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lunedì 24 luglio 2017

Libertà di muoversi e di migrare.

I fenomeni migratori letti in chiave evoluzionistica come necessaria premessa per la comprensione delle odierne migrazioni.
Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini delle opere di Stefano Bosis (per una presentazione dell'artista cliccare qui)
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Libertà di migrare
“Nel villaggio mondiale esiste oggi libertà giuridica di migrazione per tutti. Non tutti lo sanno, molti non sempre lo ricordano, quasi mai chi lo sa lo dice. La dichiarazione universale dei diritti umani del dicembre 1948 contempla il diritto alla libertà di movimento e di migrazione. Il primo comma dell'art.13 dichiara che “ogni individuo” ha il diritto di muoversi e risiedere “entro i confini di ogni Stato” (una libertà individuale e collettiva di migrazione interna al singolo Stato nazionale). All'art. 29 si aggiunge che eventuali limitazioni devono essere stabilite dalla legge per rispettare eventuali diritti e libertà di altri. Il secondo comma dell'art. 13 dichiara che “ogni individuo” può liberamente lasciare il proprio paese e ritornarvi, lasciare “qualsiasi paese” e ritornare nel “proprio” (una libertà individuale e collettiva di migrazione esterna e generale, come andata, come ritorno, come andata senza ritorno, come andata con ritorno). Libertà di partire, diritto di restare. Diritti umani in patria, libertà di migrare altrove. Una migrazione forzata è di norma arbitraria e vietata, transitoriamente ammissibile solo in casi eccezionali, in sostanza quando non c'è alternativa alla necessità immediata di spostare qualcuno. L'articolo successivo contempla il diritto di asilo”. (Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così” di V. Calzolaio e T. Pievani, Einaudi, To, 2016, p. 96-97).
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Una coppia di amici biellesi due mesi fa ci ha fatto dono di un libro. L'ho letto e mi pare ora naturale presentarlo sul nostro blog, in una soggettiva selezione di riflessioni, in segno di gratitudine a chi lo ha scritto ed a chi ce l'ha donato. Si tratta di “Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così” di V. Calzolaio e T. Pievani (Einaudi, To, 2016).
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Stefano Bosis, 
Il primo migrante
La tesi. 
Siamo migranti da sempre pur con modalità diverse, dapprima con spostamenti forzati, poi sempre più per scelte più o meno pianificate. Non ha alcun senso interpretare i flussi migratori contemporanei come se fossero evento eccezionale, emergenza del momento. L'evoluzione insegna il contrario: il fenomeno migratorio umano è strutturale e costitutivo della nostra identità di specie. Migrare è sempre stato fattore evolutivo cruciale, fondamentale strategia di adattamento praticata soprattutto negli ultimi 2 milioni di anni con l'espansione dell'homo sapiens dall'Africa in tutti i continenti. “Gli esseri umani sono evoluti anche grazie alle migrazioni: questa è una delle ragioni per cui occorre garantire la libertà di migrare, soprattutto nel momento in cui i cambiamenti climatici, oltre che le emergenze politiche sociali ed economiche, provocano flussi forzati. Il che significa pure, ovviamente, che va tutelato il diritto di restare nel proprio paese” (1). Come ieri, anche oggi vige il permanente intreccio tra migrazioni e contesto ambientale, climatico, politico, economico. Soprattutto l'impronta antropica globale è oggi allarmante. “Nel 2030 la certezza di essere rifugiati climatici o la probabilità di diventare tali riguarderà almeno 250 milioni di donne ed uomini, nello scenario migliore. Ciò conferma come sia indilazionabile riconoscere lo status di climate refugees, con politiche appropriate di prevenzione e assistenza, mitigazione e adattamento” (2).
Stefano Bosis, 
Migranti
Distinguere e “comparare migranti forzati da persecuzioni e guerre e forzati da eventi diversi è difficile: si conosce ogni anno la cifra dei primi, mentre calcolare l'esatta cifra dei secondi è impossibile” (3) e comunque risulterebbe superiore.

La lettura del saggio è un continuo apprendere dati e fatti scientificamente documentati e riferiti in chiave evoluzionistica, in un continuo scorrere l'atlante globale storico e geografico delle migrazioni umane, nei millenni e nei secoli degli ultimi due milioni di anni: migrazioni costantemente ripetute nel tempo, analoghe alla migrazione naturale delle piante e degli animali (4), e non semplice frutto di eventi eccezionali. E' praticamente impossibile sintetizzare in poche righe le dense pagine del fenomeno migratorio dagli albori ai giorni nostri. Per una puntuale e puntigliosa informazione rimando alla diretta lettura del saggio ed alla varietà analiticamente presentata delle scienze di riferimento (paleontologia, paleogenetica, archeologia, antropologia, storia, geografia, biologia, demografia, linguistica). In questo post mi limiterò ad un'essenziale carrellata storico-geografica dei fenomeni migratori sino al secolo sorso, premessa indispensabile e conditio sine qua non per comprendere e riflettere con cognizione di causa sulle odierne migrazioni, oggetto del prossimo post.

Gli albori
La specie camminatrice homo ergaster è la prima grande Out of Africa. La capacità di migrare è legata al clima ed il Mediterraneo ne è l'epicentro migratorio. Con la contemporanea lenta inesorabile scomparsa di Neanderthal, l'homo sapiens esce dall'Africa, si espande in Europa ed Eurasia per poi migrare nei nuovi mondi ed in ogni angolo della terra: “l'inizio della migrazione globale di noi uomini parlanti”, nuova fase dell'evoluzione delle capacità migratorie umane prima mai viste, con l'acquisizione di facoltà cognitive e linguistiche dagli esiti ambivalenti, creativi all'interno del gruppo di appartenenza, aggressivi e distruttivi nel competere con altri gruppi. 
Stefano Bosis, 
Caccia degli squali
“Migrare significa avere nuove entità da nominare [...] e forse l'arma segreta che ha permesso la nostra diffusione in ogni angolo del globo, facendoci percorrere in solitudine l'ultimo miglio dell'evoluzione umana, è stata la nostra loquacità invasiva” (cfr. p. 10-48).

L'evoluzione delle migrazioni umane. 
In epoca neolitica il ritiro dei ghiacciai e la clemenza del clima consentono ed accelerano l'aumento graduale della popolazione, lo sviluppo dell'agricoltura ed allevamento, ovvero la domesticazione intenzionale di piante ed animali: è una graduale rivoluzione planetaria, che non aveva un modello precedente e che implicava nuovi stili di vita. Da questo processo prende avvio una nuova fase dell'evoluzione delle migrazioni umane - emigrazioni e immigrazioni da e verso territori di altri popoli - che dura ancora oggi. Gli effetti ecologici delle migrazioni comportano il popolamento agricolo della Terra, la disseminazione globale e la concomitante evoluzione biologica e culturale, i modi della stanzialità (il contesto in cui vivere legato in particolare alla disponibilità di acqua), i modi della produzione di cibo (ogni alimento ha una storia e geografia connesse alla migrazione, ad es. la “rivoluzione del latte”, le bevande alcooliche, il frumento, riso, mais...), i modi delle vie migratorie (migrare diventa sempre più un comportamento culturale e colonizzare suolo e territorio apre la via ad un progressivo maggiore grado di libertà di migrare nella dialettica con le molteplici costrizioni) (cfr. pp. 49-58).

Stefano Bosis, 
Luna rosa
Migrazioni forzate e primi segni di libertà di migrare
Prevalenti sono le costrizioni del migrare, condizionate dal contesto geologico (terremoti, tsunami), ambientale e climatico: “migrare è stato una sequenza progressiva di risposte adattive, una strategia evolutiva di sopravvivenza e adattamento”. Altre migrazioni forzate sono dettate dalle guerre: “si capisce poco di migrazioni umane se non si considerano le guerre, principale causa di migrazione forzata di popolazione”. “La nostra ipotesi è che a partire dalla transizione agricola possa aver preso avvio una dialettica durevole tra costrizioni a migrare e libertà di migrare, possa cioè essere maturata una libertà neolitica di emigrare e emigrare altrove”. 
Da un certo momento in poi per gli umani migrare diventa attraversamento o violazione di un confine, individualmente o in gruppo. I confini evolvono: confini artificiali vengono da ogni parte tracciati e sono una sfida continua tra emigrare ed immigrare. “Tracciare rispettare difendere violare un confine fisso reclama un'unità politica amministrativa, un potere superiore”: il migrante sfida i confini, disorienta, contribuisce a non cristallizzarli, mescola popoli e lingue, pone una relazione permanente tra i confini, appartiene a più territori. L'idea di confine condivide uno spazio e separa aree di vita sociale ed identità diverse. Gli ecosistemi sono pieni di confini, di nicchie e corridoi di specie, di barriere geografiche, di linee di costa, di fiumi, valichi e crinali montani (cfr. pp. 59-77).


Stefano Bosis, 
Ta ta ta ta ta
La conquista del mondo da parte degli Stati europei comporta, a partire dalla prima metà del 500, una svolta drammatica per milioni di donne e uomini del Mundus Novus (Americhe, Oceania, Australia...): l'Europa non è più terra di immigrazione e colonizzazione, di invasioni e conquiste, ma blocco di Stati dalla potente capacità migratoria verso altri continenti, divenuti terre di colonizzazione. Si diffonde il meticciato delle migrazioni libere e forzate: in circa tre secoli milioni di Africani vengono deportati nell'America meridionale, nell'America settentrionale, nei paesi dell'oceano Indiano e del mar Mediterraneo (cfr. pp.78-84).


La diffusione dell'economia capitalistica aumenta a dismisura disuguaglianze sociali e privilegi oligarchici preesistenti, imposti da una ideologia che li giustifica e li considera ineluttabili, superando confini e vincoli statuali. La disuguale crescita demografica porta alla migrazione del “modello” europeo tramite migrazioni intercontinentali forzate o libere, come opzione incoraggiata (donazioni di terre, passaggi gratuiti, agevolazioni amministrative) o strategia obbligata (deportazioni e popolamento coloniale coatto), tanto che il popolamento europeo della terra riguarda oggi parte significativa della popolazione mondiale, anche dopo il dissolvimento degli imperi coloniali. La prima guerra mondiale è considerata un punto di svolta rispetto alla fine delle free migration: i grandi conflitti sono ormai mondiali (cfr. pp. 85-93).

Stefano Bosis, 
Oceano mare
Nella seconda metà del 900 le migrazioni di lunga distanza diminuiscono rispetto al passato e i liberi migranti internazionali vanno prevalentemente nei paesi ricchi, mentre gli Stati iniziano ad affrontare i problemi della fame e povertà dei paesi poveri assieme all'insicurezza dei grandi flussi migratori forzati, da questi paesi provenienti. Si profilano due nuove forme di migrazione a scopo di guadagno: per lavoro e per commercio. I primi a diventare globali sono i capitali, i denari, le finanze, le merci; poi le guerre e i cambiamenti climatici di origine antropica. Molte scienze umane studiano le forme contemporanee della migrazione: non solo storia geografia economia diritto, ma politica sociologia statistica antropologia filosofia psicologia... La vita del migrante si arricchisce di letteratura, diari, memorie, poesie, romanzi, foto, film. La migrazione si presenta come fenomeno strutturale e costitutivo, una domanda e un requisito dell'economia-mondo che ha bisogno di nuove periferie sociali e di nuove dislocalizzazioni produttive. Scatta una dinamica chiamata resilienza: si fa di tutto per restare tenacemente dove si è immigrati, per non rientrare ed il numero dei lavoratori migranti continua a crescere anche nei periodi di crisi. (cfr. pp. 91-95).
Stefano Bosis, 
Sotto lo stesso cielo blu
Nel permanente intreccio con il contesto ambientale/climatico-bellico i fenomeni migratori, nelle varie forme sia passive sia attive prima dovute a molteplici costrizioni e poi più tardi ad un progressivo maggiore grado di libertà, rimescolano in tempi relativamente rapidi la popolazione, prevengono l'inincrocio, introducono nuove varianti genetiche ed aumentano la variabilità (5). Con la globalizzazione e l'imperialismo del sistema economico capitalista la rete migratoria, alimentata da bisogni materiali ed aspirazioni immateriali, diventa fenomeno complesso: si migra ovunque per sfuggire a nuove forme di violenza di altri umani, agli effetti nefasti di un'economia predatoria che altera il clima del globo e depaupera gli ecosistemi. C'è chi può permettersi la libertà di migrare e chi invece vi è costretto, volente o nolente. I momenti di svolta nell'Occidente (le tante guerre del 900, il 1929, il 1973, il 2001) sono quelli di crisi e insicurezza di un mondo commercialmente interdipendente: l'economia-mondo supera i confini, introduce altri confini, confonde interno-esterno, incluso-escluso, particolare-universale.... (cfr. p. 95).
Con queste indispensabili premesse è possibile riflettere (nel prossimo post) sulle migrazioni attuali e future, sempre in riferimento al saggio citato.
(1) V. Calzolaio – T. Pievani, Libertà di migrare Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così, Einaudi, To, 2016, retro della copertina.
(2) o.c., p.113.
(3) o. c., pp.119-120.
(4) cfr. In particolare il paragrafo “natura in movimento”: il migrare, in tempi lunghi e a carattere irreversibile, ha interessato gran parte delle specie animali e vegetali. Per alcune specie animali invece è un comportamento ciclico in cerca di cibo, di riparo, di un clima stagionale compatibile o di luoghi più adatti alla riproduzione (pp.5-9).
(4) cfr. o.c., pp.4-5.


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4 commenti:

  1. Sulla notte riesco a leggere le parole pacate di Gian Maria, che argomenta, che illustra, che sintetizza i concetti chiave di un'opera, che, con rigore storico e metodo scientifico, riprende i punti geostrategici con le cadenze antropologiche e quelle geoclimatiche, del fenomeno migratorio.
    Io, che oggi ho avuto l'ennesimo diverbio, mi ci rifugio e consolo.
    Riuscirà il nostro sparuto gruppo a far breccia sul muro di pregiudizi, di paure, di ansie sociali, che incendiano le società!!!
    Tentar non nuoce, anzi NECESSITA. PERCHÉ NE VA DE L'UMANITÀ

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  2. Il vangelo domenicale di ieri ci presentava le parabole della zizzania, del granello di senape e del lievito.... Invitano tutti al dovere della pazienza e della resistenza. Con tenacia ed altrettanta umiltà val la pena continuare ad offrire spunti di consapevolezza a chi vuole ascoltarci. Nessuno di noi è maestro, ma tutti tesi a ricercare - come sai fare tu in questi giorni di “diverbi” - la via migliore perché la nostra generazione non debba accollare le sue colpe mortali alle prossime, quelle dei nostri figli e nipoti. La speranza riuscirà! Ciao.

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  3. Grazie anche della presentazione di questo saggio, oggi più che mai necessario e opportuno. Suggestivi e commoventi i quadri di Stefano Bosis. Saluti cordiali.

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    1. Gentile Mari, siamo spinti dall’urgenza dei tempi a scrivere e ad assumere chiara posizione sull’argomento. Il libro che abbiamo letto ci ha aiutati non poco. Buona giornata e grazie.

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