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venerdì 7 luglio 2017

Cultura, economia, consumismo.

Ricostruendo brevemente il percorso che parte dall'origine dell'opinione pubblica, legata alla nascita dei giornali, si giunge alla critica della società dei consumi che riduce la cultura entro i limiti dei canali propagandistici costituiti dagli odierni mezzi di comunicazione.
Post di Rosario Grillo.
Immagini dei dipinti del pittore americano Francis Luis Mora (Uruguay 1874 - Stati Uniti 1940).

Francis Luis Mora, 
Le notizie del mattino
Mi è capitato già alcune volte di ricorrere alla citazione di questa frase di Hegel: Il giornale è  la preghiera del mattino dell'uomo moderno.
L’ho fatto in chiave personale e per fini pedagogici. 
Nel primo caso per assicurare a me stesso questa abitudine. Nel secondo per proporre e/o sostenere l'ingresso nelle materie curriculari della “attualità pensata” attraverso la lettura dei quotidiani.
Quanti  spunti fuoriescono dalle pagine dei giornali! Senza appiattirsi al “fatto compiuto”, sono stimolatori di commenti, di reazioni, di rimedi, in parole povere di un “vissuto critico”.
Con moderazione e senza pregiudizi. 
Possibilmente con lo scopo di assistere il “percorso del miglioramento delle condizioni sociali”.
Francis Luis Mora, 
I lettori della metropolitana
Hegel registrava all'alba dell'ottocento il ruolo assunto dalle gazzette: creature dell'Illuminismo (Aufklarung).
Il Secolo XIX doveva poi potenziare tale funzione, incrementando la quantità e favorendone una trasformazione qualitativa.
Resta assodata la simbiosi con la “civiltà dell'opinione”. Cosa che non può che comportare una dipendenza: ne è lo specchio.
Provate  a trasferirvi con l'immaginazione al tempo della società borghese, lanciata verso le nuove imprese commerciali e industriali. Apparirà la diffusione, presso il pubblico, dei tabloid, la curiosità verso i romanzi d'avventura, pubblicati a puntate nei pochi fogli di tali giornali, le caratteristiche e la qualità delle imprese di conquista coloniale (veicoli della penetrazione dello spirito borghese).
Poi il salto della società verso la massificazione provocò il dilagare dell’intento propagandista. 
Si giunse ad una “simmetria funzionale” tra gli scopi dei pubblicisti ed i sentimenti “caotici”del popolo-folla.
I primi risentono chiaramente della concentrazione economica (fenomeno dei trust) e dell’amalgama tra proprietà editoriale ed impresa economica.
La sintesi teorica, concettuale, sociologica e filosofica fu tratta da M. McLuhan, che lapidariamente formulò la definizione: “il messaggio è il medium”.
Occorre tenerne conto, necessariamente! 
Francis Luis Mora, 
Le notizie del giorno
I lettori: per esercitare spirito critico. Gli editori: per sfuggire al vincolo, difendere l'indipendenza ed evolvere nelle caratteristiche (andare oltre la carta stampata).
La lunga introduzione mi è servita a costruire il background di un episodio topico, vissuto di persona, e rappresentato come “fenomeno oggettivo” nelle pagine di un giornale locale.
Credo di poter dire che la chiave di lettura non si riduca alla soggettività e che il respiro non sia d’impronta provinciale.
A me è accaduto di avventurarmi alla ricerca di una mostra d'arte a Treviso, andata a vuoto. Mostra importante, ma fuori dei potenti canali propagandistici: quindi…. con nessun riverbero sociale.
Il mio cruccio è di aver trovato nei trevigiani, da me consultati per avere orientamento logistico, assoluta ignoranza del fatto.
Oggi, sul giornale locale, è diffuso un articolo, che rileva la scarsa fortuna di un museo trevigiano, il Bailo, considerato, nella sua dimensione, piccolo tesoro da vedere (vi è presente la collezione delle opere del trevigiano Arturo Martini).
Da questo mi è scaturita l'associazione dei due fenomeni, in effetti molto più legati di quel che può apparire a prima vista. 
Soltanto le mostre d'arte, costruite attraverso potenti “canali di propaganda”, sono in grado di attirare la “massa” dei visitatori.
Francis Luis Mora, 
L'Accademia Nazionale
Questi “canali” sono anche strumenti di vendita: biglietti, prenotazione di alberghi, ristorazione e box Office della mostra. È tutto un “indotto economico” che si muove accanto alla mostra. Sono strumenti dunque di cultura presa nella rete del consumismo.
Potrei in parte essere d’accordo, per non cadere nell'idealismo, ma non al punto di compromettere la qualità della Cultura.
Di fronte a certe scelte, anche di carattere nazionale, bisogna dire che la cultura deve conservare la sua indipendenza. 
È necessario anche riflettere, per concludere il discorso, sulla onnipresenza invasiva della pubblicità.
A mio avviso - e non sto cambiando tema - i cultori della “decrescita felice”, sostenitori non tanto di uno “stato di natura” quanto di una riappropriazione della libertà di pensiero (e di gusto), al di fuori del consumismo trionfante, non hanno tutti i torti! (1)

(1) Il discorso può allargarsi al rapporto cultura-società, alla qualità della politica, alla critica del consumismo in chiave di anticapitalismo e./o in chiave di “società del benessere”.
La dottrina della “decrescita felice” ha i suoi teorici in Latouche e Castoriadis, in Italia M. Pallante.

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10 commenti:

  1. Interessante punto di vista...
    Grazie e buona giornata!

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  2. Che effetto fa lanciare "una pietra nello stagno?" Toccando questo tema, inevitabilmente s'innescano una miriade di domande, di problematiche.
    Mi ha aiutato, da parte suo, Rossana, con il corredo d'immagine e con due "chicche" di video.
    Ecologia della mente : una bellissima espressione discesa da Bachelard. Un invito inesauribile a "forgiare" nella purezza ( e nella critica) la mente.
    Pasolini-Biagi : una dialettica feconda all'atto dell'uso dei media.
    Grazie infinite Rossana😊

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  3. Caro Rosario, hai ragione, mi piace il tuo “ottimismo tragico”- Se la cultura (che Gadamer intende come parola della domanda, della poesia, della promessa e della riconciliazione) sono “i sentimenti che creano la comunità” (Sofocle in Antigone), c'è poco da stare allegri sui sentimenti della nostra società liquida. Mi pare che siano due i paradigmi entro i quali si muove la cultura: dono/ gratuità, profitto/interesse. La produzione e la circolazione della cultura si spiega a partire dai modelli di mercato e dalle nozioni di scambio, interesse, utilità, do ut des, in funzione del profitto (e va beh), ma - cosa peggiore – anche spesso con l'intenzionalità di occultamente condizionare, esplicitamente plagiare tramite un'ossessiva pubblicità e far passare come imperdibile cultura del momento ciò che viene ammannito. Grazie al cielo, il dna della cultura appartiene  ad  una opposta modalità relazionale ricca e complessa, la gratuità, che fa parte anch’essa del nostro mondo e ne  costituisce il  lato critico e alternativo.  L’esperienza culturale  è paradossale:  appartiene al mercato (Talete che prevede un abbondante raccolto di olive...) ma fa  riferimento ad un modello  alternativo  indispensabile ad orientare il senso complessivo delle relazioni sociali e ad esprimere  il legame con e tra le  persone. Occorre sopportare con ironia il riso della servetta Tracia e nel contempo offrire una mano di sostegno a Talete perché non cada in nessun tranello quando si perde nel contemplar le stelle....

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    1. Grazie Gian Maria!
      Tu vai al sodo e ci metti davanti ad un aut aut. La cultura, teorica, contemplativa, metafisica, teologica, scientifica e pratica , intera insomma, non può che nascere dalle facoltà comunicative, e quindi relazionali, dell'uomo.
      Non prendiamoci in giro! Anche quando - ed avviene spesso- entra in gioco la "mano" di Anassagora ( ed è una metafora che si ingigantisce, vedi ultimi appunti di Maurizio Ferraris ) la cultura segue l'iter del sapere/dono.
      Le forzature pragmatico-economiche possono reggere sino al limite del "disinteresse". Altrimenti pregiudicano la gratuità e quindi la Cultura.
      A me sembra che oggi siamo impegnati in questo confronto.... e non dobbiamo cedere se non vogliamo diventare Servi ( la servetta di Talete ha questa funzione!)

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  4. Il cerchio si chiude in tragico irreversibile quando l'economia sposa e determina il consumismo e l'economia ed il consumismo, insieme, comprimono o determinano la cultura.

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  5. Non vi è dubbio che anche l'Arte è "pilotata".. È come la Moda, ognuno deve interiorizzare l'arte secondo le proprie aspirazioni intellettive: è stupido indossare Versace, - non è il prezzo dell'abito che fa il monaco ... -, se il capo Versace non rispecchia la tua anima e personalità! Indossa il tricot della nonna, lo "straccetto" trovato in un mercatino locale, l'abitino della sartina o il capo trovato frugando nei negozi... se ti sta bene, vale più di 1000 Versace (o altra casa di Moda).. L'importante sei tu e come valorizzi le cose, non il contrario...

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  6. Riflessioni utili e condivisibili. Oggi poi, con l'avvento di Internet, l'informazione culturale subisce ulteriori scossoni. Certamente i giornalisti hanno una grande responsabilità nel decidere cosa considerare "figura" e cosa "sfondo" da mettere in secondo piano; sicuramente gli interessi economici influenzano parecchio la risonanza degli eventi culturali. Magari noi blogger senza interessi economici potremo svolgere un ruolo nella promozione di iniziative culturali degne di essere divulgate. Cordiali saluti.

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  7. @ Mari D'Asaro. L'ultima notazione: "noi blogger senza interessi economici" mi pare particolarmente opportuna, perché evidenzia la libertà che caratterizza il nostro impegno sul web, anche al prezzo - messo in conto - di una minore visibilità. Un caro saluto.

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