti di slogan
subliminali, in una parola non ad essere cittadini attivi appassionati dell' I care, ma servi mascherati e prezzolati, più o meno consapevoli.
E' possibile oggi pensare a vere "scuole" di formazione ed autoformazione all'impegno politico e sociale, vale a dire ad autentici focolai gestiti da giovani ed adulti credibili, non asettici né faziosi ma pluralisti, rivolti a tutti ma soprattutto ai giovani, dove utopia e speranza si radicano in un realismo senza illusioni?
Certo non è facile esercitare la politica - lo constatiamo ogni giorno sulla nostra pelle -, perché è relazione estremamente complessa con gli altri e il mondo.
Carlo Stanga, Scrittori dissidenti |
E' possibile oggi pensare a vere "scuole" di formazione ed autoformazione all'impegno politico e sociale, vale a dire ad autentici focolai gestiti da giovani ed adulti credibili, non asettici né faziosi ma pluralisti, rivolti a tutti ma soprattutto ai giovani, dove utopia e speranza si radicano in un realismo senza illusioni?
Sono molteplici le
esperienze in proposito in tutta Italia, e non da ieri. Penso in ambito
cattolico alla
scuola di Palermo di p. Sorgi e alle comunità di base; in ambito
ecumenico e laico ai tanti circoli e gruppi, autentiche scuole sparse in tutta
Italia.
Pur con velato
"ottimismo tragico", ognuno di noi è in grado di scorgere - se
vuole vedere - un silenzioso pullulare di segnali positivi in Italia, in
Europa e persino nella mia Albenga, dove giovani adulti ed anziani si
fanno al tempo stesso educatori ed educandi, si incontrano, agiscono nel
quotidiano, ognuno portando i suoi limiti ed i suoi carismi
generazionali, si riconoscono in comuni ideali e valori. Con un’unica
inderogabile discriminante: quella della politica (stricto sensu et lato)
vissuta e testimoniata come servizio oblativo, come modo concreto di
esprimere la speranza di chi è in cammino e che "vede quel che non è
ancora e che sarà, ama quel che non è ancora e che sarà".
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"La speranza, dice Dio, la speranza, sì, che mi sorprende. Che questi poveri figli vedano come vanno le cose oggi e credano che domani andrà meglio.[…] Questa speranza bambina che di tutte le virtù, e delle tre virtù teologali, è forse quella più gradita a Dio. Che è certamente la più difficile, che è forse l'unica difficile[…] La piccola, quella che va ancora a scuola. E che cammina. È lei, questa piccola, che spinge avanti ogni cosa. Perché la Fede vede ciò che è. Nel Tempo e nell'Eternità. La Speranza vede ciò che sarà. Nel tempo e per l'eternità. Per così dire nel futuro della stessa eternità. La Carità ama ciò che è. Nel Tempo e nell'Eternità. Dio e il prossimo. Ma la Speranza ama ciò che sarà. Nel tempo e per l'eternità. Per così dire nel futuro dell'eternità. La Speranza vede quel che non è ancora e che sarà. Ama quel che non è ancora e che sarà. Nel futuro del tempo e dell'eternità". (Ch.Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù, Mi, Jaca Book, 1978).
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Carlo Stanga, Progetto sorriso nel mondo |
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"La speranza, dice Dio, la speranza, sì, che mi sorprende. Che questi poveri figli vedano come vanno le cose oggi e credano che domani andrà meglio.[…] Questa speranza bambina che di tutte le virtù, e delle tre virtù teologali, è forse quella più gradita a Dio. Che è certamente la più difficile, che è forse l'unica difficile[…] La piccola, quella che va ancora a scuola. E che cammina. È lei, questa piccola, che spinge avanti ogni cosa. Perché la Fede vede ciò che è. Nel Tempo e nell'Eternità. La Speranza vede ciò che sarà. Nel tempo e per l'eternità. Per così dire nel futuro della stessa eternità. La Carità ama ciò che è. Nel Tempo e nell'Eternità. Dio e il prossimo. Ma la Speranza ama ciò che sarà. Nel tempo e per l'eternità. Per così dire nel futuro dell'eternità. La Speranza vede quel che non è ancora e che sarà. Ama quel che non è ancora e che sarà. Nel futuro del tempo e dell'eternità". (Ch.Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù, Mi, Jaca Book, 1978).
Bellissima (e vera) riflessione. L'associazione Onlus Cercasi un fine (www.cercasiunfine.it) promuove scuole di formazione socio-politica - da diversi anni - in tutta Italia.
RispondiEliminaGrazie. Seguiamo da tempo l’associazione su consiglio dei nostri amici di Biella
EliminaGian Maria , innanzitutto grazie per la sollecitazione! Dentro le tue riflessioni si avverte un rovello ( “ ottimismo tragico “) e non a caso le chiudi con la stupenda lode alla Speranza di C. Peguy... si racchiude in un nucleo la tua raccomandazione: che la politica sia intesa come “ servizio oblativo “.
RispondiEliminaTrovo e sottolineo che il “ polare binomio “ si articola su : politica e scuola. Politica, perché ci muoviamo, da uomini civilizzati, dentro la polis; quindi , il nostro esistere non ne può prescindere ... e che sia un esistere partecipante!
Scuola, perché la formazione e l’educazione non finiscono mai... scrupolo, serietà ed onesta lo richiedono!
Condivido appieno il tuo “polare binomio”, che credo si possa concretizzare nella relazione biunivoca docente-alunno, meglio ancora educatore-educando. E’ la grande responsabilità di ogni docente: educare alla cittadinanza attiva, qualunque sia la materia da lui insegnata. Faccio un esempio che entrambi ben conosciamo: penso alle possibili aperture di orizzonti potenzialmente presenti nella spiegazione delle tre domande kantiane da parte del docenti di filosofia….Ciao, caro Rosario.
EliminaE' davvero necessario un 'ottimismo tragico', nei nostri tempi ... E grazie anche per la bella citazione di Péguy. Buona domenica.
RispondiEliminaGrazie a Lei, gent.le Maria e buon inizio di settimana.
EliminaIn tutta sincerità, è quella Speranza che mi fa tornare a scuola ogni mattina, con entusiasmo e voglia di stare con i miei studenti. Attraverso la mia Speranza desidero tanto che passi un po'
RispondiEliminadella mia passione e la convinzione che ho, radicata nel cuore, che ogni volta noi cerchiamo di mettere in pratica i valori in cui crediamo, facciamo politica. Un caro saluto e un forte abbraccio. Grazie di tutto
Cara Patrizia, è quanto anch’io provo nel mio impegno di volontariato con i gesti, gli sguardi, le parole, dialogando ed insegnando quel poco che posso a Sadat, Alì, Ibrahim, Modou ecc. … Un ciao affettuoso a te e Giuseppe.
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