Omaggio a Tino Aime, pittore e poeta dei silenzi.
Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere dell'artista piemontese Tino Aime (1931-2017, qui il sito).
In corso la mostra “Il giardino fragile”, Pinerolo (qui il link). Tino Aime, Finestra |
“Ho imparato a vedere sempre tutto
attraverso una cornice”
(Tino Aime, Volevo fare il pittore, Tipolito Melli, 2015, p. 10).
Le rappresentazioni di Tino Aime sono spesso inserite
all’interno di una cornice che fa parte dell'opera stessa: sono finestre incorniciate dal legno. (Tino Aime, Volevo fare il pittore, Tipolito Melli, 2015, p. 10).
In letteratura la cornice è uno
strumento narrativo che viene introdotto per tenere insieme molteplici storie,
raccontate dallo stesso soggetto (Le
mille e una notte) o da soggetti diversi (Decameron). Ha la funzione di raccogliere, collegare, contenere
tanti fili altrimenti staccati e dispersi.
Certamente il senso della finzione
iconografica di Aime è, per certi versi, analogo. Nello spazio racchiuso
dalla cornice c’è tutto il materiale depositato nella mente: “Immagazzinavo
ogni cosa e questa è stata la svolta della mia vita. Ho imparato a vedere
sempre tutto attraverso una cornice. Ogni cosa poteva essere dipinta,
raffigurata, ragionata e amata, anche quella meno appariscente, nascosta, da
scoprire” (ibidem, p. 10).
Tino Aime, Interno con bambino alla finestra, dipinto |
Può indicare il ‘guardare attraverso’,
che è richiamato dall’immagine della finestra, nelle due direzioni possibili:
dall’esterno verso l’interno o – più frequentemente – dall’interno verso
l’esterno, giocando sul rapporto fisico e simbolico tra il dentro e il fuori,
il qui e l’oltre.
Può separare il mondo fatto oggetto del
dipinto - incantato e poetico - dal mondo effettivo - caotico e prosaico - ,
creando così una distanza tra immaginazione e realtà.
In ogni caso l’artificio della cornice
rimanda ad una complessità narrativa, come ha insegnato Borges, perché la
cornice può essere, a sua volta, rappresentata da un’altra cornice che la contiene,
in un labirintico processo all’infinito: “la storia universale è un infinito
libro sacro che tutti gli uomini scrivono e leggono e cercano di capire, e nel
quale sono scritti anch’essi” (Borges, Magie parziali del Don Chisciotte,
Mondadori, Milano 1984, vol. 1, p. 952).
Tino Aime, scultura con l'artista |
La materia mi attrae,
ma vorrei anche saper dipingere
l’aria
(Tino Aime, Volevo fare il pittore, cit., p. 11).
(Tino Aime, Volevo fare il pittore, cit., p. 11).
Nell’idea della cornice c’è anche
l’esigenza della de-finizione, espressa nella chiarezza figurativa, in una
limpidezza dell’immagine che rimanda alla grande pittura metafisica. Certo il
riferimento è naturalistico: è la montagna tanto amata, è la terra della
memoria e dell’infanzia. Ma non si tratta semplicemente di una raffigurazione
descrittiva. La realtà viene evocata in una forma perfetta, fuori dal tempo,
come pura essenza. Il silenzio, l’inverno, gli alberi, i tetti, la luna, il
bianco, il rosso… sono individuati nella loro “specie” ideale ed eterna.
Tino Aime, dipinto |
Come le bottiglie di Giorgio Morandi non si
identificano con quegli oggetti che chiamiamo bottiglie, ma intendono rimarcare
la differenza tra immagine e realtà – in una finzione che tuttavia rivela la verità della realtà - così le opere di Tino Aime (le stesse nature
morte o “silenti”) corrispondono a rappresentazioni della mente, in cui le “cose” sono
spogliate “di fronzoli e inutili descrizioni” (ibidem, pp. 10-11) e fissate per sempre sulla tela, in una
dimensione atemporale, sottratta alla caducità del divenire. Perciò il
paesaggio, la natura, gli oggetti non sono soltanto pezzi di una civiltà rurale
appartenente al passato e destinata a scomparire, ma si fanno messaggeri di un
linguaggio etico ed estetico che supera la contingenza del tempo e comunica dimensioni
spirituali intramontabili (il silenzio e la quiete, la malinconia e la gioia,
la bellezza e la fatica, la nostalgia e il pudore...).
Tino Aime, dipinto |
“… i timori, le incertezze davanti
a una tela bianca mi accompagnano tuttora, e a momenti di sconforto subentrano
attimi di gioia, una soffusa malinconia mi è sempre stata compagna di viaggio”
(ibidem, p.11).
Ripetizione e mercificazione sono
escluse da questa autentica produzione artistica. C’è un’ispirazione che è
sempre sorgiva e attinge all’origine. Da tale consapevolezza nasce la paura –
confessata dall’artista – di fronte alla tela bianca.
Tino Aime, Ortensia e rosa, incisione, acquaforte e acquatinta |
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Grazie Rossana, ti restituisco questo meraviglioso buongiorno.
RispondiEliminaLa preghiera del mattino, di ogni mattino, è questa.
Pittura con la spiritualità intrinseca al Creato, laddove si ferma il Tempo ( contingenza) e domina l’Assoluto. Da questa prospettiva direi che la cornice è la finestra -mondo che guarda l’Oltre.
Buona domenica, Rosario. Ieri abbiamo visitato la mostra "Il giardino fragile", dedicata a Tino Aime, presso Pinerolo, e abbiamo ascoltato la presentazione del libro "Vorrei dipingere l'aria", di Valter Giuliano, a lui dedicato: un intreccio di arte e umanità che dona serenità al cuore.
EliminaIntensa.
RispondiEliminaGrazie! Buona giornata.
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