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domenica 23 febbraio 2020

La terra promessa del sionismo.

Una lettura del sionismo, all'interno della complessa storia del popolo ebraico, dalle sue origini fino all'oggi.
Post di Rosario Grillo
Immagini delle opere di Arturo Nathan, pittore italiano di origine ebraica, morto in campo di  concentramento tedesco nel 1944.

Arturo Nathan, 
L'esiliato, 1928
È mia opinione che dentro la questione israelo-palestinese si nasconda la chiave della crisi di sistema dei rapporti internazionali a partire dalla seconda metà del ‘900.
È durata “lo spazio di un mattino l’apertura della prima presidenza di Obama al mondo arabo, così con Trump, l’esecutore della “America first”, si è raggiunto il punto più basso della possibilità di una risoluzione della convivenza tra i due popoli in quella “terra promessa”.
Fondate ragioni, che ispirano le convinzioni dello storico Sternhell, del quale includo la recente intervista (1), frutto del periodico Reset, quelle stesse che rafforzano la mia opinione, si oppongono, però, in maniera radicale, al piano di pace che ha ultimamente proposto il presidente americano.
Per inquadrare correttamente il problema, occorre dare una cornice storica al popolo degli ebrei. In proposito, bisogna delineare le due componenti: quella spirituale, legata al “popolo eletto” della tradizione biblica, e quella meramente laica di un popolo che, nelle traversie della diaspora, tesse e sviluppa tradizioni ed attitudini, intrecciandole inevitabilmente con i popoli e con le vicende culturali dei territori frequentati.
Arturo Nathan, 
Abbandonato, 1928
Direi che, per questa via, ne discenda una smentita alla “spada di Damocle” della colpa del deicidio.
Acquisito ciò, si può passare a constatare il lungo periodo di pacifica coesistenza nell’epoca romana e altomedievale.
La rottura, con i primi eventi tangibili di antisemitismo, cominciò nell’epoca delle Crociate e sfociò negli episodi di conversione forzata ed insieme di espulsione durante il regno spagnolo, assumendo la scusante religiosa.
Si sa di certo che le specializzazioni comuni agli ebrei, nel frattempo, erano state quelle dell’attività medica e filosofica, mentre è conosciuta ed accertata la partecipazione a certe attività economiche (tra queste: quella finanziaria).
Si profila qui un identikit dell’ebreo: instancabile esoso finanziatore, mercante ed usuraio, che Shakespeare compendiò nel suo teatro.
Dal 1300 quindi, e in maggior misura dal 1500, comincia lo spostamento verso l’Europa orientale delle comunità ebraiche.
Va, però, individuata, dentro il fenomeno, una duplice varietà: da una parte, li ritroviamo nei mercanti che arricchiscono l’intraprendenza del capitalismo mercantile degli Stati del nord, dai Paesi Bassi verso Oriente (figura del’ “ebreo portuale”). 
Arturo Nathan, 
Il ghiaccio del mare, 1928
Per loro sembrerebbe aver avuto corso l’origine dagli “ebrei cortigiani”, finanzieri e diplomatici.
Dall’altra, la lente di lettura, filtrata dall’Illuminismo, distingue una figura di ebreo attento a rileggere la tradizione rabbinica in chiave razionale e secolare fino alla Haskalah (maskil). Con questa seconda, ci si introduce in un universo conciliatore, ben disposto alla integrazione.
Il nuovo tremendo vulnus è dato dall’antisemitismo che si sviluppò nell’Europa orientale e, in maggior misura, nelle contrade dell’impero russo con violenti pogrom.
In questo contesto nacque il sionismo (Sion = terra promessa), orientato a mettere in risalto l’identità del popolo ebraico. Viste le premesse, esso non poteva non rispecchiare la duplicità di cui sopra, ferma restando la rivendicazione della autodeterminazione.
Il resto - compiendo una radicale necessaria sintesi - è effetto della pianta del nazionalismo, che può svilupparsi in forma liberal-democratica con la convinzione della convivenza internazionale, oppure degradare in nazionalismo esclusivo (ed escludente), virulento ed aggressivo.
Arturo Nathan, 
L'attesa, 1940
La contorta vicenda del sionismo si può fare iniziare già nel XVII secolo, ma si sviluppa in modo eclatante alla fine del XX secolo: in un’epoca quindi che porta i segni dell’imperialismo.
All’epoca declina il sogno, nella Mitteleuropa, della convivenza tra diverse etnie dentro l’impero asburgico; nel contempo, la decadenza dell’impero russo viene affrontata malamente.
Il ceppo dell’imperialismo, che conteneva il virus del colonialismo, dopo aver compromesso l’impostazione per la soluzione del nostro problema (ritorno degli ebrei), andò ad intaccare il sionismo.
Si intende: non per intero. Dentro il sionismo, difatti, si erano formate diverse correnti, dai conservatori ai moderati ai socialisti.
Più ancora contarono le riserve dei vecchi paesi colonialisti, in primis Inghilterra (da vedere il suo cambio di fronte, dell’accordo di Balfour del 1917 al secondo conflitto mondiale).
Pesò, e peserà da allora, il folto mondo degli ebrei americanizzati, comunità fortemente concentrata, finanziatrice e piena di pregiudizi antidemocratici.
Arturo Nathan, 
Nave incagliata, 1937
Con questo pendant, l’insediamento significativo degli ebrei, spostatisi dall’Europa sotto la stella del sionismo, consumò velocemente l’ipotesi socialista e ruralista dei kibbutz e, col trascinamento delle guerre del 1956, del 1967 (g. dei sei giorni) e del 1973 (g. del kippur), inclinerà fatalmente verso un ruolo egemone, quindi verso l’esclusione della armonia tra i due popoli. Al mondo ebreo, però, vanno confermati: il riconoscimento della fratellanza nella fede (Concilio Vaticano II), la ricchezza e la poliedricità di una cultura fecondatrice, il contributo alla storia universale, il ruolo di lievito nel tessuto della civiltà umana.

Note
(1) Lo storico Zeev Sternhell, di sicure convinzioni democratiche, ha una riconosciuta qualità storiografica, confermata in ispecie da originali studi sul fascismo. Cfr. qui.
(2) N.B. Oggi il rinascente antisemitismo è provocato dall’instabilità mondiale, che riconduce, per le ragioni argomentate, all’annosa crisi medio-orientale.

6 commenti:

  1. Caro Rosario, ho letto con estrema attenzione il tuo post e l’intervista da te indicata a Zeev Sternhell. Molto illuminante! Come sai fare tu. Poi mi è capitato di seguire le parole di Papa Francesco a Bari per il “G20” dei vescovi del Mediterraneo e la sua denuncia di “ipocrisia” dei Paesi che parlano di pace e armano la guerra, con riferimento più o meno velato al piano “per la pace” (sic!) in Medio Oriente di Trump. Una felice sintonia tra “la vera intelligenza e l’amore”, direbbe Mounier. Splendido!

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  2. Grazie! A scuotermi è stata l’intervista - lo storico è proprio di vaglia - convergente con una radicata opinione sulla “ fatale questione palestinese “. Nel Medioriente si trova la “ causa prima” della instabilità internazionale e sarebbe ora che si capisse e ci si comportasse di conseguenza. Su di essa si misura la “ buona fede “ di quanti veramente amano la pace ed operano per essa. Il papa sa tutto questo anche perché la Chiesa si è già mossa per sgombrare alcune pregiudiziali. Si vuole veramente la pace? Niente commercio di armi, nessuna indulgenza verso il nazionalismo.
    Temo che stiano giungendo i tempi in cui dovremo esprimerci seccamente: sì, no, come Gesù ha predicato .
    Approfitto per ringraziare Rossana che ha arricchito il post con appropriate bellissime raffigurazioni.🌈

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  3. Scusatemi, mi permetto di intervenire con un commento che nulla avrà a che fare con i colti interventi che sempre si leggono sul pregiatissimo blog del Dott. Zavattaro, ma non ho che un diploma di Ragioneria e mai ho studiato a scuola la questione palestinese, eppure nella mia maniera forse terra terra, sempliciotta, ma genuina, vi espongo i miei dubbi (li ho inseriti anche su Facebook).
    Ebbene, io non capisco perché si ribadisca giustamente e quotidianamente negli ambienti cattolici la fratellanza tra popolo cristiano e popolo ebraico, e si tralasci di fatto la fratellanza UNIVERSALE. Cerco di spiegarmi meglio: Gesù ci ha insegnato che siamo tutti fratelli eppure, i coloni hanno fatto ritorno "a casa", "sfrattando" i palestinesi musulmani. Li hanno respinti, allontanati, bombardati. In questo senso, io mi sento più sorella dei musulmani palestinesi che degli ebrei. Hai voglia a lodare la storia ebraica, ma non è giusto tralasciare che si sono commessi e si commettono abusi di potere in certe terre e in certi ambienti.

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  4. Gent. Roberta, La ringrazio innanzitutto per il ”pregiatissimo blog”, un po’ esorbitante ma, credo, “genuino” e per noi gratificante. La ringrazio inoltre per il suo intervento che ci consente di confermare e riaffermare convinzioni e valori a noi molto cari e posizioni che consideriamo decise e decisive: veda ad es. “il manifesto” alla base del nostro blog (chi siamo, che cosa ci proponiamo, in che cosa crediamo e speriamo). Non sono uno specialista della storia dei rapporti dello Stato di Israele e la popolazione Palestinese negli ultimi 80 anni. Condivido però appieno la sua preoccupazione circa l’oppressione dello Stato di Israele (non gli Ebrei) nei riguardi dei Palestinesi. Siamo tutti figli dello stesso Dio e tutti fratelli in Abramo, anzi fratelli e sorelle di ogni uomo e donna di ogni tempo (presente, passato, futuro), indipendentemente dalla religione, dal colore della pelle, dall’etnia di appartenenza. Gesù, il Figlio del Dio Vivente, che Lei richiama, era ed è ebreo (come tutti gli Apostoli, l’Apostolo delle genti, il Protomartire Stefano ecc.) e la Bibbia (l’Antico Testamento) è libro sacro ai Cristiani ed agli Ebrei, il popolo eletto nella storia della salvezza dell’umanità. L’attenzione al popolo ebraico (non allo stato di Israele) è per così dire un atto dovuto. In altre parole, un’attenta lettura del presente post a firma di Rosario (ovviamente come sempre del tutto condiviso da noi) non fa che ribadire ciò che per noi era implicito e scontato e non a caso Rosario ha citato e riportato l’intervista di Sternhell, ebreo, il quale senza mezzi termini prende le difese della popolazione palestinese (anzi dello Stato Palestinese) e condanna le ingiustizie e le sopraffazioni dei coloni, complice lo Stato israeliano. Gentile signora Roberta, Le esprimo tutto il mio apprezzamento per la sua sincera riflessione, tutt’altro che ”terra terra, sempliciotta” perché i dubbi sono sale della vita che arricchiscono tutti, nella speranza di vedere presto altri suoi commenti… p.s. Sono il quarto di dieci fratelli e sorelle. La nostra fraternità-sororità (oserei direi paradigma della fraternità umana) è di forte sentitissimo affetto, ma l’attenzione e l’intensità dell’ascolto e della parola tra noi è diversa, perché rispettosa e proporzionale alle vicende e modi di essere di ognuno.

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  5. Grazie di cuore! Mi creda, avevo bisogno di leggere queste parole e meglio comprendere. Con grande stima, le porgo i miei saluti e a Lei e ai Suoi Collaboratori l'augurio che possiate godere di piena soddisfazione nell'arrivare sempre con efficacia al cuore non solo delle questioni, ma anche e soprattutto delle persone, quelle che vi leggono e si interrogano.

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